Nuovo aggiornamento sulla telenovela dei dazi che continua a minacciare l’export italiano. Una storia che va avanti colpo su colpo, tra un tweet e l’altro, con scelte che possono generare il cosiddetto “effetto valanga”. Dopo la decisione del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump di imporre, dall’1 settembre, nuovi dazi del 10% sulle importazioni di beni dalla Cina per un valore di 300 miliardi di dollari, la Coldiretti ha lanciato l’ennesimo allarme: “Ci sono 4,5 miliardi di esportazioni Made in Italy, soprattutto vino e cibo, nella black list di prodotti sulla quale applicare un aumento delle tariffe all’importazioni fino al 100% del valore attuale elaborata dal Dipartimento del Commercio statunitense (Ustr) nell’ambito dello scontro sugli aiuti al settore aereonautico che coinvolge l’americana Boing e l’europea Airbus”. Nei giorni scorsi c’è stata tensione sull’asse Usa-Francia, dopo che Trump aveva minacciato, via Twitter, di colpire il vino francese come “vendetta” per la tassa annunciata da Macron e poi approvata dal Parlamento l’11 luglio, sulle grandi società digitali statunitensi come Google, Apple, Facebook e Amazon.
“Ho sempre detto che il vino americano è meglio di quello francese” ha scritto il Tycoon, ferendo l’orgoglio dei transalpini. Sulle relazioni commerciali con l’Unione Europea nell’agenda della Casa Bianca c’è un atteso intervento del Presidente che dovrebbe riguardare, tra l’altro, l’accordo raggiunto per l’esportazione in Europa in 7 anni di 35mila tonnellate di carne bovina americana senza ormoni concessa erga omnes nell’ambito della disputa Wto sul rifiuto Ue alla carne agli ormoni Usa.
“Si tratta della prima sfida che dovrà affrontare la nuova Commissione Europea guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen, in visita in Italia per l’incontro con il premier Giuseppe Conte, che dovrà gestire i complessi rapporti con lo storico alleato”, ha affermato il presidente Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare la necessità di “evitare uno scontro dagli scenari inediti e preoccupanti che rischia di determinare un pericoloso effetto valanga sull’economia e sulle relazioni tra le due sponde dell’Atlantico”. Nella black list ufficiale pubblicata sul registro Federale Usa, Coldiretti ricorda che ad essere maggiormente colpiti sono la Francia, l’Italia e la Germania. A pagare il conto più salato per il Belpaese è il Made in Italy agroalimentare con i suoi vini, formaggi, salumi, pasta, olio extravergine di oliva, agrumi, olive, uva, marmellate, succhi di frutta, pesche e pere in scatola, acqua, superalcolici e caffè. Ma anche altri settori, come moda, materiali da costruzione, metalli, moto e cosmetica sono nel mirino.
“In gioco - continua Coldiretti, citando i dati del suo studio - ci sono settori di punta dell’agroalimentare nazionale in Usa a partire dal vino che con un valore delle esportazioni di 1,5 miliardi di euro nel 2018 è il prodotto Made in Italy più colpito, l’olio di oliva le cui esportazioni nel 2018 sono state pari a 436 milioni, la pasta con 305 milioni, formaggi con 273 milioni. La mossa protezionista risponde alle sollecitazioni della lobby del falso Made in Italy alimentare che in Usa fattura 23 miliardi di euro secondo una stima della Coldiretti. Ad essere più imitati, infatti, sono proprio i salumi ed i formaggi italiani presenti nella lista. Infatti la produzione di imitazioni dei prodotti caseari in Usa, secondo l’analisi Coldiretti su dati Usda, ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni ed è realizzata per quasi i 2/3 in Wisconsin e California mentre lo Stato di New York si colloca al terzo posto”. L’associazione guidata da Prandini rimarca che in cima alla classifica c’è la mozzarella con 1,89 miliardi di kg all’anno, seguita dal Parmesan con 204 milioni di kg, dal provolone con 180 milioni kg, dalla ricotta con 108 milioni di kg e dal Romano con 26 milioni di kg realizzato però senza latte di pecora. “Il risultato è che sul mercato americano appena l’1% in quantità dei formaggi di tipo italiano consumati ha in realtà un legame con la realtà produttiva tricolore mentre il resto è realizzato sul suolo americano”.
Ma in Usa c’è chi si è mosso per contrastare i dazi: è il caso della North American Olive Oil Association (Naooa) che ha avviato una petizione a difesa dell’extravergine di oliva.
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