Si parla molto spesso - è una delle grandi sfide per il settore, alle prese con un calo di appeal e di “erosione” delle quote di mercato verso altri prodotti - di come far avvicinare il mondo del vino a quello delle nuove generazioni. Le attività di promozione e sensibilizzazione possono certamente aiutare, ma anche, perché no, nuove idee. Come quelle di unire al “nettare di Bacco” un argomento che non passa mai di moda per le nuove generazioni, ovvero la musica e, in particolare negli ultimi anni, il genere hip hop. Dalla Francia, arriva un progetto editoriale interessante che va in questa direzione, ovvero “Oeno Hip Hop Ologie”, una guida firmata da Joris Vigouroux (Self publishing, 2025, pp. 304, prezzo di copertina 49 euro), per scoprire il vino attraverso l’hip hop e l’hip hop attraverso il vino. Come? Svelando sorprendenti somiglianze, parallelismi inaspettati e illuminanti intersezioni tra la cultura del vino e quella dell’hip hop, il libro mira a rendere queste due culture più accessibili. Come si legge nel sito dedicato al volume, “il vino non è solo una bottiglia e l’hip-hop non è solo rap. Sono culture ricche e vibranti, spesso sconosciute e/o sottovalutate, che hanno dato vita a una moltitudine di discipline, stili, generi, sottogeneri e produzioni che le hanno rese popolari. Quest’opera indipendente, pubblicata tramite crowdfunding, ci invita a esplorarne i fondamenti, ma anche a scoprire le ricchezze insospettate che emergono da questo incontro unico, a creare ponti anziché muri tra queste due culture che raramente associamo”.
L’autore è Joris Vigouroux, aiutato nel progetto da Benoit Canaud, grafico, e Pierre Freud, con all’attivo esperienze nella cucina e nella fotografia. Francia, leader nel vino per valore, e Usa, patria dell’hip hop, sono le protagoniste delle pagine che sommano tanti contributi da parte dei protagonisti del mondo del wine & food (tra sommelier, commercianti e chef, compreso lo stellato Florian Stein) e dell’hip-hop. Nel volume ci sono, infatti, abbinamenti tra vino e playlist (disponibili su Spotify e Apple Music con i QrCode nelle pagine del libro, ndr), con il cibo, vini da decantare e album da far invecchiare. E, poi, parallelismi originali tra la cultura del vino e quella dell’hip hop, come, ad esempio, il fatto che il mondo del vino e quello dei graffiti (un pilastro della cultura hip hop) devono molto all’antica Roma.
“Questo libro - ha spiegato Vigouroux - trae spunto da 25 anni di passione per la cultura hip hop e per la cultura del vino. Volevo creare un progetto unificante: è stato co-costruito con sommelier, Dj, enologi, beatmaker, viticoltori, rapper, ballerini, artisti di graffiti e commercianti di vino. Provengo da una famiglia di agricoltori dell’Ardèche - mio nonno aveva dei vigneti - e sono cresciuto in una casa popolare nella periferia di Lione negli Anni Novanta, l’epoca d’oro dell’hip hop”.
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