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SEMINARIO

Dibattito Oiv: il vino naturale, tra nomenclatura, filosofia, stile produttivo e gusto

La ricerca di una maggiore purezza è un sicuro atout per il vino del futuro. Il territorio conta più delle varietà e delle denominazioni
LUIGI MOIO, OIV, VINO NATURALE, VITICOLTURA, Archivio
Il dibattito sul vino naturale

Il tema dei vini naturali suscita ormai da anni accesi dibattiti, a partire dalla nomenclatura, specie quando si raffrontano i vini naturali con quelli di altro tipo: vini convenzionali, vini non convenzionali, vini tradizionali, vini classici, le opinioni della comunità enoica internazionale sulla corretta terminologia da usare sono divergenti. Per questioni di comodità, l’Oiv - Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, ha scelto di mettere a confronto i cosiddetti “vini naturali” con i “vini classici”, al centro del seminario, online, “Comprendere il fenomeno dei vini naturali”, con Jamie Goode, firma enoica del “The Sunday Express”, Luigi Moio, professore di Enologia all’Università di Napoli e vicepresidente dell’Oiv, Christelle Pineau ricercatrice in antropologia sociale ed etnologia, Natalie Christensen, tra le enologhe più influenti al mondo, e Jaques Dupont, scrittore e giornalista del vino tra i più apprezzati di Francia, moderati dal capo dell’Unità “Enologia” dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (Oiv), Guido Baldeschi.
Partendo dalla fine, emergono dal seminario due filosofie e prospettive diverse. E questo dimostra che molti produttori e attori del settore, che provengano o meno dal movimento del vino naturale, guardano nella stessa direzione: interventi minimi per ottenere la massima purezza. Oltre che sulle modalità produttive, il seminario ha fatto luce sulle aspettative degli amanti del vino e sulle loro esperienze di consumo quando si concedono un bicchiere di vino: l’aspetto sociale è fondamentale nel dibattito che gravita intorno al vino naturale. La passione per il vino, in sostanza, riesce ad avvicinare le persone in tutto il mondo, anche nei momenti difficili che stiamo vivendo: al di là della filosofia, la ricerca di una maggiore purezza è un sicuro atout per il vino.

Andando a riavvolgere il nastro, il webinar prende le mosse dall’intervento di Christelle Pineau, che ha tracciato un dettagliato panorama antropologico, sottolineando che persino nell’ambito del cosiddetto “movimento del vino naturale” le definizioni possibili sono molto varie. Jacques Dupont ha riconosciuto il “desiderio di un ritorno alla natura e alla purezza delle origini”, pur ammettendo che esiste una certa confusione tra i consumatori, non sempre in grado di distinguere i vini naturali dai vini biologici. La difficoltà principale risiede nel fatto che le persone non hanno un’esatta nozione del vino naturale. Natalie Christensen ha parlato del “crescente interesse nei confronti della produzione naturale nell’emisfero sud. La Nuova Zelanda è un Paese molto aperto all’innovazione, con una popolazione alla continua ricerca di novità, grazie soprattutto alla significativa presenza delle giovani generazioni nel settore vitivinicolo”.
In merito a un’eventuale globalizzazione del gusto, che potrebbe aver determinato la popolarità del vino naturale, Luigi Moio sostiene che il punto di forza del vino risiede precisamente nella sua diversità. “Esistono ovviamente varietà internazionali come il Merlot e lo Chardonnay ma, oltre a queste, le persone sono alla ricerca di vini peculiari, vini regionali. L’importanza che viene oggi attribuita al terroir garantisce una diversità addirittura maggiore rispetto al passato”. Jamie Goode ha sottolineato la tendenza generale a lasciarsi alle spalle gli stereotipi, perché “in fatto di vini naturali, l’elemento più importante non è la varietà, quanto piuttosto il territorio”.
Centrale, nel discorso sui vini naturali, la questione del gusto. Che il capo dell’Unità “Enologia” Oiv, Guido Baldeschi, ha spiegato così: “il concetto di vivacità nei vini naturali deriva dal fatto che non viene bloccata la parte viva durante la vinificazione e fino all’imbottigliamento”. Anche se, come ha fatto notare Luigi Moio, “i vini naturali possono essere in molti casi ossidati, evenienza, questa, che andrebbe evitata”. Quanto alle modalità di degustazione, Jacques Dupont ha affermato che i critici enologici non dovrebbero essere al corrente della filosofia produttiva prima che il vino sia stato assaggiato e valutato, poiché “la degustazione alla cieca di un vino consente un apprezzamento scevro da preconcetti”. A suo avviso, “per produrre vino naturale di alta qualità è necessario avere una conoscenza approfondita”. Jamie Goode ha sottolineato invece che “la soglia discriminante fra la soggettività del gusto e la norma varia da persona a persona”. La domanda, allora, è: su quali basi si possa stabilire che un vino sia difettoso o meno, o se il gusto di topo o sudore di cavallo si debbano considerare un segno distintivo o un difetto?
Parlando invece di metodi di produzione, e quindi l’aggiunta di solfiti in fase di vinificazione, Natalie Christensen ha indicato quali sono rischi e vantaggi derivanti dal loro mancato uso. A suo parere, quando la SO2 non viene impiegata, si può ottenere un vino con sentori nuovi, non altrimenti percepibili. Ma, d’altro canto, “produrre vino senza SO2 può essere un rischio per l’azienda, anche se qualcuno direbbe che “chi non risica non rosica””. Come ha spiegato Guido Baldeschi, l’anidride solforosa svolge un’azione antiossidante e antimicrobica e consente quindi al vino di invecchiare. A proposito del concetto di “vino da invecchiamento” e “vino invecchiato” per quanto concerne i vini naturali, per Jamie Goode “nei vini naturali si possano individuare precocemente alcune note di invecchiamento”. Non è tuttavia possibile affermarlo con certezza, poiché i vini naturali vengono consumati prevalentemente giovani.
Luigi Moio, a tal proposito, spiega nel suo ultimo libro, “Il respiro del vino”, che “un lievito selezionato non ha nulla di chimico” e che “un lievito indigeno presente nelle uve o in cantina non conosce il suo ruolo nella fermentazione alcolica”. Per questo le critiche mosse alle moderne tecnologie non sono giustificate, perché “la conoscenza della microbiologia è essenziale, non tanto in funzione di uno specifico intervento, quanto per favorire i processi di fermentazione”. Se c’è un aspetto che vini naturali mettono in discussione, è il concetto di “denominazione”. Come ha ricordato Jacques Dupont, “il sistema delle denominazioni era nato per contrastare le frodi, non si tratta di una garanzia in termini di gusto ma di un attestato di origine. I gusti dei consumatori sono in continua evoluzione ed è necessario aprire le porte a stili di vino diversi”.

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