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L’ALLARME

Dazi Usa e boom delle imitazioni: l’Italian Sounding cresce del +15% e minaccia il made in Italy

A fare luce sulla situazione, i dati presentati da The European House - Ambrosetti all’edizione n. 9 del “Forum Food & Beverage” a Bormio (6-7 giugno)

L’ombra dei nuovi dazi americani si allunga sull’agroalimentare italiano, alimentando un fenomeno già preoccupante: l’“Italian Sounding”, ovvero l’uso di nomi, immagini o marchi che evocano il made in Italy senza essere stati realizzati in Italia. Secondo i dati presentati da The European House - Ambrosetti (Teha), durante l’edizione n. 9 del Forum Food & Beverage a Bormio (6-7 giugno), le imitazioni di cibi italiani negli Stati Uniti sono destinate a crescere del +15%, passando da 7,5 a 8,6 miliardi di euro. Un incremento di oltre 1 miliardo che rischia di penalizzare fortemente l’autenticità del made in Italy.
“Oltre 6 miliardi di euro di alimenti e bevande made in Italy dei 7,8 complessivi esportati negli Usa - ha spiegato Valerio De Molli, Managing Partner e Ceo Teha - sono prodotti che non hanno alternative sul mercato statunitense e perciò difficilmente sostituibili. Se questo può essere un vantaggio in termini di impatto sulle esportazioni, quando i dazi entreranno in vigore faranno crescere l’Italian Sounding, un mercato che colpisce soprattutto i prodotti non sostituibili e che oggi vale 69 miliardi di euro nel mondo, uno in più rispetto all’export agroalimentare italiano. Ciò significa che riducendo queste imitazioni l’export agroalimentare del nostro Paese potrebbe anche raddoppiare, specie negli Stati Uniti”.
“Gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato per l’agroalimentare italiano dopo la Germania, con esportazioni pari a 10,8 miliardi di euro. Tuttavia - afferma The European House Ambrosetti - i nuovi dazi potrebbero causare una contrazione dell’export fino a 1,3 miliardi di euro, anche se la stima più realistica si aggira intorno ai 300 milioni di euro, grazie all’unicità di molti prodotti italiani, difficilmente sostituibili”.
“Il fenomeno dell’Italian Sounding non è limitato agli Usa. In Giappone e Brasile - prosegue Teha - oltre il 70% dei prodotti che sembrano italiani non lo sono. In Germania, Regno Unito e Stati Uniti, la percentuale oscilla tra il 60% e il 67%. Anche in Cina, Australia e Paesi Bassi le imitazioni superano il 50%, mentre in Canada e Francia, la percentuale è poco inferiore al 50%”. I prodotti più contraffatti? Secondo The European House - Ambrosetti, ragù, Parmigiano, aceto balsamico, pesto, pizza, prosciutto, pasta di grano duro, Prosecco e salame. E le imitazioni risultano spesso più economiche: negli Usa, l’olio d’oliva contraffatto costa fino al 70% in meno dell’originale, la pasta il 54% in meno, e i salumi il 40%.
Ma nonostante il dilagare delle imitazioni, cresce anche la domanda di autenticità. I consumatori più attenti alla provenienza sono cinesi, giapponesi e canadesi, seguiti da tedeschi e australiani. Gli inglesi, invece, si dimostrano più sensibili al prezzo. I prodotti sui quali si cerca soprattutto la reale origine italiana sono specialmente l’olio d’oliva, l’aceto balsamico, il gorgonzola, la pasta di grano duro, il Prosecco, e così via.
“Da 4 anni Teha - afferma Benedetta Brioschi, responsabile Scenario Food & Retail & Sustainability e Project Leader della Community - The European House - Ambrosetti - elabora il “Manifesto per il contrasto all’Italian Sounding” composto da 8 raccomandazioni e una visione Paese. Sin dalla prima edizione abbiamo evidenziato la necessità di ridurre le barriere tariffarie e doganali, una direzione contraria alle attuali politiche protezionistiche in atto. Si potrebbe agire con nuovi accordi di libero scambio tra Unione Europea e Paesi internazionali e lavorando su rapporti bilaterali per le imprese agroalimentari”, conclude Brioschi.

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