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VINO E TERRITORI

Barbera d’Asti, cresce il valore del vino “pop” del Piemonte: +28% in 5 anni

La ricerca di Fondazione Qualivita: “fondamentale il ruolo del Consorzio di Barbera a Monferrato come aggregatore di interessi”

Essere “pop” non vuol dire essere banale. Vuol dire piacere a tanti, essere di qualità ma allo stesso tempo accessibile ai più. Concetto che calza a pennello alla Barbera d’Asti, vino “pop” per eccellenza del Piemonte del vino, sempre più amata dai consumatori d’Italia e del mondo, grazie al lavoro del Consorzio della Barbera d’Asti e di una grande comunità di produttori e viticoltori, che si traduce in numeri: prima fra le Barbera del Piemonte per i volumi certificati, la Barbera d’Asti Docg nel 2019 ha visto attestare a 21 milioni di euro il valore della sua produzione certificata sfusa, a fronte di 164 mila ettolitri di prodotto a denominazione, frutto del lavoro di oltre 3.000 operatori (circa il 30% di quelli piemontesi), disposti in 167 comuni tra le province di Asti e Alessandria. Risultati importanti e in crescita: il valore della produzione certificata sfusa della Barbera d’Asti Docg è cresciuto del +28% negli ultimi 5 anni, quasi 10 punti in più del valore relativo a tutta la produzione a Denominazione d’Origine del Piemonte. Questa crescita del valore ha due principali motivazioni: una buona progressione dei prezzi e una buona tenuta dei mercati sia nazionali che esteri. Sul prezzo in particolare si assiste ad una variazione di +44% per la Barbera d’Asti Docg, considerando la media dei prezzi media 2010-2014 e quella 2015-2019, a fronte di un incremento dei prezzi dei vini Doc e Docg italiani del +27%. Emerge dalla ricerca firmata dalla Fondazione Qualivita, guidata da Mauro Rosati, che, oltre a fotografare i valori produttivi ed economici, ha evidenziato le buone pratiche di questo percorso di crescita della Docg, valutando quattro pilastri fondamentali: la comunità, cioè il capitale sociale produttivo; il valore, cioè il capitale sociale di mercato; le azioni per il futuro, sintesi prospettica del capitale sociale produttivo e di mercato; l’identità, attraverso la condivisione di valore, cioè il capitale sociale ambientale. Oltre 300 le aziende socie del Consorzio nel 2019, raddoppiate sul 2014 a conferma del ruolo di aggregatore di interessi riconosciuto al Consorzio negli ultimi anni. Questo patrimonio relazionale, che combina le risorse e le competenze dei soci, permette di rendere più efficace ed efficiente la co-produzione di valore e lo sviluppo comune per costruire un vantaggio competitivo sostenibile e una conoscenza condivisa.
Tra le buone pratiche realizzate dal Consorzio di Tutela, da segnalare, secondo la ricerca, il progetto Barbera 2.0, condotto con l’Università degli Studi di Torino, con lo scopo di creare un’innovativa mappa sensoriale della Barbera d’Asti Docg, attraverso l’analisi delle aree di produzione e delle caratteristiche chimico-fisiche e sensoriali del vino, e l’azione legale internazionale per la registrazione della Barbera d’Asti Docg nel mercato cinese a tutela dei veri produttori.
Una survey online somministrata ai referenti dei Comuni dell’areale di produzione ha dato poi voce agli stakeholder del territorio interrogati sul legame della Barbera d’Asti Docg e il suo indotto. Ben il 46% dei rispondenti trova che vi sia una relazione molto forte tra la Docg e il territorio, riconosciuta anche dai turisti (58%), confermando così la denominazione come simbolo di un territorio. Proprio il turismo, si rileva strategico per la Barbera d’Asti Docg: per il 58% dei rispondenti l’aumento dei flussi turistici è infatti il principale impatto che essa ha sul territorio. I dati sui flussi turistici mostrano con evidenza questo aumento: negli ultimi 5 anni nella provincia di Asti gli arrivi sono aumentati del +28% e le presenze del +15% (dati Istat, variazione 2019 su 2014). Una crescita che porta con sé lo sviluppo di altri settori, dai servizi alle infrastrutture, fino alle ricadute benefiche su tutto il tessuto territoriale.
“Il Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato - ha dichiarato il presidente Filippo Mobrici - con le sue 13 denominazioni (4 Docg, Barbera d’Asti, Nizza, Ruchè di Castagnole Monferrato, Terre Alfieri e 9 Doc, Albugnano, Cortese dell’Alto Monferrato, Dolcetto d’Asti, Freisa d’Asti, Grignolino d’Asti, Loazzolo, Malvasia di Castelnuovo Don Bosco, Monferrato, Piemonte), può essere considerato il cuore unitario di un territorio unico e ricco di unicità enologiche, paesaggistiche e culturali, dal 2014 Patrimonio dell’Umanità Unesco. Uno scenario che rappresenta il 30% della superficie vitata a Denominazione del Piemonte, dove convergono lavoro, cultura e occupazione. Nasce da questa consapevolezza la volontà di investire in un progetto di ricerca che, a cominciare dalla Barbera d’Asti Docg, prodotto di massima identità in termini economici e di immagini, arrivi a tracciare un quadro analitico circostanziato del Monferrato del vino; un lavoro che metta in evidenza le attività e i numeri del Consorzio e le prospettive dei nostri vini, importanti e blasonati ambasciatori del made in Italy nel mondo”.
“La nuova ricerca, realizzata dalla Fondazione Qualivita per il Consorzio di Tutela della Barbera, Vini d’Asti e del Monferrato conferma come, anche in un momento di crisi come questo, i Consorzi di tutela siano strumenti di organizzazione e sviluppo che permettono di trovare soluzioni di crescita significative per tutto il territorio - ha affermato Mauro Rosati, dg Fondazione Qualivita - per analizzare questi processi abbiamo elaborato un modello di ricerca originale, basato su dati primari e secondari, indirizzato a cercare sia i dati economici che le altre dimensioni valoriali delle filiere legate alla zona di origine; turismo, sviluppo rurale, coesione sociale, sostenibilità ambientale sono solo alcuni degli ambiti in cui la Barbera d’Asti Docg ed in generale tutte le Indicazioni Geografiche più evolute riescono ad affermare dinamiche positive per i produttori e per un intero territorio”.

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