Il Ministro per le Politiche Agricole Paolo de Castro, a winenews.tv, qualche giorno fa ha definito l’introduzione delle fascette ministeriale anche sui vini Doc “una tutela in più per il consumatore ma anche per i produttori”. Ma Federvini, la Confindustria del settore, non è d’accordo con il ministro. I perché li spiega Mario Consorte, enologo e vicepresidente Federvini: “innanzitutto ci vuole un metodo solo per tutti, non è possibile rimandare a ciascun Consorzio la scelta tra fascette o altri codici alfanumerici “stampigliati” sul collo della bottiglia o sulla controetichetta”.
“Poi - continua Consorte - c’è il rischio di creare confusione nel consumatore, nella valutazione tra due bottiglie che pur assolvendo agli stessi obblighi di rappresentazione di origine e di controllo, si esprimono attraverso o una fascetta che ha il marchio dello stato che da una sensazione di controllo avvenuto, o con un’indicazione di codici alfanumerici che passa inosservata e che comunque risulterebbe di minor impatto sul consumatore come testimonianza del controllo effettuato”.
Da considerare poi le procedure di approvvigionamento delle fascette e la burocrazia: “bisognerebbe fare previsioni l’anno prima per la vendemmia dell’anno dopo per la richiesta del fabbisogno totale delle fascette, e poi c’è tutta la farriginosità del procedimento - conclude Consorte - che deve passare da un ministero all’altro fino al Poligrafico dello Stato che deve produrre una quantità ingentissima di fascette da distribuire poi alle aziende, con il rischio di creare forti ritardi e disagi nella produzione. Questo ci terrorizza”.
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