Cambiamenti climatici, sostenibilità, vitigni autoctoni: sono alcuni dei concetti chiave che animano il dibattito nel mondo del vino negli ultimi tempi. Temi importanti, che hanno a che fare con il futuro di uno dei settori più importanti dell’agricoltura italiana. Da affrontare mai con pessimismo, e con qualche certezza: che non bisogna mai fermarsi, che si deve cercare sempre la soluzione migliore, in ogni condizione, e che se vini buoni si possono fare praticamente ovunque, i grandi vini si possono ottenere solo quando ce ne sono le condizioni.
È il pensiero di Michel Rolland, uno dei più grandi, se non il più grande enologo della nostra epoca, primo vero flying winemaker e, con quarant’anni di carriera alle spalle e centinaia di vini pensati e assemblati i 24 Paesi nel mondo, che WineNews ha incontrato a Montefalco, nel cuore dell’Umbria, tra i vigneti di “Mister Sagrantino”, Marco Caprai, alla guida della cantina che ha rilanciato questo grande vino nel mondo, e che in maniera pionieristica ha iniziato ad investire, oltre 20 anni fa, in ricerca e sostenibilità.
“È ovvio che il clima stia cambiando, certamente dovremo, nel prossimo futuro, in un tempo che non so quantificare, cambiare il nostro modo di pensare - spiega Rolland - i processi di lavorazione, forse i vitigni. Ma - precisa, tra il serio ed il faceto - non aspettatevi questo da parte mia. Di certo se il clima, nei prossimi 20-25 continuerà con questo trend di cambiamento, bisognerà intervenire. Non abbiamo riferimenti, non sappiamo quanto cambiare e quando fermarci. Quello che possiamo dire oggi è che negli ultimi 10-15 anni abbiamo fatto i vini migliori di sempre, perché il clima ci ha aiutato. Nel prossimo futuro forse il clima diverrà troppo caldo o troppo secco e saranno guai, ma oggi non siamo affatto nei guai, noi che facciamo vino”. Secondo Rolland, però, è eccessivamente negativa la visione di chi pensa ad una viticoltura stravolta completamente dal clima nei prossimi anni.
“Penso che ad oggi sia una visione troppo pessimista, perché non si può dire che attualmente il clima costituisca un problema, anzi, io penso che, negli ultimi 15 anni, il clima ci abbia aiutato a fare vini migliori rispetto a quelli che si sono fatti negli ultimi anni del 20esimo secolo. Il clima che abbiamo attualmente, a questo stadio di evoluzione, lo giudico positivamente. Sicuramente se le temperature continuano ad aumentare, e se le piogge dovessero calare, andremmo incontro a dei problemi, ma se consideriamo quello che riusciamo a fare oggi, non c’è da essere pessimisti, e il pessimismo tra l’altro, non è nella mia natura. Certo si deve pensare, riflettere, che è sempre una cosa buona, ma credo che non sia questo il momento per fare dei cambiamenti. Si può immaginare quello che potrebbe accadere in futuro e trovare delle soluzioni, perché quando c’è un problema bisogna adattarsi. Io non sono pessimista, non penso che attualmente ci siano dei problemi insormontabili a causa del cambiamento climatico. Non di meno, dobbiamo comunque riflettere seriamente su quello che succederà nei prossimi 15-20-25 anni”.
Pensando al Belpaese, in ogni caso, c’è chi sostiene che la grande varietà di vitigni storici ed autoctoni, e la grande diversità dei territori ponga l’Italia in una situazione di vantaggio, rispetto ad altri Paesi, in termini di capacità di reagire al cambiamento climatico.
“Io amo molto le varietà autoctone, perché trovo che siano motivo d’interesse nel mondo del vino - spiega Rolland - e diano la possibilità ai consumatori di scoprire cose che non necessariamente conoscevano. Qui siamo nella patria del Sagrantino, che è un vitigno che ha veramente del carattere, che va un po’ “civilizzato”, ma è un grande vitigno. Non si può negare che attualmente ci sono grandi vini fatti con il cabernet sauvignon, che conosciamo bene, con il merlot, che conosciamo ancora meglio, vedi il Masseto, ma questo non impedisce di fare vini sempre migliori con le varietà autoctone. Penso che il futuro del vino stia nella diversità, quindi bisogna continuare a fare dei buoni vini, dei grandi vini con le varietà conosciute e riconosciute a livello mondiale, conosciute dai consumatori di tutto il mondo, ma penso anche che l’Italia abbia una grande carta da giocarsi con le varietà locali, e ce ne sono tante in Italia. Non tutti i vini sono ancora molto buoni, bisogna migliorarli, ma se si lavora bene io credo che sia possibile”.
Spunti e riflessioni interessanti, che arrivano da una mente aperta nella visione. E che in tanti anni di carriera, ha imparato una lezione, su tutte: “non bisogna mollare mai, ed essere sempre molto curiosi, sono i due motti della mia vita. Faccio vini in 24 Paesi, talvolta in condizioni molto complicate, estremamente difficili, ma vado sempre avanti. Non ho mai abbandonato un progetto, non si deve mai abbandonare, perché bisogna trovare una soluzione.C’è sempre una soluzione ad un problema. Ben inteso, non è che si possono fare grandi vini dappertutto, ma buoni vini sì, e questa è la regola di condotta della mia vita: ho sempre provato, ovunque fossi, a fare dei buoni vini, e se c’erano le condizioni per fare dei grandi vini, a fare dei grandi vini”.
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