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ATTUALITÀ

Blitz anti-immigrati in Usa, le aziende agricole perdono manodopera e non riescono a rimpiazzarla

Gli irregolari sono 8 milioni, il 5% della forza-lavoro del Paese. E, tra arresti e fughe anche dei regolari (impauriti), non ci sono più lavoratori
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I blitz anti-immigrati in Usa, mettono in difficoltà il settore primario

Tra le conseguenze dei blitz contro gli immigrati irregolari negli Stati Uniti - voluti dal Presidente Donald Trump che non vuole nel prossimo censimento nazionale del 2030 “persone presenti illegalmente in Usa” - ci sono ampie ripercussioni anche sul sistema delle imprese: in particolare, quelle che si occupano di agricoltura e industria alimentare, ma anche nella ristorazione, e che, sostanzialmente, si sono trovate all’improvviso sprovviste di manodopera. L’evento scatenante è stata la retata avvenuta a fine maggio in un cantiere di Tallahassee, in Florida, da parte degli agenti dell’Immigration & Customs Enforcement (Ice) che ha portato a decine di arresti e espulsioni di clandestini, ma che ha spaventato anche gli immigrati con regolare permesso di soggiorno. Dal Tennessee a Washington, passando per il Texas e New York, i raid anti-immigrati hanno colpito indistintamente sia i diversi Stati Usa che gli espatriati, infatti, come spiega l’American Immigration Council, riporta “Il Sole 24 Ore”, “vengono fermate e deportate anche persone che nella gran parte dei casi non hanno precedenti penali, nemmeno processi in corso, ma che negli Usa lavorano da decenni con un contratto legale, pagano le tasse e versano i contributi, anche se non hanno un visto regolare”. Così, tra chi si nasconde e chi viene espulso - pur essendo a norma di legge - le aziende del settore primario, ma non solo, degli States non trovano più personale da impiegare. Tra le più in difficoltà ci sono quelle che operano in campo agricolo, specie in California, lo Stato che produce un terzo delle verdure e della frutta di tutto il Paese, nonché terra della Napa Valley e Contea di Sonoma, fiori all’occhiello della viticoltura americana. L’Ice è qui intervenuta in diverse tenute quasi a colpo sicuro, sapendo che il 30% dei braccianti è di origine ispanica e senza documenti validi.
“Il 70% dei lavoratori dei campi se ne sta andando - lamenta Lisa Tate, imprenditrice agricola della zona - e se il 70% della forza lavoro non si presenta allora il 70% della produzione non viene raccolta. Gli statunitensi non vogliono fare i braccianti e la maggior parte degli agricoltori riesce a malapena a raggiungere il pareggio di bilancio. Temo che molti falliranno”. Retate sono avvenute anche negli impianti di meatpacking, mattatoi e trattamento delle carni dove, secondo uno studio del Migration Policy Insitute, gli immigrati senza documenti rappresentano la metà dei lavoratori. Il picco si ha nel Sud Dakota e nel Nebraska che registrano punte del 66%: non a caso, infatti, a giugno, in un’impresa di Omaha (Nebraska) 100 persone (la metà dei dipendenti) sono state arrestate. Da allora, l’azienda opera al 30% della capacità con il proprietario Gary Rowher che assicura di aver seguito tutte le procedure governative affinché i suoi lavoratori fossero in regola e che ammette di essere “sotto choc” in quanto non riesce “a trovare forza-lavoro disposta a sostituire gli immigrati”. Anche allevamento, latte e latticini risentono del clima di paura dopo le retate dell’Ice e pure a Goodwin, South Dakota, mancano lavoratori immigrati: “abbiamo bisogno per prendersi cura degli animali e produrre cibo - dice l’allevatore Greg Moes - senza di loro non avremo latte, formaggi, burro, nulla”. Le operazioni degli agenti anti-immigrazione hanno colpito anche la ristorazione con arresti di massa direttamente nei locali e anche nelle numerose sedi di Home Depot, leader nei prodotti per la cucina e la casa.
Secondo uno studio di Jennifer Van Hook, docente di sociologia e demografia alla Pennsylvanya State University, dei 51,3 milioni di abitanti nati all’estero in Usa, il 49% ha la cittadinanza americana, il 19% ha un permesso di residenza permanente e il 5% ha comunque un visto regolare, mentre un restante 27% non ha documenti validi: si tratta di almeno 14 milioni di persone che Trump dovrebbe quindi espellere, anche se dalle stime della Casa Bianca il piano prevede “solo” 8,3 milioni di espulsioni di lavoratori senza visto, ovvero il 5% della forza-lavoro di tutto il Paese.
Un tema, quello della mancanza di manodopera, che è uno dei problemi che più attanaglia da tempo l’agricoltura. Anche, in proporzione, in Italia, dove le imprese agricole sono alla ricerca di lavoratori immigrati per coprire 75.000 ingressi programmati ad agosto, ed il cui apporto - come analizzato, in tempi non sospetti, da WineNews nell’inchiesta “Versa il Melting pot nel bicchiere” - è fondamentale nella produzione delle eccellenze made in Italy. L’ultimo bollettino UnionCamere conferma come, tra i settori che ricorrono maggiormente alla manodopera straniera, ci sono agricoltura, silvicoltura, caccia e pesca (con il 42,6% degli ingressi programmati che sarà coperto da personale immigrato), i servizi operativi di supporto a imprese e persone (36,6%), quelli per trasporto, logistica e magazzinaggio (25,6%) e, infine, l’alimentare (23,7%). E mentre con il via libera del Consiglio dei Ministri al “Decreto Flussi”, nel triennio 2026-2028 sono previsti quasi 500.000 ingressi regolari in Italia dei lavoratori non comunitari, di cui 267.000 unità nei settori agricolo e turistico.

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