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Corriere Della Sera / Italie

Slow Food diventa “eco-gastronomica” ... Carlo Petrini: “A piacere e diritto di fruizione, si è aggiunto un forte senso di responsabilità. Non sarei un leader se non pensassi alla continuità. Pronti i nuovi quadri dell’associazione”... Nonostante la forte personalità di Carlin Petrini, il fondatore - alcuni lo chiamano “guru”, ma lui che è di Brà non si è mai montato la testa - anche a Slow Food, come nelle aziende di famiglia, lo snodo del passaggio generazionale è cruciale. In questo caso, non c’è solo un patrimonio economico (il giro d’affari ormai si avvicina ai 25 milioni di euro) da trasmettere, incrementare, per farne buon uso, ma c’è soprattutto l’idea forte di un movimento che, in poco più di vent’anni è cresciuto, evolvendosi ed espandendosi nel mondo. Oggi conta 100.000 soci, con rappresentanze in 130 Paesi. Per restare in Piemonte, la culla del marchio con la chiocciola, non è esagerato affermare che una serie di circuiti agro-alimentari (il Salone del Gusto, Cheese) e culturali (in primis, l’Università di Pollenzo) attivati da Slow Food hanno dato buoni frutti lanciando la regione come meta gourmand. Racconta Petrini: “Eravamo associazione enogastronomica, adesso la parola esatta è eco-gastronomica; cioè al piacere e alla rivendicazione del diritto di fruirne da parte di tutti, si è aggiunto un nuovo senso di responsabilità. Si tratta di sostenere quanti, nel mondo, si adoperano per difendere la biodiversità agroalimentare”. “Con Terra Madre, cioè la rete dei contadini e dei pescatori – aggiunge - il movimento si è irradiato nelle comunità locali, per stabilire un rapporto tra chi produce e chi mangia. Inoltre, attraverso le comunità del cibo è possibile realizzare forme di economia locale”. La seconda generazione di Slow Food, dunque, riguarda innanzitutto le idee che si rinnovano, prima ancora delle persone. Intendiamoci, Carlin (bisogna chiamarlo alla piemontese), ha solo sessant’anni e carisma per altri cento. “Ma non sarei un leader – ammette - se non pensassi alla continuità. Prova ne è che, nel corso di un lungo periodo di malattia, l’associazione ha marciato benissimo anche senza la mia presenza. Confesso, tuttavia, che, in quel frangente difficile, ho preso le misure con me stesso e ho capito che non si è buoni per tutte le stagioni”. Così, il primo segnale di passaggio del testimone avviene nel 2006, quando Roberto Burdese è nominato presidente di Slow Food Italia, mentre Petrini resta alla guida del settore Internazionale. “Roberto gode di ampia autonomia ma è un tipo che ama confrontarsi. Con tutti. Invece io, soprattutto nella fase pionieristica - spiega Carlin - tagliavo le cose con l’accetta, sbagliando talvolta. Succede, poi ci si corregge. Comunque sia, sono molto orgoglioso della seconda generazione. Ed ora sta spuntando anche la terza”. Un naturale serbatoio di nuove leve Slow Food sono i giovani dell’Università di Scienze Gastronomiche che ha sede in un edificio ottocentesco (già della Real Casa Savoia), a Pollenzo, nel comune di Brà. Il numero di stranieri, provenienti anche dal Sud del Mondo, è notevole. Petrini cita l’esempio di uno di loro, entrato nell’associazione, come membro attivo: “Ha studiato qui, poi è ripartito per il suo Paese. Adesso si trova in Trinidad e Tobago a organizzare il mercato dei contadini. Segue la filiera della produzione del cacao con passione e competenza. Questo è il frutto di Terra Madre”.

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