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COMMERCIO INTERNAZIONALE

I dazi Usa sono costati 61 milioni di euro al vino italiano, e 600 all’agroalimentare nel complesso

Le analisi di Unione Italiana Vini - Uiv, e di Cia-Agricoltori sui primi 7 mesi 2025. Frescobaldi (Uiv): “le cantine sacrificano i margini”

Se negli Usa dei dazi di Trump le cose, per il vino italiano, fino ad oggi hanno retto, secondo i dati Istat (988,4 milioni di euro l’export in valore dall’Italia agli States, in crescita del +5,2% nel primo semestre 2025 sul 2024, e +1,1% in volume, a 179,9 milioni di litri), non vuol dire, ovviamente, che non ci siano problemi. Perché i dazi pesano anche sul vino europeo e italiano, e il conto, per ora, “lo stanno pagando in gran parte le imprese, se è vero che nel mese di luglio il vino italiano negli Usa è arrivato con prezzo medio ribassato (-13,5%) per rimanere competitivo anche una volta passato sotto la gogna delle tariffe”. A dirlo l’Osservatorio Unione Italiana Vini (Uiv) che ha elaborato gli ultimi dati sulle importazioni delle dogane americane. Secondo i quali, la media a listino dei vini del Belpaese “passa, quindi, dai 6,52 dollari/litro di luglio 2024 a 5,64 dollari del pari periodo di quest’anno, nonostante una fase di deprezzamento del dollaro Usa che dovrebbe, invece, spingere gli americani a spendere mediamente di più per comprare in euro”, spiega la Uiv.
Secondo l’Osservatorio, dall’attivazione delle nuove tariffe a fine luglio, i vini italiani hanno subito tariffe aggiuntive pari a 61 milioni di dollari, circa un terzo rispetto al totale import di prodotti provenienti dall’estero. Una classifica ad handicap, che vede primeggiare di poco la Francia (62,5 milioni di dollari), seguita dal Belpaese e, in lontananza, dalla Spagna.
“Dobbiamo evidenziare il sacrificio importante sui margini che stanno facendo le nostre imprese per fare fronte ai dazi statunitensi - ha detto il presidente Unione Italiana Vini, Lamberto Frescobaldi - il vino sta uscendo dalle cantine a prezzi inferiori, e questo testimonia che buona parte delle imprese si sta assumendo in toto il dazio per rimanere competitive”. Ma c’è di più: secondo Uiv si stanno paradossalmente riscontrando ingiustificati aumenti nei punti vendita a stelle e strisce. “Ci risulta che i prodotti allo scaffale facciano parte degli stock pre-dazi accumulati nei primi mesi dell’anno - ha aggiunto il presidente Uiv - dispiace, perciò, assistere ad aumenti che non hanno ragion d’essere. Speculazioni di alcuni che non aiutano le nostre imprese, ma nemmeno i partner del trade statunitense che si oppongono anch’essi alle tariffe”. Secondo Uiv, di fronte a queste difficoltà, è auspicabile attivare una promozione straordinaria proprio a partire dalla piazza a stelle e strisce già a partire dal 2026. Una reazione concepita a regia pubblico-privata e basata sull’unicità del bere italiano, che oltre agli Stati Uniti si concentri su mercati promettenti come Uk, Canada, Brasile.
Ma non è solo il vino a pagare letteralmente dazio in Usa: secondo l’analisi dell’ufficio studi di Cia-Agricoltori Italiani, l’agroalimentare italiano, nel suo complesso, ha già perso 600 milioni di euro nel confronto gennaio-luglio 2025 con lo stesso periodo 2024. “Le spedizioni agroalimentari made in Italy sono in calo per il secondo mese consecutivo: nel mese di luglio si rileva una riduzione del 10% sullo stesso mese 2024. I dati confermano, dunque, il rallentamento che ha caratterizzato l’andamento delle vendite delle produzioni agricole e alimentari italiane negli Stati Uniti, dopo l’annuncio dei dazi dell’amministrazione Trump”, spiega la Cia, evidenziando come questa sia “ una spiacevole novità rispetto alla costante e lunga tendenza di crescita che aveva contraddistinto, negli anni, le vendite del nostro cibo negli Usa. Il rallentamento della crescita mensile è partito proprio nel mese di aprile (solo il +1%) ed è proseguito con lo 0,4% a maggio. Da giugno il primo segno negativo (-3%), che ora arriva al -10% di luglio. Questo trend negativo ha inciso sulla crescita cumulata di tutto il periodo gennaio-luglio 2025”. Cia rileva, infatti, che nei primi 7 mesi dell’anno l’aumento delle esportazioni è stato del 3%, mentre nello stesso periodo del 2024, l’incremento annuo era valso ben 19 punti percentuali. “In termini assoluti, la crescita annua sul mercato americano delle produzioni italiane ha ceduto dunque - nel periodo gennaio-luglio 2025 - circa 600 milioni di euro, se confrontata con quella fatta registrare dall’Istat nel 2024”. Ancora, spiega la Cia, riguardo alla bilancia commerciale, se si confronta l’avanzo di luglio 2025 con quello di luglio 2024, “l’Istat conferma la timida ripresa che si era registrata nel mese di giugno. Il saldo commerciale di luglio cresce di soli 3 punti percentuali su base annua. Tale ripresa è dovuta, esclusivamente, ad una contrazione delle importazioni più marcata rispetto a quella che ha caratterizzato le vendite estere. Tuttavia, la crescita annua del surplus commerciale (+3%) risulta di gran lunga inferiore rispetto a quella che aveva caratterizzato la bilancia commerciale nel mese di luglio 2024 (+28%)”.

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