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“Di significati il wine & food ne ha già tanti: quello che deve fare chi produce è tirare fuori quelli giusti per il consumatore medio”. Così a WineNews Vincenzo Russo (Iulm). Insegnare il piacere di mangiare e bere? “Assolutamente sì, si può fare”

Cibo e mente, umore e bere, esperienze sensoriali, come cuciniamo, come versiamo il vino: ma non si rischia di caricare di troppi significati il wine & food? “Ne ha già tanti che porta con sé: quello che dobbiamo fare è tirare fuori quelli giusti, e che spesso stanno più nella mente di chi li produce che di chi ne fruisce. Spesso ci troviamo di fronte a bellissime bottiglie ed etichette fatte secondo la logica del produttore o dell’esperto, senza chiedersi quello che emoziona il consumatore finale. L’obbiettivo è tirar fuori quello che veramente colpisce il consumatore medio, diverso da quello esperto”. Lo ha detto, a WineNews, da “Wine2Wine”, ieri a Verona, Vincenzo Russo, professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing e direttore del Master Food&Wine Communication della Iulm di Milano. Secondo il quale, “assolutamente sì”, si può insegnare a provare piacere nel mangiare e nel bere e nel come lo si fa, per migliorare la qualità della nostra vita: “grazie a ricerche neuroscientifiche, abbiamo la dimostrazione che la comunicazione modifica le aspettative, le aspettative attivano alcune parti del cervello, e un prodotto che senza il supporto della comunicazione viene concepito gradevole da 1 a 5, con la comunicazione può migliorare la sua gradevolezza. Perchè noi assaggiamo prima con il cervello e le emozioni, che con la lingua. E si può insegnare a percepire i prodotti diversamente: quello che, per esempio, fa un sommelier. Se io riesco ad emozionare con tutte le modalità possibili ed immaginabili, dalla comunicazione all’ambiente, alle persone con cui si mangia, una percezione media del prodotto, diventa più buona, anche di quanto non lo sia veramente”.
Un pollo della nonna è molto più tenero di un pollo tenero, un pacchetto di patatine che si apre con difficoltà è percepito come più fresco di un pacchetto di patatine che si apre facilmente. A Verona se ne è parlato nel workshop “Il Cibo e la mente, come la percezione del vino condiziona le decisioni di acquisto”, e nel quale Vincenzo Russo ha spiegato che da ricerche effettuate con la stimolazione sensoriale emerge che l’attivazione dei muscoli facciali del lato destro mostrano una percezione negativa, mentre quelli del lato sinistro evidenziano una sensazione positiva, pertanto i test utilizzati per sondare le possibilità di seduzione di un prodotto prima di essere immesso sul mercato sono sempre più sofisticati, e rivolti al consumatore cercando di conoscerne le reazioni. Anche la decisione di inserire uno sconto sulla confezione e dove inserirla viene valutata attentamente. La dicitura “non contiene nitrati”, viene percepita come positiva, anche se magari non è neppure prevedibile che quel prodotto in vendita possa prevedere i nitrati. Così le cantine sempre più interessate al mercato internazionale si affidano ai trucchi del marketing per commercializzare i propri vini. Non basta un buon prodotto e un ottimo vino, servono le diavolerie della pubblicità e del marketing che insegnano anche dove nascondere nella confezione, o rendere un po’ meno visibile una caratteristica non proprio positiva, e come esaltare un elemento di qualità.
Insomma, ha detto Russo a WineNews, “se il mangiare e il bere ci provocano emozioni, questo modifica le nostre decisioni. Le neuroscienze ci raccontano oggi che il nostro sistema emozionale è fortemente collegato con quello del gusto e dell’olfatto, in più abbiamo prima un passaggio della razionalizzazione e della memorizzazione, e sappiamo che se un prodotto ci ha fatto male non solo lo memorizziamo bene, ma non lo possiamo più sentire. Se, invece, al contrario, provo un’emozione positiva, si crea un mercatore somatico, un cambiamento strutturale anche a livello cerebrale che mette insieme l’immagine olfattiva, che lega emozione e memoria ad un particolare profumo”.

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