Il rischio è quello di tornare indietro agli anni Sessanta, quando migliaia di contadini abbandonarono definitivamente la campagna per andare a vivere in città. Un esodo che potrebbe riproporsi a breve per altri importanti “custodi” del nostro territorio: il 38% degli apicoltori italiani sta meditando infatti di abbandonare per sempre i propri alveari se non si risolve al più presto la profonda crisi che sta attraversando il comparto. “Si tratta di una passione bellissima ma da cui non c’è più alcun ritorno economico” spiegano “a causa della tragica moria delle api dovuta ai pesticidi, ai continui investimenti necessari a sostituirle, alla produzione di miele quasi azzerata a livello nazionale”. Intanto il 10% a livello nazionale degli apicoltori amatoriali ha già gettato la spugna. Lo rivela un sondaggio rivolto a 200 apicoltori professionisti di tutte le regioni e promosso dalla Settimana del Miele di Montalcino (12/14 settembre), uno degli eventi più importanti del settore.
“Si tratta di un gravissimo segnale di allarme - afferma Hubert Ciacci, presidente della Settimana del Miele - non solo perché gli apicoltori avrebbero il diritto di svolgere il proprio lavoro, come sancito dalla Costituzione. Ma anche perché rappresentano le “sentinelle” delle nostre campagne, tra i pochi che ancora vigilano regolarmente e con grande attenzione nei territori silvestri e meno frequentati. Non dimentichiamo inoltre che le api sono assolutamente indispensabili all’agricoltura: dalla loro impollinazione dipende il 75% della frutta e della verdura che consumiamo. L’esodo degli apicoltori può comportare anche un incalcolabile danno economico: se si considera il servizio di impollinazione la posta in gioco è pari a 2,5 miliardi di euro”.
Secondo i risultati del sondaggio svolto dalla Settimana del Miele di Montalcino, gli apicoltori di mestiere italiani, ovvero coloro che possiedono più di 250 arnie - nel settore operano ad oggi circa 50.000 apicoltori, con 1,1 milioni di alveari, per un business di 60 milioni di euro - si trovano ormai da alcuni anni in una situazione di estrema difficoltà. La causa principale è la scomparsa delle api, una vera e propria ecatombe dovuta principalmente ai nuovi, potentissimi insetticidi irrorati copiosamente nelle campagne, che hanno contribuito alla morte del 40% degli alveari italiani, con picchi fino al 50% in alcune regioni del Nord, come la Lombardia. A questo si aggiungono le recrudescenze delle malattie tipiche della specie, come la varroa, e lo stress dovuto ai cambiamenti climatici. “Rimpiazzare una singola famiglia di api - spiega Francesco Panella, presidente dell’Unione Nazionale degli Apicoltori Italiani - costa mediamente 100 euro, che moltiplicati per 250 arnie fanno 25.000 euro, un enorme investimento che ultimamente viene rinnovato ogni anno solo per riportare il numero delle api a quello di partenza. La moria delle api implica poi una minore produzione di miele - il 2008 ha visto una contrazione del 50% del raccolto sul territorio nazionale - a cui fa fronte un prezzo del miele sostanzialmente stabile”.
Una ulteriore prova che svolgere il mestiere di apicoltore è diventato sempre più difficile e soprattutto poco o nulla remunerativo, è fornito dalla percentuale di abbandoni degli apicoltori hobbisti, ovvero quelli che lo fanno per passione o come secondo lavoro: sono il 10% a livello nazionale quelli che hanno già rinunciato. Chi invece svolge questo mestiere come occupazione principale, ha compiuto enormi investimenti economici ed è animato da una grande passione personale, sta cercando strenuamente di resistere alla congiuntura decisamente sfavorevole, ma non può andare avanti ancora per molto: se la crisi perdura, anche gli apicoltori più tenaci saranno costretti ad abbandonare per sempre il proprio mestiere.
L’identikit degli apicoltori italiani - Laureato, appassionato, amante della natura: ecco l’identikit dell’apicoltore italiano
Sono animati da grandissima passione per il proprio mestiere, hanno una cultura medio-alta (il 60% è diplomato, il 20% possiede una laurea), sono abbonati a pubblicazioni specialistiche, animano e frequentano corsi di specializzazione e iniziative convegnistiche di aggiornamento, sono mediamente esperti botanici, sono tra i pochi che vivono una relazione quotidiana con insetti e fioriture e che traducono il generico interesse per la natura in una attività compatibile anzi essenziale per il perpetuarsi degli equilibri vitali. L’approccio con una altra forma di intelligenza complessa e delicata come le api ha sino ad oggi consentito a molti di integrare il reddito e rimanere in campagna e ad altri, dopo aver svolto spesso un altro lavoro, magari in città: ecco l’identikit degli apicoltori italiani, un mondo variegato e complesso di “sognatori” concreti, che sono animati dalla convinzione di svolgere una professione difficile ma bellissima. Un mestiere che è anche una scelta di vita, alla quale non vorrebbero assolutamente rinunciare.
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