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PRIMATI

Dal Cerasuolo (+19,7%) al Grillo (+12,2%), sono i vitigni autoctoni a crescere di più nelle vendite

Una vigna bio su quattro (23%) nel mondo è italiana, secondo un’analisi Coldiretti. E il vino è il settore più gettonato tra gli imprenditori under 35
BIOLOGICO, Coldiretti, GIOVANI AGRICOLTORI, VENDITE, VITIGNI AUTOCTONI, Italia
Spetta a vini da vitigni autoctoni il primato delle vendite nel nostro Paese

Sono i vitigni autoctoni a far segnare i maggiori incrementi di vendite nel nostro Paese, dal Cerasuolo abruzzese al Grillo siciliano, dal Pecorino - tipico di Marche e Abruzzo - alla Lugana e alla Ribolla, fino al Nebbiolo piemontese, a conferma di una scelta sempre più territoriale nei gusti degli italiani: è quanto emerge da un’analisi Coldiretti su dati Circana. L’aumento delle vendite dei vini autoctoni è in netta controtendenza rispetto all’andamento complessivo delle vendite di vino, che nel 2023 hanno fatto registrare un calo in volume del 3,3%: il chiaro segnale che il futuro del “Vigneto Italia” dipende dalla capacità di promuovere e tutelare le distintività territoriali. A rimarcare l’eccellenza della nostra produzione una vigna bio su quattro (23%) tra quelle presenti in tutto il mondo è italiana, con la superficie vitata coltivata a biologico che ha superato nel nostro Paese i 130.000 ettari (per un settore che negli ultimi anni ha vissuto un vero e proprio boom), secondo un’analisi Coldiretti su dati Fibl e Ifoam, diffusa in questi giorni al Vinitaly. Ma il vino è anche il settore più gettonato tra le imprese under 35, al top per sostenibilità e propensione all’export: sono oltre 5.500 i giovani agricoltori e agricoltrici italiani che producono vino.
In vetta alla classifica dei vitigni autoctoni più venduti si piazza per la prima volta un vino rosato, il Cerasuolo d’Abruzzo, con un vero e proprio boom in volume del 19,7% che conferma la crescita dei rosé nelle preferenze degli italiani. Al secondo posto troviamo il Grillo di Sicilia (+12,2%) che precede di poco il Pecorino, tipico di Marche e Abruzzo (+12%). In quarta posizione la Lugana di Lombardia e Veneto (+9,5%), poi la Ribolla friuliana (+8%), davanti all’Orvieto da Lazio e Umbria (+7,6%) e al Friuliano (+7,2%). All’ottavo posto c’è il primo vino rosso della classifica, il Primitivo della Puglia (+5,2%), seguito da Valpolicella Ripasso (+4,6%) del Veneto e dal Nebbiolo (+4,2%) caratteristico del Piemonte ma anche della Lombardia. E, a conferma dell’eccellenza della produzioni enologica italiana, e del vero e proprio boom che negli ultimi anni ha investito il settore del bio, una vigna bio su quattro (23%) tra quelle presenti in tutto il mondo è italiana, secondo un’analisi Coldiretti su dati Fibl e Ifoam. I produttori tricolori di vino bio sono hanno superato quota 22.000, mentre a livello nazionale i vigneti biologici sono arrivati a rappresentare oltre il 22% del totale. Il tutto per una produzione annua di circa 3 milioni di ettolitri.
Un risultato che conferma l’impegno dei viticoltori italiani per la sostenibilità, ma anche la capacità imprenditoriale nel rispondere alle nuove domande dei consumatori per prodotti che rispettano l’ambiente, di alta qualità e legati al territorio. D’altra parte, nonostante l’incremento delle superfici bio a vite (+160% dal 2010), con Sicilia e Toscana regine sul podio green, tuttora rimane limitata la produzione (3 milioni di ettolitri il volume di vino biologico, pari al 6% del totale nazionale) e ancora più esiguo il consumo, pari all’1-2% delle vendite complessive, secondo Cia-Agricoltori Italiani, insieme alla sua associazione di riferimento Anabio, che rilanciano un memorandum in sei mosse con lo scopo di superare le difficoltà attuali e rilanciare lo sviluppo del settore. Partendo dallo snellimento delle procedure di certificazione di processo e di prodotto nonché dalla sburocratizzazione per favorire la conversione al bio delle aziende; continuando con l’attivazione di campagne informative e di comunicazione mirate a incentivare i consumi dei prodotti bio e a stimolare la domanda dei consumatori, in una fase in cui l’attenzione ad ambiente e sostenibilità è sempre più diffusa; prevedendo anche sgravi fiscali ai protagonisti del settore e maggiori sostegni a ricerca, innovazione e formazione. Assicurando, infine, l’uniformità delle regole all’interno dell’Ue riguardo la produzione e la commercializzazione del bio.
Ma il vino è anche un’opportunità di business per i più giovani: sono oltre 5.500 i giovani agricoltori e le giovani agricoltrici italiani che producono vino, il settore più gettonato dalle imprese under 35. In pratica, un’azienda su dieci tra quelle condotte da ragazzi e ragazze possiede una vigna, secondo la ricerca Coldiretti su dati del Centro Studi Divulga. Il tratto distintivo dei viticoltori under 35 è l’attenzione alla sostenibilità ambientale, una maggiore specializzazione nelle tecniche di marketing ed un uso costante dei social per la promozione del proprio prodotto, attraverso uno storytelling che parte dal territorio e dalle sue caratteristiche. Non a caso i giovani vantano una maggiore propensione all’export, con quasi un terzo delle aziende che vende all’estero, contro un quinto della media generale, secondo Divulga. Ma i produttori di vino under 35 rappresentano anche una delle fasce più impegnate nell’innovazione. con oltre il 70% che porta avanti attività multifunzionali, dalla trasformazione e vendita aziendale del vino all’enoturismo, fino alla vinoterapia. La regione con il maggior numero di produttori di vino under 35 è la Puglia, con oltre un sesto del totale, che precede Veneto e Sicilia.
A livello generale le aziende agricole dei giovani possiedono una superficie superiore di oltre il 54% alla media, un fatturato più elevato del 75% della media e il 50% di occupati per azienda in più.  

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