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SEGNALI POSITIVI

Fine wines e ristoranti, la ripresa si sente, ed il 35% consumatori pronto a spendere di più

Il rapporto Nomisma Wine Monitor per Istituto Grandi Marchi, che riunisce 18 top brand del vino italiano. La denominazione primo criterio di scelta

Il 2021 ha portato ad un buon recupero delle vendite di food e wine nella ristorazione italiana, un rimbalzo del +22,3% sul 2020, sopra i 66 miliardi di euro, che fa ben sperare per le prospettive dei fine wines, per i quali la ristorazione rappresenta un canale di importanza strategica. Non solo commerciale, ma anche culturale, una spinta a quell’“upgrading” degli enoappassionati tricolori, che oggi dimostrano di essere più consapevoli e autonomi nelle scelte. Tanto che l’88% nel 2021 ha ritenuto importante la presenza dei marchi a denominazione sul vino da ordinare fuori casa (contro l’86% del 2019), così come la marca-cantina nota che resta importante per l’82%, la provenienza locale (80% contro il 78% precedente) e i vitigni autoctoni (79% contro il 77% del 2019). E anche se nel 2021 siamo rimasti lontani dai livelli di fatturato del 2019, in cui il “food service” in Italia si attestava a 85,5 miliardi (-22,4%), le prospettive dei vini di pregio nel mercato nazionale sono promettenti, visto che le quantità totale del vino consumato fuori casa è salito nel 2021 al 9%, dal precedente 6%, la differenza tra chi ha aumentato e diminuito la spesa di vino nel fuori casa è passata dal -27% del 2020 al -19% del 2021. E, soprattutto, il 35% dei consumatori prevede che, nel 2022, la spesa di vino fuori casa crescerà, in primis perché si andrà più ristoranti. Sono i dati principali che emergono dal Rapporto “Vino e ristorazione tra Covid e dintorni, posizionamento e prospettive per i fine wines nel mercato italiano”, curata da Nomisma-Wine Monitor per conto di Istituto Grandi Marchi (che mette insieme 18 dei più prestigiosi nomi del vino italiano, Alois Lageder, Folonari Tenute, Antinori, Argiolas, Ca’ del Bosco, Carpenè Malvolti, Col d’Orcia, Donnafugata, Jermann, Lungarotti, Masi, Mastroberardino, Michele Chiarlo, Pio Cesare, Rivera, Tasca d’Almerita, Tenuta San Guido e Umani Ronchi) e presentata nel salone della Stampa Estera a Roma.
Lo studio si è svolto in due diverse fasi temporali: ottobre 2020 e settembre 2021. Uno spazio di un anno, inquadrato in un periodo pandemico che ha mutato e riposizionato le scelte e le abitudini dei consumatori, e che ha alla fine ha comunque dato l’indicazione positiva “dell’irrobustirsi della percezione dell’importanza della qualità dei fine wines”, come ha dichiarato il presidente Istituto Grandi Marchi, Piero Mastroberardino. Sulle prospettive dei fine wines nel 2022, lo stesso Mastroberardino ha osservato, ai microfoni di Winenews, di ritenersi “moderatamente fiducioso e ottimista, c’è voglia di tornare a recuperare posizioni sui canali classici come l’horeca e c’è voglia di capire come raccogliere i frutti della semina fatta in questo periodo su quei canali alternativi che nel periodo dell’emergenza sono stati valorizzati anche con prodotti di più alto posizionamento. Per i mercati internazionali, stiamo ripopolando le agende dei viaggi, degli eventi all’estero, quindi siamo contenti, la sensazione è che ci sia voglia di riaprire”.
“Il Covid - aggiunge Piero Mastroberardino - ha portato le aziende ad avere più tempo per ripensare i propri prodotti interni, il proprio posizionamento. Personalmente ho sfruttato questa limitazione ai viaggi lavorando molto all’interno, recuperando quindi qualcosa in precedenza trascurato per le dinamiche delle trasferte. Oggi mi sento più pronto e confido che questa cosa riguardi molti dei miei colleghi. Oggi abbiamo un vino italiano più maturo, più consapevole di se stesso, delle sue potenzialità è più capace di centrare un posizionamento vincente sul piano internazionale”.
Mentre i ristoranti chinavano la testa sul piano delle vendite di cibo e vino, il settore enoico si è consolato con l’aumento delle vendite su canali alternativi che hanno dato spinta come mai accaduto in passato: tra Iper, super, cash&carry, discount e e-commerce di siti generalisti (catene retail + Amazon) - ha rilevato il rapporto - l’aumento è stato del 5% nel 2021 sul 2020 e del 12% nel 2021 sul 2019. Tutto questo mentre l’export ha continuato in terreno positivo e nel 2021 le consegne di vino italiano all’estero sono aumentate del 12% sul 2019, arrivando a quota oltre 7 miliardi.
Il presidente Mastroberardino ha sottolineato l’appoggio e la vicinanza dell’Istituto Grandi Marchi al settore della ristorazione, considerato cruciale per i fine wines, che ha molto sofferto per le troppe restrizioni dettate dalla pandemia, soprattutto nell’anno iniziale dell’emergenza. “Non è certo un caso che il nostro gruppo, nella fase più dura della pandemia - ha detto - abbia dimostrato in tutti i modi possibili la propria vicinanza al settore ristorativo, con iniziative dedicate alla promozione di questa grande risorsa della socio-economia nazionale”.
Come piccola consolazione per i ristoranti, secondo quanto rileva la ricerca Nomisma, il fatto che sono stati la tipologia di locale che nell’outdoor ha fronteggiato meglio la contrazione dei consumi (il 41% dei consumatori di vino fuori casa ha diminuito la spesa su questo canale, contro il 46% di winebar, enoteche, pub e bar). Secondo la ricerca, ancora, i Millennials sono fortemente orientati al consumo di vino fuori casa, con un 55% di loro che rappresenta il profilo del consumatore tipo, che inoltre, è in prevalenza uomo, del Nord Italia, con un titolo di studio e un reddito medio alto. Se nel 2020, l’anno duro della pandemia, il 34% delle persone ha consumato vino fuori casa, nel 2021 si è passati al 54%.
Per le scelte di consumo al tavolo del ristorante, pur sempre nell’ottica di un calo generale, dovuto soprattutto alle restrizioni, a reggere meglio sono stati i vini consumati al calice, e le occasioni meno penalizzate sono state quelle “speciali” (feste e compleanni), mentre hanno sofferto maggiormente quelle “formali” (pranzi e cene di lavoro). Per quanto riguarda i driver di scelta, come abbiamo detto, sono trainanti i vini a denominazione, i brand noti e la provenienza locale o da vitigni autoctoni. Ma la ricerca Nomisma-Igm, evidenzia anche la maggiore attenzione del consumatore per gli aspetti “green” e quindi il 64% dichiara massima attenzione per ambiente e salute, mentre il 22% attribuisce più importanza al vino sostenibile rispetto al 2019.
“Dopo due anni di convivenza con il coronavirus - ha sottolineato Denis Pantini, responsabile Nomisma Wine Monitor - la nostra ricerca evidenzia prospettive di crescita per l’anno in corso, trainate da un maggior desiderio degli italiani di cenare al ristorante. Il tutto contraddistinto da una sempre maggiore attenzione nei confronti di vini di alta qualità e di fascia premium che trovano nel canale della ristorazione il loro habitat naturale. “Durante questi due anni di Covid - ha aggiunto Pantini ai microfoni di Winenews - non si è smesso di consumare vino, il consumo si è spostato per canali e quello della ristorazione, tra stop e go, è un canale che ha ripreso a vendere i vini di qualità e dove e il consumatore non ha rinunciato a questa qualità, e questo è un segnale della premiumization dei consumi che da alcuni anni si registra in Italia e riguarda soprattutto la gdo”.
La presentazione di questo rapporto Nomisma Wine Monitor è stata anche l’occasione per riflettere sugli impatti negativi del caro-energia e caro materie prime sul settore vitivinicolo, con materiali di imballaggio e confezionamento come carta, vetro, legno che segnalano forti aumenti e arrivano con forti ritardi rispetto agli ordini delle azienda. Chiara Lungarotti (che, con la sua storica cantina, è nell’Istituto Grandi Marchi, ed è uno dei riferimenti del vino dell’Umbria), ha osservato, a Winenews, che “questo scenario ha impatto sulla redditività, e colpisce soprattutto le aziende che hanno meno potere contrattuale. Dobbiamo tutti sperare che questa crisi si risolva il prima possibile”.

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