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BRINDISI SPECIALE CON I VINI KASHER: IL 15 DICEMBRE, A ROMA, LE MIGLIORI ETICHETTE IN ARRIVO DA ITALIA, ISRAELE E CALIFORNIA

I vini kasher festeggiano … con un brindisi speciale: di scena il 15 dicembre a Roma (Sheraton Hotel) un evento di degustazione che proporrà le più rinomate etichette del panorama enologico israeliano (Domaine Du Castel, Dalton, Galil Mountain, Yarden, Barkan, Ella Valley, Noah-Hevron Heights, Tanya), e in anteprima per il mercato italiano alcune selezionate produzioni di aziende del Belpaese (Feudi di San Gregorio, Federici, Azienda Agricola Degli Azzoni-Avogadro-Carradori) e californiane (Baron Herzog e Covenant). L’appuntamento, patrocinato dal Comune di Roma, dall’Ambasciata di Israele in Italia, dall’Associazione Italiana Sommelier, dalla Comunità Ebraica di Roma e dal Benè Berith, rientra nell’ambito delle manifestazioni organizzate da Mosè Silvera ed Elio Galante, imprenditori che importano e distribuiscono in Italia prodotti enogastronomici certificati kasher da oltre dieci anni.

Focus - I vini kasher
Vengono definiti kasher tutti i cibi e le bevande che possono essere consumati perché preparati secondo le regole prescritte dal Tora (Insegnamento), un compendio di disposizioni giuridiche e morali atte a regolamentare i rapporti tra Dio e l’uomo e tra uomo e uomo.
Secondo la tradizione ebraica, i vini kasher devono essere i sottoposti ad una regolamentazione specifica: l’intero processo enologico - dalla scelta degli uvaggi alla spremitura, dalla fermentazione alla svinatura, dai travasi alla refrigerazione, dai filtraggi all’imbottigliamento - si svolge sotto il diretto controllo del rabbino capo, il quale, al termine di ogni fase, sigilla i contenitori che vengono usati al posto delle botti. Il vino kasher, che significa “vino idoneo”, oltre a subire la costante supervisione del rabbino capo deve essere “maneggiato” esclusivamente da personale ebreo, che, secondo l’opinione più rigorosa, deve essere osservante dello Shabbath, la più grande festa ebraica che si rinnova ogni sabato da tempo immemorabile, nel quale l’uomo si riconnette alla realtà di Dio. Questo rigore è osservato anche nella stappatura della bottiglia, che deve essere compiuta da un ebreo con gli stessi requisiti.
Perché tanto rigore? Il vino, nel rito ebraico, riveste un ruolo simbolico, viene usato nelle cerimonie di santificazione e all’inizio di ogni festa. Il pasto diventa un rito da celebrare sull’altare della tavola ed un’equivalenza simbolica di tal fatta innalza, senza dubbio, il livello di rigorosità spiegando in tal modo il perché la bottiglia debba essere aperta e maneggiata da un ebreo osservante.

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