
L’accoglienza familiare in cantina è la più diffusa, e perciò più autentica agli occhi dei visitatori (come avevamo raccontato anche qui), ed è coadiuvata dalle bellezze paesaggistiche che la natura ha donato alla regione, che, oltre a panorami e scorci, sanno anche raccontare la storia e la cultura del territorio. Inoltre, le cantine che su questi paesaggi si affacciano offrono una numerosa varietà di esperienze enoturistiche diverse, senza però insistere troppo sul costo del biglietto: un posizionamento di prezzo dunque coerente che contribuisce ad un’offerta articolata e premium, con margini economici in recupero nonostante l’aumento dei costi. La Toscana è pioniera in materia di offerta enoturistica - a partire dal fatto che il Movimento Turismo del Vino è nato proprio lì, insieme al format di successo “Cantine Aperte” - e la regione continua a raccogliere i frutti di questa intuizione ancora oggi, grazie a un modello di enoturismo che si conferma vincente e soprattutto virtuoso: una case history di eccellenza anche per i tanti - e altrettanto belli, seppur in modo diverso - territori del vino (e del cibo) italiano. A confermarlo è il “Rapporto sull’enoturismo in Toscana” 2025, promosso dal Centro Studi Enoturistici e Oleoturistici (Ceseo) dell’Università Lumsa per il Movimento Turismo del Vino Toscana, presentato in questi giorni a Firenze, che ha analizzato il modus operandi delle cantine vinicole toscane in termini di accoglienza turistica fissandone virtù assolute e margini di miglioramento su cui investire. La forza, vera, sta in un’offerta identitaria e innovativa: secondo il report, la maggioranza delle cantine toscane adotta un modello di accoglienza familiare (63%), con una forte rilevanza paesaggistica (95%) e storico-culturale (74%), superando nettamente le altre regioni italiane, mantenendo un livello di innovazione allineato (68%).
Altri elementi vincenti sono la cosiddetta varietà esperienziale e il pricing: il 63% delle cantine offre almeno cinque esperienze enoturistiche distinte, con un’offerta premium presente nel 66% dei casi e con un costo per il visitatore tra i 60 e 90 euro, mentre l’esperienza standard si trova mediamente a 30 euro. I margini sono sotto pressione, ma tra vendita diretta ed export che si confermano canali chiave e con l’e-commerce che è in crescita, secondo lo studio, i ricavi aumentano grazie a dinamiche di prezzo e arricchimento dell’offerta.
Eppure qualcosa di più le aziende del territorio potrebbero fare in termini di eventi e accessibilità, oltre ad investire su determinate competenze umane. Rispetto al primo punto, la ricerca spiega che le imprese vitivinicole locali programmano piuttosto frequentemente feste e concerti, mentre eventi culturali e corsi sul vino sono meno diffusi. Inoltre, il fatto che il 71% delle cantine sia aperta ai visitatori di sabato è positivo, ma meno lo è il fatto che alla domenica solo il 47% lo faccia. Tutti margini di miglioramento per sostenere la domanda e fidelizzare i visitatori. Le competenze più richieste riguardano invece comunicazione, marketing digitale, visibilità online e lingue straniere, riflettendo la vocazione internazionale.
“Numeri che non ci sorprendono, ma che ci aiutano a capire in quale direzione andare sulla base di ciò che è stato fatto in questi anni - commenta Anastasia Mancini, presidente di Movimento Turismo del Vino Toscana - per questo stiamo diversificando anche il target con eventi quali per esempio Aperitivo al Museo, che si svolgerà l’11 ottobre in 7 musei della Toscana, ma anche con formazione e aggiornamento per le nostre aziende”.
Ad accogliere con entusiasmo i numeri della ricerca anche Stefania Saccardi, vicepresidente e Assessora all’Agricoltura della Toscana: “il report 2025 sull’enoturismo conferma la forza e l’unicità della nostra regione e la nostra offerta enoturistica fortemente identitaria - ha dichiarato - due cantine su tre accolgono con uno stile familiare e autentico, mentre quasi universale è il valore del paesaggio e molto diffusa la dimensione storico-culturale. Sono elementi che ci distinguono nettamente rispetto al resto d’Italia e che rafforzano la nostra vocazione a dessere una destinazione di eccellenza”. Un’offerta capace di parlare a pubblici diversi, con un posizionamento di prezzo coerente e competitivo: “ma dobbiamo lavorare ancora di più su formazione, comunicazione e nuove formule esperienziali - ha proseguito - così da accompagnare le nostre imprese a crescere sui mercati e rafforzare il legame con i visitatori che scelgono la Toscana non solo per i vini straordinari, ma per l’insieme di cultura, paesaggio e accoglienza che solo qui possono trovare”.
La presidente del Movimento Turismo Vino, Violante Gardini Cinelli Colombini, ha inquadrato il report invece in un contesto più ampio e allargato anche agli altri territori del vino e dell’enoturismo: “la ricerca rappresenta una fotografia approfondita dell’attività delle cantine del Movimento e sottolinea le differenze e le peculiarità di ciascun territorio nell’accogliere i visitatori in cantina, in particolare l’analisi mostra come i caratteri specifici di ogni area si rispecchino in modo fedele anche nella wine hospitality - ha detto - più ospitali, festaioli e propensi ad abbinare il vino con i cibi tipici a Sud. Più attenti a valorizzare il paesaggio e la cultura, diversificare l’esperienza, noi in Toscana. Più pragmatici o orientati sull’assaggio al Nord-Ovest, mentre nel Nord-Est l’accoglienza in cantina è più familiare e pochi sono gli eventi organizzati in azienda. Un’analisi rigorosa dei dati, finalizzata a risolvere criticità ma soprattutto a far cogliere opportunità future ai soci della nostra associazione”.
“Il Centro Studi Enoturistici e Oleoturistici è nato da pochi mesi, ma ha già prodotto risultati - ha sottolineato infine Donatella Cinelli Colombini, direttrice del Ceseo - nella sua prima indagine ha evidenziato le differenze regionali nell’enoturismo italiano, dati che rivelano punti di forza, criticità e opportunità da sviluppare”.
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