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A BRA, DAL 15 AL 18 SETTEMBRE

“Cheese” 2023: ecco i formaggi a latte crudo che “resistono”, baluardo della biodiversità

Dall’axridda sarda allo Stichelton inglese, dall’afuega l’pitu spagnolo al brie francese: i protagonisti del più grande raduno Slow Food

Vengono conciati con l’argilla, affinati con spezie, ricoperti di muffe naturali ed hanno croste fiorite come il brie e il jovencau francesi, prodotti ai margini della famosa foresta di Rambouillet nell’Île-de-France e che profumano di sottobosco. Sono Presìdi che resistono, come l’axridda di Escalaplano, nel cuore della Sardegna, e lo Stichelton a latte crudo, nella contea di Cambridgeshire, in Inghilterra. Con le loro produzioni a rischio estinzione sono “saliti” a bordo dell’Arca del Gusto, come l’afuega l’pitu a latte crudo delle Asturie. Preservano tecniche d’altri tempi, come il Muschio vaccino piemontese prodotto utilizzando caldaie in rame e fasciature manuali con tele di lino, e tra tome, alpeggi e croste lavate proseguono un’arte antica come l’affinamento, in Italia e nel mondo, dando vita a sperimentazioni creative con vinacce, foglie, spezie e cacao. Ecco i formaggi che “resistono”, baluardo della biodiversità lattiero-casearia, da conoscere ed assaggiare a “Cheese” 2023, edizione n. 14 del più grande raduno di formaggi a latte crudo di Slow Food e Città di Bra, che riunisce le più originali forme del latte dall’Italia e dal mondo, a Bra dal 15 al 18 settembre.
In Sardegna si allevano 3 milioni di pecore, ma il latte è venduto prevalentemente a caseifici cooperativi che lo destinano alla produzione di Denominazioni protette, con processi produttivi spesso massificati che banalizzano la qualità e fanno crollare il prezzo del latte. Per dare un futuro alla pastorizia sarda, Slow Food crea nuovi Presìdi su formaggi di territorio che stanno rischiando di scomparire, come l’axridda di Escalaplano. In questo Paese di 2.000 abitanti, tra gli aridi altipiani delimitati dalle profonde vallate del Flumendosa e del Flumineddu, il pastore Rino Franci custodisce un pecorino unico al mondo: un formaggio a latte crudo di pecora, esclusivamente di razza sarda, che fin dai tempi più antichi viene completamente ricoperto di argilla, in dialetto sardo, appunto, axridda, cavata poco lontano dal Paese, e che protegge il formaggio creando una patina naturale che ne rallenta i processi evolutivi, mantenendo un corretto grado di umidità della pasta e difendendola dalle infestazioni di acari e mosche. Nel Nottinghamshire, invece, contea dell’Inghilterra nelle Midlands Orientali, Joe Schneider è l’unico produttore dello Stichelton, formaggio vaccino blu dalla forma allungata, secondo la tecnica tradizionale e lavorando solo latte crudo proveniente dal suo allevamento. Per questo non può far parte della Dop e non può chiamarlo Stilton, il cui disciplinare prevede la pastorizzazione obbligatoria del latte e i caseifici che ne producono oltre 1 milione di forme l’anno, praticano un trattamento termico che uccide la flora batterica originaria, privando il formaggio di ricchezza aromatica e identità.
Nel 1981 la legge spagnola che proibì la produzione a latte crudo, causò la scomparsa pressoché totale dell’afuega l’pitu a latte crudo tipico delle Asturie. Sopravvisse solo nella città di Pravia, dove un produttore di piccola scala, Pascual Cabaño, riprese la produzione su ispirazione della nonna. Il nome peculiare, che significa nella lingua locale “strozza il pollo, o strozza il collo”, è legato alla consistenza della sua pasta e al fatto che si attacca un poco in gola: secondo la leggenda, se il pollo faticava a inghiottirlo, era il momento giusto per gustarlo. Nel piccolo villaggio francese di La Boissière-Ecole, l’azienda Ferme de la Tremblaye, situata ai margini della famosa foresta di Rambouillet nell’Île-de-France dal 1967 produce, invece, formaggi di vacca e di capra - a pasta molle con crosta fiorita come il brie e il jovencau, che si contraddistinguono per i tipici sentori di sottobosco, e formaggi erborinati, alcuni dei quali beneficiano della denominazione Fromage Fermier - con il modello agroecologico, padroneggiando tutte le fasi della produzione, dalla coltivazione dei foraggi in agricoltura bio alla stagionatura, e tenendo conto anche della protezione del suolo, della foresta, della produzione di energia propria e del riciclaggio dei rifiuti.
Tra gli erborinati, spicca anche il colore bluastro e il sapore intenso e pungente del Muschio vaccino del Caseificio Rabbia, nato a Raffia a Cuneo nel 1890 come bottega artigiana per la produzione di tome, e che oggi valorizza al meglio la biodiversità del territorio, dalle erbe dei pascoli situati ai piedi del Monviso ai profumi della Valle Grana, dove le forme vengono lasciate stagionare. Ma preserva anche antiche tecniche della tradizione casearia: i formaggi, rigorosamente a latte crudo, vengono ancora prodotti utilizzando caldaie in rame e fasciature manuali con tele di lino, che permettono di delineare un’impronta unica a ogni lavorazione. Infine, oltre alla loro azienda, Barbara Cecchellero e Lorenzo Borgo, ex studenti dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, hanno dato vita ad Asti al progetto Borgo Affinatori per valorizzare le produzioni degli allevatori locali. Affinare vuol dire innanzitutto rispettare il potenziale intrinseco della materia prima, sviluppando aromi, gusto e consistenza. Tra tome, alpeggi e croste lavate, danno vita anche a sperimentazioni creative con vinacce, foglie, spezie e cacao.

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