- Egitto, la Sahara Vineyards nasce in Toscana
Karim Hwaidak, uomo d’affari egiziano e grande appassionato di vino, l’ispirazione di impiantare vigneti nel Sahara, l’ha trovata nel sud della Toscana, a Petroio, dove la sua famiglia ha una seconda casa. “Vivere tra i vigneti di una zona di produzione vinicola così eccezionale (quella di Petroio, ndr) mi ha fatto sentire il bisogno di tramutare il mio sogno di sempre, in realtà: dovevo produrre un vino tutto mio. Ovviamente - racconta l’imprenditore - il primo passo è stato di coltivare alcune uve proprio in Toscana: un piccolo vigneto che potevo vedere dalla finestra quando mi svegliavo. Ma non era abbastanza. Coltivare vigne nel deserto (del Sahara, ndr) è la sfida che stavo cercando, un’iniziativa da pionieri così come da pionieri è la mia impresa”.
Oggi l’azienda Sahara Vineyards ha in produzione vigneti situati ad una cinquantina di chilometri dal Cairo e nei pressi dell’antica città di Luxor, per un totale di 223 ettari impiantati con 16 varietà di uve rosse e 14 varietà di uve bianche. La prima produzione di bianchi risale al 2007 con un blend di Viognier e Chardonnay mentre per quanto riguarda i rossi, un blend di Syrah e Carignan, sono da poco tempo in commercio. Lo staff aziendale è imperniato sulla figura dello spagnolo Jose Lluiz Perez , un grande consulente con un’importante esperienza nel Priorat, in Catalogna. L’Egitto vanta un’antica tradizione vinicola. La coltivazione dell’uva è comprovata da ritrovamenti risalenti a epoche preistoriche (el Omari), alla Prima Dinastia (Abydos) e alla Terza Dinastia (Sakkara). La vite comune vitis vinifera e le tecniche di viticoltura furono introdotte per la prima volta in Egitto grazie probabilmente alla Siria e alla Palestina.
Dal punto di vista agronomico risulta decisiva l’irrigazione a goccia che permette di controllare perfettamente la crescita delle viti mentre i sensori dell’umidità del terreno, collegati a un programma di analisi, ne regolano la gestione in tempo reale. E’ così possibile raccogliere delle uve perfettamente mature per contenuto zuccherino e maturazione delle bucce.
- Brasile, la prima volta di un ice-wine
Grazie ad un’ondata di freddo fuori dal comune, il 5 giugno, nella parte meridionale del Brasile, Distretto di Perico, a Joaquin - Santa Caterina, la Vinicola Pericó ha prodotto il primo ice-wine della storia brasiliana. Nei vigneti dell’azienda, situati a 1.300 metri di altitudine, la temperatura è scesa fino a -7,5°C - un valore da record - permettendo così di raccogliere gli acini d’uva congelati. Queste condizioni estreme permettono di produrre un vino concentrato, dolce ma con un’ottima acidità e profumi ricchi e sontuosi. La tradizione degli ice-wine o eiswine è molto diffusa in Germania, Austria e Canada mentre in altri paesi è più rara perché non sempre le condizioni climatiche permettono di raggiungere temperature così basse. Negli ultimi anni, poi, il riscaldamento del pianeta ha reso più difficile la produzione di questi vini. Nell’ice-wine brasiliano sarà davvero una rarità.
- Australia, vendemmia 2009 pericolo quantità
Secondo le stime pubblicate a fine giugno dalla Winemaker’s Federation of Australia (Wfa), la vendemmia 2009 nel paese dovrebbe produrre 1,71 milioni di tonnellate di uva, in calo (-7%) sul 2008, ma in eccesso rispetto ai fabbisogni. Infatti, stante la situazione, il surplus di produzione sarebbe pari a 4,76 milioni di ettolitri cioè a dire il 40% delle vendite annuali sul mercato interno e all’export. La Wfa aveva recentemente raccomandato un riduzione del 20% della produzione non solo per sostenere la remuneratività dei vigneti o dei prezzi delle uve ma anche l’occupazione nel settore. Secondo Lawrie Stanford, direttore del dipartimento informazione e analisi della agenzia statale Wine Australia, organismo che si occupa di promozione all’estero, “a medio termine pensiamo ad una dimensione dell’industria del vino più modesta in grandezza e più ambiziosa in qualità. Siamo coscienti di essere cresciuti in volume anche troppo, ora è il momento di prendere le distanze”. Dello stesso parere anche Stephen Strachan, direttore della Wfa, che aggiunge “se l’industria vinicola australiana vuole sopravvivere si deve mettere in testa di ridurre la produzione dal 10% al 20%”.
- Nuova Zelanda, la vendemmia abbondante non fa paura
Secondo le stime, la vendemmia in Nuova Zelanda sarà abbondante ma l’industria vinicola non è preoccupata per la crescita della quantità. Un raccolto da 285.000 tonnellate è in linea con il 2008 e in crescita del 39% sul 2007. Secondo David Cox, direttore dell’associazione New Zealand Winegrowers, di stanza nel Regno Unito, “le esportazioni godono di buona salute e in modo particolare stanno crescendo i vini premium, mentre i vini sfusi hanno subìto dei leggeri abbassamenti di prezzo”. Cox ha, poi, proseguito dicendo che “è molto importante non svendere vini sfusi ai brokers e ai rivenditori che poi ci possono danneggiare con vini a prezzi bassi”. I dati comunicati nel giugno 2009 confermano che le esportazioni sono cresciute del 14% toccando quota $800 milioni - l’Australia è diventata il primo mercato per valore nelle esportazioni - ma l’obiettivo entro il 2010 è arrivare ad $1,000,000,000. Una realtà in continuo movimento la Nuova Zelanda che solo per i programmi di ricerca sul Pinot Nero, vitigno emergente tra quelli a bacca rossa, ha deciso di investire più di $1 milione.
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