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VINO & STORIA

Dalla Vigna del Re della Reggia di Caserta che fu dei Borbone, dopo un bianco, rinasce un rosso

È l’OroRe Pallagrello Nero. Il direttore Tiziana Maffei: “la vocazione produttiva della corte borbonica trovava espressione anche nella viticoltura”

Re gaudente del Regno delle Due Sicilie, Ferdinando di Borbone, che agli obblighi di corte spesso preferiva la caccia e l’agricoltura, fu grande estimatore e consumatore di vino, al punto che fece impiantare 16 moggi di vigna - 5 ettari - nella Real Tenuta delle “Reali Delizie”. Costantemente presente nei pranzi ufficiali e di cui si faceva dono ai più illustri ospiti in visita a corte, quel vino era il Pallagrello. Dopo oltre un secolo, Tenuta Fontana ha fatto rinascere la Vigna del Re, oggi di 1,2 ettari, vendemmiandola per la prima volta nel 2021. Ed è qui che, dopo l’OroRe Pallagrello Bianco Igt, oggi rinasce anche un rosso, l’OroRe Pallagrello Nero Igt, che sarà presentato e degustato per la prima volta il 29 novembre alla Reggia di Caserta, capolavoro Patrimonio Unesco dell’architetto Luigi Vanvitelli voluto da Carlo di Borbone come residenza reale che esprimesse la grandezza del Regno di Napoli e di Sicilia, ma anche per finalità produttive, mostrando all’Europa la corte come un antesignano sistema economico autosufficiente, grazie ai 123 ettari del Parco ed ai 70 ettari del Bosco di San Silvestro, in cui si trova il vigneto e che è un’Oasi Wwf, sulla sommità della collina da dove scende la cascata che alimenta le fontane del Complesso Vanvitelliano. Lo sfondo è una Regione che, nel solco della fortunata “Denominazione” del naturalista latino Plinio il Vecchio di “Campania Felix”, sta valorizzando le sue bellezze puntando sempre di più sulla sintesi perfetta del legame tra enogastronomia e cultura che rende unica l’Italia, se solo si pensa a Pompei, vero e proprio giacimento di archeologia “agroalimentare”.
“Con orgoglio presentiamo il risultato tangibile di un grande lavoro di squadra - spiega Tiziana Maffei, direttore della Reggia di Caserta - un lavoro improntato alla valorizzazione dell’identità del Complesso vanvitelliano. La vocazione produttiva della corte borbonica trovava espressione anche nella vitivinicoltura. Nel progetto di Re Carlo e del suo architetto Luigi Vanvitelli, la Reggia doveva essere residenza reale, ma anche fucina di produttività e delle eccellenze del territorio. Oggi la Reggia di Caserta è un Museo contemporaneo e internazionale, vivo e attivo, al servizio della società e del suo sviluppo. OroRe è un’occasione per la Reggia di Caserta per far conoscere la sua storia, le sue origini e le sue molteplici vocazioni anche nel settore enologico. Per il pubblico, gli addetti ai lavori e il mercato per scoprire un prodotto unico al mondo, degno della tavola di un re”.
Nel dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli, datato 1797-1802, si legge come “i vini di questa contrada sono eccellenti, e sono de’ migliori del Regno così per la loro qualità e natura, come per la grata sensazione che risvegliano al palato. Vanno sotto il nome di Pallarelli e sono stimatissimi nei pranzi”. Originario della località Monticello nel Comune di Piedimonte Matese - origine attestata da un’epigrafe, ancora apposta in questa località, realizzata per volere di Ferdinando di Borbone che impediva categoricamente ai non autorizzati di attraversare i 27 moggi di vigna - del Pallagrello, il cui nome in dialetto napoletano è “U Pallarel”, cioè piccola palla, dai grappoli piccoli e con acini perfettamente sferici di questa varietà bacca bianca e a bacca nera, coltivata in Campania e molto diffusa nella Provincia di Caserta, si hanno numerose risultanze storiche, riconducibili secondo alcuni addirittura alla Pilleolata romana. Famosissimo sino a tutto l’Ottocento, se ne traeva uno dei vini favoriti dai Borbone. Questi, che lo tenevano in gran conto, lo offrivano come regalo di pregio ai propri ospiti e lo includevano, con il nome di Piedimonte Rosso, tra i vini presenti nei menu e nelle carte dei vini per le grandi occasioni, accanto ai più titolati vini francesi. Le infestazioni di oidio e fillossera dei primi anni del Novecento, assieme alla decadenza sociale e politica delle regioni meridionali (ed al contemporaneo sviluppo industriale dell’agricoltura e dell’enologia piemontese e toscana), ne decretarono una veloce scomparsa e un sostanziale oblìo nonostante le indubbie qualità ampelografiche. Rimaneva essenzialmente come uva da taglio nelle vigne dei contadini delle zone di produzione, sovente confuso con la Coda di Volpe o con cloni di Aglianico.
La sua bontà e fama lo fecero diventare anche il vitigno naturalmente destinato a essere coltivato per i sovrani alla Reggia di Caserta. Fu scelto come terreno quello del Bosco di San Silvestro, che domina il Parco reale. La vigna divenne subito la più importante nel servire e rifornire le reali tavole della Reggia di Caserta. Ma la caduta del Regno nelle mani dei Savoia, con l’abbandono del Palazzo reale, fece naturalmente abbandonare anche la vigna che praticamente sparì. Dei cinque ettari ad essa destinati nel Bosco di San Silvestro, quando Tenuta Fontana ha cominciato a recuperare il vigneto, solo un ettaro di terreno era rimasto libero per la coltivazione. Il resto era stato tutto riconquistato dal bosco.
Il progetto legato alla rinascita della vigna di San Silvestro nasce nel 2018 e ha visto la prima vendemmia nel settembre 2021, con la produzione di un migliaio di bottiglie di OroRe Pallagrello Bianco Igt, seguita nel 2023 da quella dell’OroRe Nero, Pallagrello Nero Igt. Per una corretta maturazione del vino senza interferenze del contenitore e per mantenere intatte le caratteristiche organolettiche del vitigno, è stata scelta l’anfora di terracotta come contenitore per l’affinamento. “Il risultato pensiamo sia un capolavoro dell’agricoltura e della vinificazione - spiegano Mariapina e Antonio Fontana, proprietari di Tenuta Fontana, con sede a Pietrelcina, il paesino di San Padre Pio - OroRe Bianco ha avuto un grande successo, ora tocca a OroRe Nero farsi conoscere e apprezzare. Ma ancor più importante è stato il processo di rinascita, un simbolo per il territorio casertano ma anche per tutto il Sud Italia”. L’azienda, in questo ambizioso percorso attento e difficile di rinascita della Vigna reale, ha coinvolto due importanti professionisti a livello nazionale: l’enologo fiorentino Francesco Bartoletti e l’agronomo livornese Stefano Bartolomei hanno utilizzato il metodo di coltivazione biologico in grado di salvaguardare l’ambiente privilegiando la qualità del prodotto, avvalendosi anche di una Ong accreditata Unesco, l’Associazione “Sant’Antuono e le battuglie pastellessa”, per il rispetto della convenzione sul patrimonio per la rivitalizzazione. Tanto che, nel luglio 2022, la rinascita della vigna della Reggia di Caserta è stata presentata anche all’Assemblea dell’Unesco.

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