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Biodiversità, sostenibilità, naturalità, ma anche motore di sviluppo per il territorio. Dai vitigni autoctoni alla crescita economica, ecco il “Progetto ÀKINAS: vitigni unici dalla biodiversità della Sardegna”, curato da Crea, Agris e Laore

Biodiversità, sostenibilità, naturalità: sono le parole d’ordine che hanno ispirato, e che raccontano, il “Progetto ÀKINAS: vitigni unici dalla biodiversità della Sardegna”, curato dai ricercatori del Crea - Centro di Ricerca Viticoltura e Enologia e dell’Agris - Agenzia per la Ricerca in Agricoltura e Laore, l’agenzia per l’attuazione dei programmi regionali in campo agricolo e per lo sviluppo rurale, incentrato sugli antichi vitigni autoctoni sardi ed i vini da essi ottenuti, capaci non solo di raccontare l’identità di un territorio, ma anche di rivelarsi motore di sviluppo commerciale e turistico, come emerge dal convegno dedicato al progetto di scena nei giorni scorsi al Polo Universitario Asti Studi Superiori, nella cornice degli eventi promossi dalla Douja d’Or 2017. Importante, per il progetto, è stato il ruolo dell’Assessorato del Turismo della Regione Sardegna, che svolge un ruolo di sostegno e di mecenatismo culturale nella divulgazione del progetto Àkinas, “che possiede in sé capacità di attrazione turistica per un turismo sostenibile”, spiega Roberto Orrù dell’Assessorato. “Nasce la voglia di scoprire territori inediti e anche la domanda del turismo di tipo esperienziale da indirizzare verso itinerari che ambiscono a valorizzare le risorse delle aree interne dell’isola e quindi la millenaria cultura nelle terre del vino sardo”.
“Si parla di sostenibile, naturale e biodiverso - racconta Vicenzo Gerbi, del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali ed Alimentari dell’Università di Torino - ma se si vuole avere la possibilità di ottenere un finanziamento c’è bisogno di innovazione. Quello di cui abbiamo bisogno è maggiore conoscenza dei fenomeni che riguardano la vite ed il vino e la capacità di usare queste informazioni. Bisogna capire che lavoriamo con una materia che non ha sempre le stesse caratteristiche. Non rifiutiamo la scienza”. Il punto di partenza, però, è per forza di cose la terra, come ricorda Orazio Locci, agronomo di Laore: “molto spesso il territorio viene abbandonato dai viticoltori, quindi è necessaria una valorizzazione, una riscoperta creando redditività grazie a vitigni inimitabili. Il primo passo è stato quest’anno quello di scoprire le varietà e le peculiarità. Il secondo passo è quello di individuare vitigni più significativi ed eseguire prove di vinificazione non invasive che esaltino il legame vino-ambiente”.
A presentare il quadro teorico è stata invece la studiosa Maria Carla Cravero, che ha concentrato il proprio intervento su un aspetto specifico dello studio condotto dal Crea, la percezione del vino a livello olfattivo. “Gli odori sono difficili da individuare perché sono molteplici e diversificati. Oltre all’esperienza individuale si utilizza la memoria, ma è difficile associare un odore al nome. Quindi si utilizzano delle classificazioni degli odori, cercando di associare l’odore per similitudine. Gli assaggiatori hanno descritto l’odore dei vini sulla base di questa classificazione che prevede l’uso di standard a norma Iso: i risultati - conclude Cravero - meriterebbero altri approfondimenti, ma è stato un lavoro davvero interessante”. Ancora più tecnico il focus di Antonella Bosso, membro del Crea, che ha parlato della caratterizzazione chimica del vino, attraverso cui si può intravedere la potenzialità enologica del vino.P “Il progetto Àkinas - spiega Cravero - si è concentrato molto su questi aspetti, oltre a quelli genetici. Ma è di fondamentale importanza andare a vedere le attitudini enologiche. L’approccio alla ricerca deve essere quello di prendere le stesse varietà e vinificarle allo stesso modo, per vedere quali ottengono i risultati migliori, cercando di correggere eventuali squilibri dovuti al territorio”.

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