Iniziare da zero, nel mondo del vino, è tutt’altro che semplice: acquistare un terreno, vitato o meno, costruire una cantina, entrare in un mercato competitivo e complesso, rappresenta una vera e propria sfida. Ma essere un vignaiolo di prima generazione riserva anche qualche vantaggio, a partire dalla libertà di scegliere che strada percorrere, su che vini puntare, quale stile produttivo adottare. Senza dimenticare, perché no, la libertà di scegliersi i compagni di viaggio, come hanno fatto nel 2014 tre giovani produttori di Roero, Luca Faccenda, Alberto Oggero e i fratelli Emanuele ed Enrico Cauda, il nucleo storico dell’associazione “SoloRoero”, che l’1 aprile aprirà virtualmente le porte di Santo Stefano Roero ai “colleghi” di tutto il Belpaese, viticoltori di prima generazione come loro, con tanto da spartire, a metà strada tra mutualismo e sharing economy, che animeranno insieme “SoloVino”, tra banchi d’assaggio e tavole rotonde, sotto la regia di Fabio Pracchia e Jonathan Gebser, redattori della guida Slow Wine, si parlerà di burocrazia, di territorio e di viticultura.
“L’aspetto più importante, per noi vignaioli di prima generazione - racconta, a WineNews, Luca Valfaccenda, tra i fondatori di “SoloRoero” e tra gli organizzatore di “SoloVino” - è quello umano, che sottintende un lato positivo ed uno negativo. Abbiamo ben chiaro cosa voglia dire: manca una strada già tracciata, da seguire, sia dal punto di vista produttivo che commerciale, dalle strategie di prodotto al mercato, ma dall’altra parte abbiamo la piena libertà di fare tutto come vogliamo, specie se, come nel nostro caso, si parte da pochi numeri per cercare di vendere e poi crescere, ma sempre tenendo fede ad una linea personale. È così che si riesce a creare qualcosa, se va bene ringrazi te stesso, se va male non hai nessuno con cui prendertela se non con te stesso. La mancanza di una strada tracciata precedentemente vuol dire anche rivendicare denominazioni meno di moda, e garantirci la libertà di declinare ad esempio il Nebbiolo come vogliamo vendendolo come semplice vino rosso. Ma ci sono tanti altri lati positivi - continua Valfaccenda - a partire dal fatto che ci siano altri venti ragazzi come noi pronti a venire a Santo Stefano Roero, che non è Barolo né New York, per condividere un percorso simile al nostro, anche se poi ogni percorso è personale e diverso. Non sarà una fiera, ma una festa, anche se al di là della filosofia, per noi è importante tradurre in numeri le esperienze, l’aspetto commerciale è importante”.
“Essere vignaioli di prima generazione - aggiunge Davide Fasolini, a capo dell’azienda Dirupi, in Valtellina, anche lui presente a “SoloVino” - è bellissimo, è quasi come lavorare su un foglio completamente bianco. Essere la prima generazione, in Valtellina, è un concetto relativo: parliamo di un territorio che ha dei vigneti terrazzati magnifici, che risalgono al periodo che va dal 1000 al 1200, quindi stiamo lavorando con i piedi sulla storia. Quando abbiamo iniziato non l’abbiamo fatto un terreno vergine, ma su un pezzo di terra che ci è stato affidato dagli anziani del posto, che al termine della loro carriera di vignaioli ci hanno lasciato il testimone. Con i suoi pro, a partire da piante magnifiche, molto vecchie, veri pezzi di storia, con la loro sapienza, fatta di tecniche di potatura e saggezza. Non un foglio interamente bianco - spiega Fasolini - perché dobbiamo sempre tenere a mente l’esempio della tradizione, specie noi che venivamo da un percorso di studi fatto più di teoria che di pratiche. È vero però che abbiamo avuto grande libertà, abbiamo stravolto le forme di allevamento, ci siamo mossi liberamente in cantina, però questo continuo contatto con la storia ci ha fatto avere sempre molto rispetto. Cerchiamo di portare in cantina, e poi nel bicchiere, non solo un territorio, ma un singolo vitigno di una particolare zona. Abbiamo ancora tanto da fare, e non è stato facile, per anni ci siamo divisi tra la nostra avventura e lavoretti al bar o al ristorante, ma è stato davvero un viaggio affascinante, ed i sogni non sono certo finiti, anzi”.
Focus - Da “SoloRoero” a “SoloVino”: ecco le cantine
SoloVino nasce dall’impegno e dalla volontà di SoloRoero, associazione composta dai fratelli Emanuele ed Enrico Cauda (Cascina Fornace), Luca Faccenda (azienda agricola Valfaccenda a Canale), Alberto Oggero (dell’omonima cantina tra Canale e Santo Stefano Roero) che qualche anno fa hanno iniziato un percorso di condivisione (in vigna e in cantina) nato da una volontà comune: coltivare, con metodi naturali o biologici certificati, solo Arneis e Nebbiolo, i due vitigni alla base delle Docg Roero Arneis e Roero. “Avevamo il desiderio di organizzare una festa per celebrare la nostra associazione e condividere con gli amici il nostro lavoro. Abbiamo esteso l’invito a tanti altri viticultori che come noi hanno iniziato a coltivare la vigna per passione. La festa è diventata SoloVino, un appuntamento che ci auguriamo porti in Roero chi è davvero interessato a vivere e conoscere le comunità locali e chi, come noi, ha il desiderio che diventino più forti, puntando sul bello e il buono, senza stravolgerne l’anima. E, perché no, che riesca a far conoscere la vera natura di questo nostro Roero”.
Il Calamaio, Lucca
Dirupi, Ponte in Valtellina (Sondrio)
L’Erta di Radda, Radda in Chianti (Siena)
Garlider, Velturno (Bolzano)
Didier Gerbelle, Aymavilles (Aosta)
Le More Bianche, Magliano Alfieri (Cuneo)
Meggiolaro Vini, Roncà (Verona)
Meridio, Chiaramonte Gulf (Ragusa)
Il Quarticello, Montecchio Emilia (Reggio Emilia)
Andrea Occhipinti, Gradoli (Viterbo)
Olek Bondonio, Barbaresco (Cuneo)
Ottomani, Santa Cristina (Firenze)
Pranzegg, Bolzano
Pusole, Baunei (Ogliastra)
Rosmarinus, Perinaldo (Imperia)
Gianluca Colombo, Roddi (Cuneo)
Togni Rebaioli, Darfo Boario Terme (Brescia)
Alberto Oggero, Santo Stefano Roero (Cuneo)
Cascina Fornace, Santo Stefano Roero (Cuneo)
Valfaccenda, Canale (Cuneo)
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