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Da nicchia a mainstream: il vegan food si conferma tra le tendenze più forti del 2025

Le vendite di prodotti plant-based in Europa sono cresciute del 21% tra 2020 e 2022, raggiungendo 5,8 miliardi di euro, per l’Osservatorio Veganok
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I prodotti vegani sono sempre più diffusi: +9% ogni anno in Italia

Il cambiamento è già qui. Non si tratta più di “se”, ma di “quando”. Per anni, il vegan è stato trattato come un fenomeno di nicchia, ma quella narrazione è ormai superata. Le vendite di prodotti plant-based in Europa sono cresciute del 21% tra il 2020 e il 2022, raggiungendo 5,8 miliardi di euro annui. E in Italia? Il comparto ha superato i 680 milioni di euro, con un tasso di crescita del +9% annuo. Nel frattempo, i consumatori cambiano: sempre più orientati alla salute, alla sostenibilità, alla semplicità alimentare. Non è solo il vegano dichiarato a spingere questo mercato: è una nuova generazione trasversale di clienti consapevoli, informati, che scelgono il vegetale anche solo in parte, e stanno premiando i brand capaci di intercettare questi valori. Lo sottolinea l’Osservatorio Veganok, basandosi sul report “Speciale TuttoFood 2025”, secondo cui i 5 mega trend del veganesimo da tenere d’occhio sono la cucina fusion in chiave vegan, il mainstream del vegan nei grandi marchi storici, la fermentazione di precisione, il packaging sostenibile e i superfood a km zero.
I dati confermano l’ascesa del vegan: secondo uno studio McKinsey & NielsenIQ, i prodotti che comunicano sostenibilità ed etica (claim come “vegan”, “plant-based”, “cruelty free”) crescono fino all’8% in più rispetto ai concorrenti privi di questi elementi. Il messaggio è chiaro: chi non comunica una scelta credibile nel vegetale perde terreno. Non solo verso il cliente finale, ma anche nei confronti di buyer e retailer. Il veganismo dunque non è più solo un’alternativa: è una nuova normalità. Le previsioni indicano che il settore mondiale degli alimenti plant-based raggiungerà un valore di 61,3 miliardi di dollari entro il 2028, quasi il doppio rispetto a pochi anni fa. Nel frattempo, oltre il 51% dei consumatori europei di carne dichiara di ridurne attivamente l’assunzione, scegliendo più spesso alternative vegetali. In Paesi come Italia e Germania, la percentuale sale al 59%, segnando un cambiamento concreto nelle abitudini quotidiane. A trainare questa crescita ci sono in particolare le bevande vegetali (latte di soia, mandorla, avena, ecc.) e le alternative alla carne come burger, polpette e affettati vegetali. Le vendite esplodono e i numeri diventano miliardari nei Paesi guida: Germania, Regno Unito e, subito dopo, l’Italia, oggi terzo mercato europeo per valore.
Secondo l’Osservatorio Veganok sono 5 i trend da tenere d’occhio per il futuro. Il primo è la cucina fusion in chiave vegan: il 2025 sarà caratterizzato da una crescente integrazione di tradizioni culinarie diverse, reinterpretate in chiave vegana. Piatti come il ramen vegano con ingredienti locali o i tacos di jackfruit con spezie asiatiche diventeranno sempre più comuni, rispondendo al desiderio dei consumatori di esplorare nuovi sapori senza compromettere l’etica e la sostenibilità. Questa tendenza spingerà ristoranti e produttori alimentari a sviluppare ricette che combinano elementi di diverse culture, offrendo esperienze gastronomiche innovative e rispettose dell’ambiente. Da rilevare il mainstream del vegan nei grandi marchi storici, con sempre più aziende che stanno introducendo linee di prodotti vegani. Ad esempio, Ferrero ha lanciato una versione vegana della sua iconica Nutella, sostituendo il latte con ingredienti vegetali. Questa tendenza è destinata a intensificarsi nel 2025, con i consumatori che premiano i marchi capaci di adattarsi ai nuovi valori di sostenibilità e inclusività. C’è poi la fermentazione di precisione, che sta trasformando il panorama alimentare vegano, offrendo soluzioni innovative e sostenibili. Grazie a questa tecnologia, microrganismi come lieviti, batteri o funghi vengono programmati per produrre specifiche proteine o molecole, replicando quelle di origine animale ma senza alcun coinvolgimento diretto degli animali. Questo approccio consente di creare alimenti vegetali con caratteristiche straordinariamente simili ai prodotti tradizionali. Tra gli utilizzi più promettenti troviamo formaggi vegani, alternativi al latte, ingredienti per dolci e prodotti da forno, burri e grassi vegetali. Anche il packaging può essere vegan: nel 2025, assisteremo ad una crescente attenzione verso imballaggi privi di derivati animali, sostenibili e innovativi. Materiali come plastica biodegradabile a base vegetale, confezioni compostabili e imballaggi edibili diventeranno standard per i prodotti vegani. L’impegno verso la sostenibilità si rifletterà anche in soluzioni riutilizzabili riducendo i rifiuti e promuovendo un modello di economia circolare. I consumatori daranno sempre più importanza a etichette chiare e trasparenti, che confermino l’assenza di componenti animali anche negli imballaggi. Infine, nel 2025, il superfood si evolve puntando su ingredienti locali e sostenibili, coltivati a chilometro zero. Canapa, lupini, cicerchie e frutti ricchi di antiossidanti come mirtilli e ribes saranno protagonisti di nuove formulazioni che uniscono nutrizione e riduzione dell’impatto ambientale. Questa tendenza valorizza colture autoctone, riduce il carbon footprint e promuove la biodiversità, offrendo alternative nutrienti e accessibili ai superfood esotici. Ma chi sono i consumatori flessibili e perché rappresentano la vera svolta del mercato plant-based? Negli ultimi anni il profilo del consumatore è cambiato profondamente. Sempre più persone scelgono di ridurre il consumo di carne e derivati animali, senza eliminarli del tutto. È la “Generation Flex”, quella dei flexitariani: un pubblico in crescita che adotta un’alimentazione ibrida, consapevole, varia. In Italia si stima che quasi il 70% della popolazione abbia già ridotto l’assunzione di proteine animali, e il 23% si definisce esplicitamente flexitariano.
Il dato più interessante? Solo una minoranza rifiuta i prodotti plant-based: la metà degli italiani li acquista abitualmente, e un altro 12,5% è intenzionato a provarli. Dalla ricerca del benessere all’etica ambientale, fino alla curiosità gastronomica: le motivazioni che spingono verso una dieta flessibile sono molteplici e guidate da
una nuova cultura del cibo. E a trainare questa rivoluzione sono in particolare i Millennials e la Gen Z, protagonisti di un cambio di paradigma alimentare che l’industria non può ignorare.
Del resto, nel cuore della Dieta mediterranea ci sono prodotti che, per natura, sono completamente vegetali: pastadi semola, passate di pomodoro, legumi in scatola, olio extravergine d’oliva. Alimenti quotidiani, familiari, spesso percepiti come “neutri” dal punto di vista etico. Eppure, proprio in questa apparente ovvietà si nasconde una delle più grandi opportunità di mercato: rendere visibile la loro “veganità”, certificandola in modo chiaro e affidabile. Non si tratta solo di marketing: è una risposta concreta alle esigenze di milioni di consumatori vegetariani, vegani e flexitariani che vogliono poter riconoscere - a colpo d’occhio - cosa è davvero in linea con le proprie scelte etiche. A fronte di una domanda in forte crescita e di un mercato che nel 2025 supera i 680 milioni di euro solo in Italia, le aziende hanno l’occasione di qualificarsi come autorevoli e trasparenti anche nei segmenti più tradizionali. Sempre più realtà - dai marchi storici delle conserve ai produttori di snack o pasta - stanno cogliendo il valore strategico della certificazione vegan per distinguersi in scaffale, rafforzare la fiducia e conquistare nuovi consumatori.

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