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Corriere Della Sera / Italie

“La Terra più calda aiuta il Barbaresco” ... Angelo Gaja: “Per noi produttori è meglio mantenere molta sobrietà e un basso profilo”... Angelo Gaja, classe 1940, è vero che il vino italiano va dove non ci porta il cuore, ma il denaro?

“Il vino italiano va dove portano sogno, passione, ambizione, tradizione, innovazione e sì, anche i soldi, per quei produttori che sono capaci di farli... per il consumatore è una straordinaria opportunità, non ha che l’imbarazzo della scelta”.

Se dovesse difendere i suoi colleghi cosa direbbe?

“La forza del vino italiano sta nei 35 mila produttori che lo raccontano. Non tanto per dire quanto sta nel bicchiere, questo è un compito che tocca ai degustatori, quanto per descrivere che cosa gli sta attorno: cultura e tradizione dei luoghi dai quali esso trae origine, paesaggi, storie ed episodi che segnano il percorso di una vita ad esso dedicata, preoccupazioni, gioie, promesse... con la disposizione, da parte di chi ascolta, di porsi come a teatro, di godersi lo spettacolo. Dal fascino, che emana dai produttori, prende origine il turismo del vino, le migliaia di occasioni di intrattenimento che, quotidianamente, si susseguono, le centinaia di articoli che i giornalisti scrivono, per rendere i lettori aggiornati sulle gesta del vino italiano”.

I suoi vicini di casa, si fa per dire, i fratelli Ceretto, dicono che il mondo del vino dovrà aspettare sino al 2012 per vincere la crisi. E lei?

“Il vino non è più una bevanda alimentare com’era un tempo, ma è un bene voluttuario, di lusso: e come tale viene universalmente percepito, più di ogni altro prodotto dell’agroalimentare. Il lusso è fantasia e sogno, e a causa di questo, non morirà mai. Non so dire quando finirà la crisi, ma sono molto ottimista per il futuro del vino, il cui consumo è sostenuto nel mondo da un numero amplissimo di soggetti, produttori, ristoratori, enotecari e uno stuolo sterminato di consumatori occasionali, abitudinari, appassionati, esperti, collezionisti, cacciatori di trofei, speculatori (sì, c’è posto anche per loro, che pur costituendo un piccola minoranza non disturbano affatto)”.

Se le chiedessero di presentare Barolo e Barbaresco, cosa direbbe?

“Il Barbaresco è cresciuto molto all’ombra del Barolo, guadagnando posizioni. Il riscaldamento del Pianeta anziché danneggiare, ha molto favorito, nell’area del Barbaresco, la coltivazione dell’uva Nebbiolo, varietà di maturazione tardiva, che ora raggiunge con regolarità, anno dopo anno, la completa maturazione, assicurando ma continuità di qualità che in passato era sconosciuta. La naturale e innata eleganza, del Barbaresco, imbattibile in Piemonte, viene oggi ancura più apprezzata al confronto di altri vini, che invece brillano sempre più per opulenza e ricchezza. Il Barbareco ha poi una produzione che è quasi un terzo di quella del Barolo: con la domanda in crescita gli gioverà, prossimamente, un effetto rarità che tornerà a suo vantaggio”.

Oggi vince la vigna o l’enologo?

“La vigna e l’enologo debbono sapersi integrare in piena armonia. Uve di straordinaria qualità nelle mani di un enologo incapace, non daranno mai origine a un grande vino; identicamente uve di qualità modesta, affidate alle mani del migliore degli enologi, non daranno di più di un vino pretenzioso e stucchevole”.

Spesso negli Stati Uniti, e non soltanto, ha raccontato le storie dei suoi vicini di vigneto, parlandone bene e anteponendoli a lei stesso. Cosa non le hanno mai perdonato?

“Mio padre sosteneva che se vuoi vivere sereno, occorre imparare a farsi perdonare il successo. Più che a New York e a Tokio, la sovraesposizione dà fastidio dove vivono anche i propri colleghi, è li che, invece, è più opportuno coltivare la sobrietà”.

A Barbaresco, dove lei vive c’è umido, freddo, cupezze. Eppure, ancora gli americani, hanno definito il Barolo il vino più sexy del Pianeta.

“Un grande vino può essere intellettuale e intrigante per gli uni e sexy per gli altri. Sicuramente meglio che “Barolo, re dei vini e vino dei re”, che è invece banalmente commerciale. Occorre rinnovarsi”.

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