Dopo un 2017 da record, chiuso con una produzione di 15,6 milioni di ettolitri sui 14,5 del 2016, di cui 2,7 destinati all’export (+7,9%), con un fatturato di 2,9 miliardi di euro (+1,8%) ed un consumo procapite mai così alto, a 31,8 litri all’anno, per la birra in Italia anche la prima metà del 2018 è stata decisamente positiva, con le vendite a +4% sullo stesso periodo 2017. A dirlo l’Assobirra Monitor, lanciato dall’associazione che rappresenta il 90% della produzione di birra nazionale e il 71% di quella immessa al consumo, alla vigilia della “Giornata Internazionale della Birra”, che per il 3 agosto prevede celebrazioni in oltre 200 città in tutto il mondo.
Dati che confermano, dunque, un trend positivo, in vista dei prossimi mesi che saranno un periodo chiave per i risultati dell’anno considerato che la stagione cruciale per la birra, ricorda Assobirra, va da maggio a settembre, un intervallo di tempo in cui ogni anno si registra quasi il 50% delle vendite complessive.
“I dati di metà anno - sottolinea l’osservatorio - testimoniano come quello birrario sia un settore in fermento, sia in termini di produzione che di consumi. Negli ultimi anni sempre più categorie di italiani si sono avvicinati alla birra facendola diventare parte integrante della loro dieta mediterranea. Nell’ultimo quinquennio si è poi assistito anche ad una crescita delle birre speciali, a testimonianza di come il “palato collettivo” degli italiani sia costantemente alla ricerca di nuovi gusti e sapori. Parallelamente, sul fronte produttivo, è esploso il fenomeno dei micro birrifici, mastri birrai in gran parte giovani che in tutta Italia hanno fatto della birra artigianale una professione. Tutti gli investimenti che hanno riguardato questo settore hanno favorito nell’ultimo anno una crescita dell’occupazione dell’intero comparto brassicolo di 3.000 unità, anche se in Italia la birra resta l’unica bevanda da pasto a pagare le accise”.
“L’Italia - spiega Michele Cason, Presidente AssoBirra - è il decimo Paese produttore di birra in Europa. Con le sue 7.000 etichette si tratta, però, di un settore vivace che vede i marchi storici produrre in Italia ed imprese grandi e piccole esportare lo stile italiano nel mondo. Il crescente interesse di nuove categorie di consumatori e di una nuova generazione di imprenditori dimostra come ci siano le condizioni per uno sviluppo del settore. Le priorità sono una riduzione della pressione fiscale e l’approvazione di una riforma di legge sulla birra che in Italia risale al 1962. Negli ultimi anni il ventaglio di possibilità di produzione è molto cresciuto e i birrai valorizzano sempre più materie prime locali. La nuova legge deve tener conto dell’evoluzione della cultura birraria ed incoraggiare un approccio che si sta rilevando vincente per imprese e territori, con impatti dall’agricoltura alla distribuzione. In questo scenario - conclude Cason - a nostro avviso è strategico che tutti gli addetti ai lavori possano periodicamente consultare un aggiornamento dell’andamento del mercato per misurare l’efficacia degli interventi che ci auspichiamo vengano introdotti per un settore che può continuare a garantire crescita e occupazione”.
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