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FORUM A TRENTO - RISTORAZIONE ITALIANA: NON SOLO CRISI, RIVEDERE MODELLO, DA SCELTA MATERIE PRIME A PREZZI, CON OCCHIO A POTENZIALITÀ DEL TURISMO. SCABIN: “RI-FARE UNA NUOVA TRATTORIA ITALIANA”. FOCUS: “CUCINA IN TV, BENE O MALE? BENE, MA …”

“La crisi c’è e si sente; sono tempi difficili, ma non è l’unica spiegazione di una situazione difficile per la ristorazione italiana: troppi, infatti, hanno pensato che per fare il ristoratore bastasse saper cucinare. C’è, in questo senso, carenza di imprenditorialità. Il quadro nazionale della ristorazione non è, quindi, dei più confortanti: tra i ristoranti che entrano nella mia “Guida de L’Espresso” (la più venduta e consultata d’Italia, ndr), conto negli ultimi due anni più chiusure e ridimensionamenti che nei 10 anni precedenti”. Il direttore delle Guide de L’Espresso, Enzo Vizzari, con le sue parole, nel convegno, oggi, a Trento, una delle patrie delle migliori bollicine d’Italia, su “Le nuove frontiere della ristorazione italiana”, non lascia dubbi sullo “status quo” di uno dei suoi settori economici più qualificanti del nostro Paese.

Parole confermate anche da Davide Scabin, anima del ristorante “Combal.Zero” di Rivoli (Torino) ed attualmente lo chef più televisivo d’Italia, per la sua partecipazione come attore principale al format (in prima serata, su Rai 1) “La Terra dei Cuochi”. “Non è più sufficiente essere artigiani, ma serve organizzazione, soprattutto in fascia alta, un livello che richiede anche dinamiche di immagine, con l’organizzazione di congressi e tavole rotonde. Altrimenti non ci stai nella fascia alta della ristorazione”. “Deve, quindi, partire uno stimolo a rivedere il modello, dalla scelta delle materie prime alla politica dei prezzi con un occhio più attento - ha continuato Scabin - alle potenzialità del turismo italiano: siamo stati da sempre un popolo di trattori e non di ristoratori. Occorre più organizzazione, il modello famigliare non basta più; le nonne sono una risorsa incredibile, ma non più sufficienti: bisogna, su questo aspetto, capire che il nostro presente e futuro sono i giovani, ed è su di loro che dobbiamo investire per riprodurre le ricette dei nostri territori e della nostra memoria e per salvarle dall’oblio”. Quindi, formazione, ma “senza dar colpa alle istituzioni, siamo noi addetti ai lavori che dobbiamo farla, rivitalizzando gli istituti alberghieri e metterci a disposizione, andare a fare lezione, anche gratuitamente”.

“L’alta cucina - ha chiuso Scabin - sono in pochi a capirla ed anche a pagarla: in poche parole, a tutti piace mangiare bene, ma pochissimi sono disposti a pagare l’altissima qualità, che ha dei costi che non si può immaginare. C’è, invece, un grande spazio per ridisegnare una nuova “trattoria italiana””.

Paolo Marchi, giornalista, enogastronomico e patron del congresso internazionale di cucina d’autore “Identità Golose”, ha poi aperto ulteriormente il campo di discussione: “giusto interrogarsi sulla ristorazione, ma in Italia il problema è più generale; è un problema anche di politica, soprattutto di scelte turistiche a livello nazionale. È vero anche che tra ristoratori non si fa sistema, perché siamo subito pronti a parlare male dei colleghi, mentre invece sapere mandare avanti i migliori fa crescere tutto il movimento”. Nel concreto, secondo Paolo Marchi: “i ristoratori del territorio devono essere più lungimiranti, investire sui servizi: pensiamo solo alla destagionalizzazione, ai servizi sui trasporti, al settore conferenze-convegni. Fino alle cose più banali, dal sito internet con menù, prezzi, orari, magari in lingue straniere. In altre parole, puntare sull’accoglienza, un concetto ampio che riassume tutti i precedenti”.

Non solo le istituzioni, però, perché in Italia manca imprenditorialità, e tanta. Ne è convinto Luigi Cremona, critico gastronomico: “i prodotti in Italia ci sono, il problema è che ci stanno scippando la ristorazione perché il made in Italy è un brand vincente all’estero, solo che viene sfruttata da stranieri, mentre gli italiani latitano. Colpa del nanismo imprenditoriale; pensiamo che la cucina italiana è la più amata nel mondo e questo la dice lunga”. “Non siamo capaci - ha detto Cremona - di fare sistema, siamo individualisti Mancano figure di spicco che prendano in mano la situazione e facciano da punto di riferimento. Non continuiamo a dare colpa alle istituzioni …”.

E allora cosa può fare la ristorazione italiana per uscire da questo letargo? “Occorre, in primis, fare sistema - ha spiegato ancora Vizzari - a livello di categoria e di territori: non c’è una ricetta indifferenziata perché i problemi evidenziati sono a livello di sistema-Italia. La filiera agroalimentare e turismo è l’unica risorsa forte del nostro Paese per il futuro; finora non è stata sfruttata a dovere, anche se il mito del wine & food e della ristorazione dell’Italia all’estero è forte. Serve una cultura maggiore, partire dal marketing e arrivare alla comunicazione e al web. Il passaggio più importante, finale e sublime, sarebbe l’ unione tra i nostri tesori d’arte e dell’enogastronomia. E allora il finale lo potete immaginare ...”.

“L’Italia ha bisogno di wake up, di svegliarsi, in tutti i settori - ha chiuso Cristiano Seganfreddo, il curatore del “Corriere Innovazione”, l’inserto che, il primo quotidiano nazionale “Corriere della Sera”, dedica all’avanguardia e alle nuove tecnologie - il gap con altri Paesi attualmente esiste non solo a causa delle speculazioni della finanza, ma anche per la mancanza di una corretta comunicazione delle eccellenze che l'Italia possiede. Certo, il digitale non è la panacea di tutti i mali, ma è un punto di partenza che deve sposarsi con concetti come qualità, identità e innovazione, ben sapendo che la comunicazione non è solo pubblicità, ma un atteggiamento più ampio. Partendo da queste premesse, proviamo a fare una panoramica del settore della ristorazione versione 2.0”.

Focus - “Cucina in tv: un bene o un male ? Bene, ma …”

Programmi tv sulla cucina: sono tanto deprecati, ma tutta questa attenzione fa bene alla causa, perché allarga la platea, le curiosità, i problemi. E’ la lettura che ne esce dal convegno, oggi, a Trento, su “Le nuove frontiere della ristorazione italiana”, stando almeno alle interviste raccolte da Winenews, allo chef più televisivo d’Italia (Rai 1, in prima serata) “La Terra dei Cuochi”, Davide Scabin, Enzo Vizzari, direttore de “Le Guide de L’Espresso”, il fondatore del congresso internazionale di cucina d’autore “Identità Golose”, Paolo Marchi, ed il giornalista e enogastronomo Luigi Cremona.

“Amo il web per comunicare l’enogastronomia (ho fatto per tanti anni “La Prova del Cuoco” senza mai vederlo), ma oggi è inutile dire - spiega il giornalista e enogastronomo Luigi Cremona - che la tv, con i suoi programmi di cucina, è importante, perché milioni di persone li vedono. Cerchiamo, però, anche se trattasi di format popolari, di farli al meglio possibile. Non volgari, ma aperti realmente all’interesse del pubblico …”. “Non voglio difendere la mia posizione. Quando avevo 10 anni sono stato da Marchesi con i miei genitori e sono rimasto affascinato, come oggi magari i giovani e i bambini sono affascinati dal mondo della cucina in tv. Adesso i giovani e i ragazzi vogliono giocare a fare i cuochi, a fare le ricette con le mamme. E’ una cosa bellissima … Questo, anche se, soprattutto per gli effetti scenici, qualche banalizzazione rischia, fa bene alla tradizione delle cucina italiana. Serve a lasciare una traccia nei giovani”. “In qualche modo - sentenziano Marchi e Vizzari - queste trasmissioni non sono belle, ma sono utili, fanno bene alla causa, perché allargano platea e curiosità”.

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