Va bene l’informatizzazione del settore vinicolo, ma senza aiuti alle aziende medio-piccole si rischia di creare un’altra tassa occulta, sotto forma di costi aggiuntivi per onorare l’obbligo di stare al passo con le nuove tecnologie. È il messaggio d’allarme lanciato da Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti, una delle denominazioni più grandi del vino italiano, a margine del convegno promosso a Firenze dall’Unione Italiana Vini sugli adempimenti e le semplificazioni della normativa vitivinicola.
“Il processo di informatizzazione che stiamo vivendo da più di un anno ha prodotto non poche difficoltà al nostro settore, costituito da tantissime piccole e medie aziende - spiega Busi - le istituzioni e il Ministero in particolare, a fianco degli obblighi, dovrebbero però prevedere anche aiuti e incentivi per far sì che ogni azienda possa mettersi al passo con la nuova tecnologia informatica prevedendo al contempo strumenti facili. Perché non possiamo permettere che all’impresa vitivinicola sia messa un’altra tassa occulta. Non possiamo cioè obbligare l’imprenditore a pagare qualcuno per osservare la legge, ma deve essere in grado di farlo da solo e quindi serve un sistema semplice e comprensibile e non fatto da burocrati per burocrati”.
“In più - continua il presidente del Consorzio Vino Chianti - è indispensabile che l’aggiornamento professionale a cui si stanno adeguando i nostri imprenditori sia fatto anche dalle istituzioni del Ministero e dei vari organi di controllo. Noi vogliamo sì mettere tutti i nostri dati sul SIAN (il sistema informativo unificato di servizi del comparto agricolo, ndr), ma questo poi deve essere l’unica banca dati valida per tutti. Perché non si può chiedere a un’azienda il cui core business è produrre vino di trasformarsi in un’impresa informatica e poi, dopo questo sforzo, l’ente certificatore non usa il SIAN e vuole dalle imprese altri dati sotto altra forma”.
“Quest’anno - conclude Busi - abbiamo immesso prima i nostri dati elettronicamente dentro la banca dati Sian e poi siamo stati costretti a comunicare gli stessi dati ad Artea. Un doppio lavoro inutile e dispendioso. I dati sono nel Sian potete andarli a prendere là, non serve che opprimiate continuamente le aziende con carte, timbri e scartoffie”.
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