Di questi tempi, sbilanciarsi in previsioni sul futuro, è esercizio più che mai di stile, e capire come sarà il 2026, per il settore, è quanto meno un’impresa ardita. Eppure la fine dell’anno ormai prossima, è anche tempo di speranze, buoni propositi e visioni sull’anno che verrà. Che per il vino, ed in particolare in Ue, potrebbe essere l’anno della riscossa della Francia, sui mercati, ma anche dell’affermazione delle produzioni enoiche dell’Est Europa, con i consumatori che saranno particolarmente attenti ai vini dei piccoli produttori e delle cantine “a conduzione familiare”, con uno sguardo sempre più attento a tutto quello che è sostenibilità, e al biologico, anche grazie ad etichette sempre più interattive che consentono di avere sempre più informazioni accessibili con semplicità, grazie alla tecnologia. Almeno così sarà secondo le previsioni della campagna di comunicazione dell’Unione Europea “More Than Only Food and Drink”, pensata per mostrare le qualità dei prodotti alimentari e delle bevande dell’Ue, soprattutto in Uk (tra i principali mercati mondiali del vino, storicamente trend setter, e terzo mercato in valore per il vino italiano, con oltre 506 milioni di euro nei primi 9 mesi 2025, secondo i dati Istat, ndr).
“Guardando al 2026, i consumatori stanno diventando sempre più curiosi nelle loro scelte di vino e sono aperti a nuove etichette, nuove regioni e, in una certa misura, a nuovi profili aromatici. Tutti i settori del commercio stanno abbracciando le regioni emergenti dell’Ue e questo stimolerà la crescita. Ciò permetterà ai consumatori di accedere a vini, stili e persino antiche tecniche di vinificazione finora poco conosciute. Molti di questi sono tutelati dal controllo dei regimi di qualità Ue, Dop, Igp e bio, che garantiscono coerenza e qualità”, commenta Neil McAndrew, consulente enologico e advisor della campagna. Secondo cui tra le provenienze con il maggiore potenziale ci sono Paesi “emergenti”, a livello di mercato, come Grecia, Croazia, Bulgaria, Ungheria e Romania, i cui vini hanno davanti un futuro “luminoso, poiché questi Paesi continuano a riscoprire e perfezionare la produzione dei loro vitigni autoctoni, unendo tradizione e tecniche moderne di vinificazione per offrire vini di qualità sempre più impressionante”.
Ma più in generale, secondo McAndrew, “l’introduzione di nuove varietà di uva recentemente approvate, più resistenti ai cambiamenti climatici - anche in aree vinicole tra le più prestigiose come la Champagne (come avevamo riportato qui), riflette ulteriormente il forte impegno dei produttori e dell’Ue nel porre la sostenibilità al centro della produzione vinicola futura”. E se, secondo le previsioni di McAndrew, il 2026 vedrà anche la riscossa del vino di Francia, in realtà ancora alle prese con una crisi profonda, un po’ da tutte le sue regioni, da Bordeaux alla Borgogna, dalla Champagne alla Provenza, alla Valle della Loria, l’approccio del “meno ma meglio” nel consumo porterà i consumatori, in generale, a valorizzare maggiormente i marchi eco-consapevoli. In particolare, secondo le previsioni, il 2026 vedrà una domanda in crescita per i vini “green” - biologici, naturali e a basso intervento - con etichette e codici Qr che offriranno trasparenza sulle pratiche di sostenibilità. Oltre ad una crescita della domanda di vini di piccoli produttori, “autentici” e prodotti nel massimo rispetto dell’ambiente, per garantire sostenibilità economica ed ecologia a lungo termine.
“Questo movimento verso la sostenibilità copre ogni fase della produzione del vino, dall’agricoltura biologica e biodinamica in vigneto alla gestione dell’acqua, alla salute del suolo e all’uso di attrezzature ad alta efficienza energetica per ridurre le emissioni di carbonio. Le cantine orientate alla sostenibilità - sostiene McAndrew - stanno, inoltre, riducendo attivamente i rifiuti attraverso il compostaggio delle vinacce e ricorrendo a fonti di energia rinnovabile come il solare e l’eolico. Hanno anche riconosciuto gli effetti più dannosi delle elevate emissioni legate al trasporto e adottato imballaggi più leggeri, utilizzando bottiglie molto più leggere o soluzioni alternative come bag-in-box, fusti e vino in lattina. Molte stanno, inoltre, garantendo solide pratiche di sostenibilità sociale, come condizioni di lavoro sicure ed eque per i lavoratori in vigneto, e sostenibilità economica attraverso l’adattamento ai cambiamenti climatici”.
Ovviamente, sullo sfondo resta la sempre maggiore attenzione al salutismo e al bere consapevole, che “ha portato al lancio di numerosi vini a basso o nullo contenuto alcolico negli ultimi 12 mesi, la maggior parte dei quali prodotti all’interno dell’Ue. L’Unione Europea ha sviluppato una gamma di prodotti no e low-alcohol di alta qualità, e non mancano opzioni bianche, rosse, rosé e spumanti, inclusi esempi notevoli di produttori famosi in regioni classiche come Provenza e Bordeaux. Con molti nuovi prodotti che entrano sul mercato e con l’innovazione nelle tecniche produttive che porta a miglioramenti qualitativi, la categoria dei vini low e no-alcohol è sicuramente da tenere d’occhio nel prossimo anno”.
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