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STASERA

Da Pompei, il lancio dell’immagine della candidatura della cucina italiana a Patrimonio Unesco

A presentare il logo ufficiale, i Ministri dell’Agricoltura e della Cultura Francesco Lollobrigida e Gennaro Sangiuliano. E rinasce l’“olio di Pompei”

“Gioiello” del patrimonio culturale dell’Italia e del mondo di inestimabile valore, simbolo per eccellenza delle bellezze del nostro Paese, capace, con le sue continue e sorprendenti scoperte, di far viaggiare indietro nel tempo con un realismo senza pari fino al 79 d.C. quando fu sommersa dall’eruzione del Vesuvio, “custode” della nostra storia e delle nostre più antiche tradizioni anche a tavola, e dunque sintesi perfetta del legame tra cultura ed enogastronomia, è Pompei, come raccontato nei giorni scorsi da WineNews, la location d’eccezione scelta per il lancio del logo ufficiale a sostegno della candidatura della cucina italiana a Patrimonio Immateriale dell’Unesco, che sarà presentato questa sera nel Quadriportico dei Teatri tra gli scavi del Parco Archeologico dal Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e dal Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, con il direttore del Parco Gabriel Zuchtriegel e Francesco Soro, ad dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato i cui allievi della Scuola dell’Arte della Medaglia lo hanno realizzato. La candidatura, promossa dall’Accademia Italiana della Cucina, dalla Fondazione Casa Artusi e dalla rivista “La Cucina Italiana”, è sostenuta dal Governo attraverso i Ministeri dell’Agricoltura e della Cultura, che l’hanno lanciata nel marzo 2023, e oggi compie un nuovo passo nel cammino verso il riconoscimento da Pompei, Patrimonio Unesco, dove è prevista la partecipazione anche del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, del Viceministro degli Affari Esteri Edmondo Cirielli, e del Sottosegretario alla Cultura con delega Unesco Gianmarco Mazzi.
Intanto, dopo oltre 2.000 anni, e dopo il vino e i pani antichi, rinasce anche l’olio dell’antica Pompei con le prime bottiglie stappate per sostenere la candidatura della cucina italiana, di cui proprio l’extravergine rappresenta una componente fondamentale. A rendere possibile il suo ritorno sulle tavole, è stato il lavoro di Coldiretti e Unaprol, come spiegano con Filiera Italia, assieme al Parco Archeologico nel recupero e nella valorizzazione degli antichi uliveti siti tra le rovine dell’antica città romana: 350 alberi di diversa epoca di impianto che sono tornati alla produzione, con la raccolta delle ulive dalle quali è stato prodotto l’extravergine chiamato “Pumpaiia” per onorare l’antichissimo nome della città.
La civiltà romana fu quella che più d’ogni altra contribuì alla diffusione dell’olivo e al perfezionamento delle relative tecniche di coltivazione e di estrazione. L’olio divenne una delle principali ricchezze dei romani che conoscevano talmente bene il prodotto da mettere a punto tecniche e strumenti rimasti quasi invariati fino al XIX secolo e, per primi, classificarono gli oli in base alle loro caratteristiche organolettiche. Conoscevano bene, inoltre, l’importanza della qualità della materia prima ai fini dell’ottenimento di un buon olio, dalle alte qualità salutistiche e nutrizionali. Plinio (79 d.C.) classificava l’olio di oliva in cinque categorie. L’Oleum ex Albis Ulivis era considerato l’olio più pregiato dal sapore intenso, ed era ottenuto dalle olive verdi; l’Oleum Viride Strictìvum veniva estratto tra dicembre e gennaio da olive invaiate, utilizzato per ungere il corpo; l’Oleum Maturum era estratto dalle olive nere mentre l’Oleum Caducum era fatto con le olive cadute a terra; lOleum Cibarium era infine destinato agli schiavi in quanto estratto da olive bacate, molto imbrattate di terra, oppure tenute ammucchiate per molti giorni.
Non a caso oggi l’Italia è diventata la “regina” dei riconoscimenti di qualità in Europa con il suo patrimonio di 42 Dop e 7 Igp olivicole, pari al 40% delle certificazioni comunitarie, mentre Spagna e Grecia inseguono il nostro Paese a distanza con appena 29 riconoscimenti. E l’olio extravergine d’oliva è una delle componenti fondamentali della Dieta Mediterranea e della cucina italiana candidata a diventare Patrimonio dell’Unesco. Un riconoscimento anche per il “padre” della cucina italiana Pellegrino Artusi nato proprio oggi, il 4 agosto 1820, ed autore del primo codice alimentare dell’Italia unita “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” che diede un contributo fondamentale per amalgamare, prima a tavola e poi nella coscienza popolare, le diverse realtà regionali con un comune senso d’appartenenza. È anche grazie al prezioso lavoro di Artusi, ricorda Coldiretti, se l’agroalimentare italiano in pochi anni da una economia di sussistenza ha saputo conquistare primati mondiali e diventare simbolo e traino del made in Italy.
“Il valore delle esportazioni di cibo made in Italy ha raggiunto il record storico di 60,7 miliardi ma sono convinto che ci siano le condizioni per arrivare a 100 miliardi nel 2030, utilizzando il Pnrr per colmare il gap infrastrutturale e logistico del nostro Paese, ma anche mettendo uno stop alla contraffazione alimentare internazionale”, afferma il presidente Coldiretti Ettore Prandini nel ricordare che “per colpa del cosiddetto “italian sounding” nel mondo oltre due prodotti agroalimentari tricolori su tre sono falsi senza alcun legame produttivo ed occupazionale con il nostro Paese”. Un fenomeno che colpisce tutti i “gioielli” del made in Italy nel piatto, compreso proprio l’extravergine del quale sui mercati è possibile trovare un Pompeian oil prodotto in California. “Il binomio enogastronomia-cultura è diventato la principale leva di attrazione turistica, strategica per il rilancio dell’economia e dell’occupazione, e la candidatura della cucina italiana a Patrimonio nell’Unesco rappresenta un ulteriore riconoscimento di un legame che rappresenta ormai un asset determinante per il Paese”, sottolinea Luigi Scordamaglia, ad Filiera Italia. “La rinascita dell’olio di Pompei attraverso il recupero degli ulivi del sito riallaccia un legame millenario riaffermando l’unità del prodotto italiano. Ma il lavoro portato avanti con il Parco è importante anche dal punto di vista promozionale per lo sviluppo del fenomeno dell’oleoturismo e, da qui, per l’affermazione di una nuova cultura dell’extravergine che stiamo portando avanti con la Fondazione Evooschool”, spiega Nicola Di Noia, direttore Unaprol.
Per l’occasione è stata allestita una grande tavola nel Porticato della Palestra Grande per lo storico assaggio di quella che è la prima produzione a tornare nel piatto dal lontano 79 a.C., anno della distruzione della città romana. Assieme all’extravergine millenario gli agricoltori hanno portato gli oli del territorio “figli” del capostipite pompeiano.

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