Il dibattito sulla contemporaneità del sistema delle denominazioni del vino, intese come Doc e Docg, e sull’adeguatezza della rigidità di alcuni aspetti dei disciplinari rispetto ad uno scenario che cambia sempre più rapidamente, sia in vigna, soprattutto per il climate change da gestire, ma anche sul mercato, tra gusti e stili di consumo che mutano, è una costante all’interno del settore, di cui più volte ci siamo occupati, e lo faremo ancora. E se sempre più spesso molti produttori, in Italia, per alcuni vini che in molti casi sono le etichette di punta delle cantine, anche in denominazioni blasonate, scelgono le regole meno restrittive e più flessibili delle Igt, da Bordeaux, arriva la notizia che una cantina di primissimo piano - soprattutto negli ultimi anni per punteggi della critica e quotazioni dei vini - ovvero Château Lafleur della famiglia Guinaudeau, a Pomerol, dalla vendemmia 2025 non rivendicherà più le denominazioni Pomerol e Bordeaux. A comunicarlo la stessa famiglia proprietaria, in una lettera inviata ai suoi clienti, come riporta la “Revue du vin de France”, motivando la scelta con la necessità di avere mani più libere per contrastare gli effetti del cambiamento climatico, rispetto alle possibilità di azione previste dai disciplinari.
Ovviamente, non si tratta del primo caso celebre di produttori che hanno deciso, per motivi diversi, di non rivendicare una denominazione, come successo via via negli anni, anche in Italia, per esempio, seppur con motivazioni e dinamiche totalmente differenti, a Case Basse di Gianfranco Soldera, una delle cantina-icona di Montalcino, che dopo le vicende del 2012, quando l’azienda fu colpita dallo sversamento vandalico delle sue botti, dal 2014 decise di non produrre più Brunello di Montalcino, mettendosi ad etichettare il suo vino come Toscana Igt Soldera 100% Sangiovese, che spunta tutt’oggi quotazioni stellari. O ancora, andando più indietro nel tempo, all’inizio degli Anni Ottanta del Novecento, la celeberrima cantina Montevertine della famiglia Manetti - “culla”, tra gli altri, del famoso Le Pergole Torte, tra i vini italiani più quotati a livello internazionale - rinunciò alla denominazione Chianti Classico. O, ancora, il caso peculiare di Gaja, tra le stelle polari delle Langhe del vino, che vide Angelo Gaja decidere di non rivendicare più la denominazione Barbaresco, ma solo per i suoi celebri cru, dalle vendemmie 1996 e 1997, passando alla Langhe Nebbiolo Doc, per poi tornare alla Docg Barbaresco dalla vendemmia 2013 per Costa Russi, Sorì Tildini e Sorì San Lorenzo, appoggiando la decisione presa dai figli Gaia, Rossana e Giovanni Gaja.
Ma, tornando al presente e in quella Bordeaux del vino che, ad ogni livello, sta vivendo una crisi ed una trasformazione senza precedenti, tra migliaia di ettari di vigna estirpati per ridurre la produzione di più basso livello, ed i prezzi dei grandi châteaux tagliati fino a tornare ai livelli del 2014, in molti casi, fa rumore la scelta di Château Lafleur, che la celebre rivista francese definisce “forte ed inedita”, con i vini che saranno, dunque, rivendicati con la ben meno prestigiosa “appellation”, rispetto a Bordeaux ed a Pomerol, come “Vin de France”. “Il nostro clima sta cambiando rapidamente e fortemente. Le annate 2015, 2019 e soprattutto 2022 ne sono state testimoni lampanti. Il 2025 sta raggiungendo un nuovo livello. Dobbiamo adattarci, riflettere e agire concretamente. In effetti, ci stiamo evolvendo nelle scelte di gestione delle nostre vigne più rapidamente di quanto consentano i nostri sistemi di Appellations d’Origine Contrôlée”, spiega la famiglia Guinaudeau nella lettera citata dalla “Revue”. “Di conseguenza, pur mantenendo un profondo rispetto per tutti i nostri colleghi viticoltori e le unioni di Pomerol e Bordeaux - si legge ancora - abbiamo scelto di non rivendicare le denominazioni Pomerol e Bordeaux dalla vendemmia 2025. I sei vini della Société Civile du Château Lafleur saranno quindi dichiarati “Vin de France”, a partire dalla vendemmia 2025”.
Una decisione che, peraltro, arriva in una fase storica in cui il mondo del vino, di certezze granitiche, sembra non averne più in quasi nessun ambito, se non nel fatto che la massima qualità possibile è l’obiettivo da perseguire. Tutto da capire, adesso, se si tratterà solo di una fuga in avanti e di un percorso individuale, o se altri nomi più o meno importanti di Bordeaux seguiranno Château Lafleur. E chissà se, in questo secondo caso, non possa esserci un effetto a cascata in altri territori o in altre denominazioni d’Europa, così come la “Rivoluzione Francese” a cavallo tra Settecento ed Ottocento, diede vita ai tanti movimenti che, più o meno. rapidamente portarono in tanti Paesi alla fine dei regimi assolutistici e monarchi in nome della democrazia e della libertà.
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