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Corriere Della Sera / Italie

Roberto Burdese. “Abbiamo preservato dall’olblio il patrimonio gastronomico del paese” ... Roberto Burdese è entrato a far parte del mondo Slow Food iscrivendosi a un corso di degustazione. Aveva vent’anni. Oggi che ne ha quaranta è diventato il presidente di Slow Food Italia e si può dire sia la mente organizzatrice dell’associazione fondata da Carlo Petrini nel 1986. A lui fanno capo 340 condotte, le sezioni locali, 177 presidi a tutela dei prodotti locali che rischiano di scomparire, e un giro d’affari di 25 milioni d’euro. Ma ricorda con piacere il suo ingresso nell’associazione, e l’anno speso da obiettore di coscienza che ha segnato l’inizio della sua avventura: “all’inizio eravamo semplicemente un gruppo di amici animati dalla stessa passiore. Ma Carlo Petrini già allora dava l’impressione di avere la consapevolezza che il tema del cibo sarebbe diventato prima o poi assolutamente centrale”. E infatti in 23 anni di storia molto è cambiato: “In meglio, e anche in peggio. Se da un lato grazie agli sforzi nostri e di altri che condividono i nostri ideali siamo riusciti a preservare dall’oblio il patrimonio gastronomico del nostro paese, non possiamo dimenticare gli effetti devastanti che consumismo, omologazione e globalizzazione hanno avuto sulle colture naturali e le produzioni tipiche”.

Valeria Cometti. “Insegnamo a bambini e insegnanti come apprezzare i piaceri degli orti” ... L’educazione al gusto comincia da bambini. Il multiforme universo Slow Food entra nelle scuole, grazie ad un’articolazione dedicata anche ai più piccoli, in grado di veicolare la sua filosofia di conoscenza e valorizzazione del territorio tra gli alunni di elementari e materne. L’iniziativa si chiama Orti in condotta, un programma di apprendimento basato sulle colture dei prodotti della terra, realizzato in collaborazione con gli istituti scolastici. Ad occuparsene è Valeria Cometti, la responsabile dei progetti d’Educazione: “Parlando dell’orto è facile allargare la discussione all’insegnamento della stagionalità, della geografia, della biologia. Con questo nostro programma riusciamo ad avvicinare i bambini a realtà agricole che ormai scompaiono dalle grandi città”. Il settore dalla formazione è cruciale nell’organizzazione di Slow Food. Ad oggi si contano oltre tremila corsi organizzati per soci e addetti ai lavori, 211 orti scolastici aperti in Italia e 450 nel mondo. “Il nostro programma serve a coinvolgere varie fasce d’età, non solo i bambini, ma anche gli insegnanti che formiamo, i fornitori, i fiduciari delle condotte locali, o i nonni ortolani, le persone che poi materialmente curano l’orto e che offrono la propria competenza ed esperienza ai più piccoli”.

Paolo Di Croce. “Quei sapori sorprendenti nascosti nei prodotti più semplici” ... Slow Food non è una realtà solo italiana. Dopo aver raggiunto un primo obiettivo, mettere al sicuro i tesori gastronomici nazionali, oggi l’associazione nata a Bra lavora a un progetto molto ambizioso: rivalutare e proteggere il patrimonio alimentare di tutto il mondo. Conta sedi in 153 Paesi e oltre centomila soci. L’ideale di un cibo buono, pulito e giusto ha preso piede nelle metropoli statunitensi, così come in minuscoli villaggi andini, seppure per motivi diversi. Responsabile delle politiche internazionali dell’associazione, è Paolo Di Croce, collaboratore della prima ora di Carlo Petrini: “È dal 2004 con la prima edizione di Terra Madre che la nostra associazione si è proiettata decisamente all’estero, ma la vocazione internazionale esiste fin dal 1989”, spiega Di Croce. “Diversità gastronomiche – aggiunge - esistono in ogni parte del mondo, e a volte i sapori più sorprendenti sono nascosti nei prodotti apparentemente più semplici. Come le patate andine, un prodotto che sta scomparendo minacciato dalle colture intensive supersovvenzionate (e per questo alla fine dei conti più costose) eppure capaci di offrire al palato esperienze ineguagliabili”.

Serena Milano. “Un disciplinare per i produttori che aiuti a custodire la biodiversità” ... Un altro dei chiodi fissi di Slow Food è sicuramente la biodiversità, a cui è stata dedicata addirittura una fondazione guidata da Serena Milano: “Ho iniziato a occuparmi di biodiversità nel 1999, avviando il progetto dei presidi in Italia”, spiega la dirigente. “Fu un anno di attività frenetica per mettere insieme un gruppo di cento progetti da presentare al salone del gusto. Girammo tutta l’Italia e scoprimmo cose inimagginabili, come il pecorino di Farindola, prodotto da caglio suino sul massiccio del Gran Sasso, grazie ad animali allevati a 1800 metri d’altezza”. Oggi i presidi sono 177 e coinvolgono oltre 1300 piccoli produttori: contadini, pescatori, norcini, pastori, casari, fornai, pasticceri. “In effetti più che il prodotto a noi interessa il produttore, sono loro i protagonisti della nostra iniziativa, il nostro compito principale è quello di stilare un disciplinare, fissando sulla carta tradizioni e ricette quasi sempre orali. Quindi cerchiamo di aiutarli mettendoli in contatto tra di loro, la loro debolezza è molto spesso la solitudine. Infine, ci occupiamo di comunicare e condividere con tutti le incredibili ricchezze scoperte sul territorio”.

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