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CULTURA

Gianfranco Ravasi: “il vino è una carta di identità umana, culturale e naturale dell’Europa”

Le parole del cardinale, a WineNews. “Il poeta francese Paul Claudel, diceva: interroga la vecchia terra e ti risponderà sempre col pane e col vino”
CUCINA ITALIANA, Europa, GIANFRANCO RAVASI, NATURA, PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA, RELIGIONE, SPIRITUALITÀ, TAVOLA, Italia
Il cardinale Gianfranco Ravasi

Qual è il senso della tavola? Ci riuniamo attorno alla tavola in famiglia o con gli amici, e soprattutto in occasioni come le Festività. Ma quello che ricordiamo ogni volta è il banchetto dei banchetti: l’Ultima Cena, in cui Gesù affida al pane ed al vino, simbolo del corpo e del sangue di Cristo nell’Eucarestia, il senso della sua vita donata per amore. Vino che, oltre ad essere un simbolo del made in Italy, e il compagno più fedele della cucina italiana, è anche il primo elemento distintivo dell’essere europei, perché l’Europa è la patria del vino. WineNews ne ha parlato con il cardinale Gianfranco Ravasi, biblista e teologo, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, incontrato, nei giorni scorsi, in Confagricoltura, a Roma, riflettendo su ciò che significa, oggi, tradurre il senso della tavola della Bibbia, in cui cibo e vino si uniscono, nella quotidianità.
“Fin dalle origini, il cibo ed il vino sono stati dei grandi simboli fondamentali, e non soltanto degli elementi di sopravvivenza - sottolinea il cardinale Gianfranco Ravasi - il cibo è per sua natura in tutte le culture, in particolare in quelle religiose, l’espressione di qualcosa di più, se solo pensiamo ai pranzi nuziali, o, come avviene in certi Paesi e anche in alcune regioni italiane, al cosiddetto consolo”, per il quale cibo e bevande sono preparati per ristoro o per conforto da un dolore. “In questa luce dobbiamo sempre considerare che l’opera dell’agricoltore è partecipe, per certi versi, alla cultura stessa di un popolo e alla sua spiritualità”, spiega il biblista. In particolare, i due “grandi simboli” della tavola codificati nel diritto canonico sono il vino ed il pane. “Un poeta francese, Paul Claudel, diceva: interroga la vecchia terra e ti risponderà sempre col pane e col vino - ricorda il teologo - sono i due cibi fondamentali che in un certo senso permettono non soltanto l’esistenza, ma anche di rappresentare la presenza del divino nel Cristianesimo”, ci ha detto, dopo aver citato, nel suo intervento nell’assemblea di Confagricoltura al Teatro Argentina, il “Salmo 104” che menziona il vino in un contesto di lode a Dio per la sua creazione e provvidenza, specificamente nel versetto 15, dove si dice che “il vino rallegra il cuore dell'uomo, l’olio fa risplendere il volto e il pane sostiene il cuore dei mortali”, descrivendo doni che Dio fornisce per il nutrimento e la gioia umana, ed evidenziando come la natura stessa, e il vino in particolare, siano manifestazioni della generosità divina per la vita”.
Questo anche perché, oltre ad essere un “medium” per raccontare i nostri territori e le loro comunità, ovvero le bellezze dell’Italia, terrene e spirituali, per i legami che hanno con il paesaggio, la storia, la cultura e le nostre trazioni, i prodotti della nostra agricoltura sono l’espressione della ricchezza della natura e del Creato, aggiunge il presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, e, in questo senso, assumo un doppio significato: “per tutti, credenti e non credenti, è proprio la bellezza della natura che riesce ad offrire delle potenzialità, non soltanto di vita, ma anche di bellezza. E dall’altra parte, per quanto riguarda, invece, i credenti, la natura, il Creato, è come se fosse un grande libro le cui creature sono parole divine, mistero”.
Dell’Italia, ma anche dell’Europa, perché la cultura del vino, grazie alla diffusione del Cristianesimo, è anche il primo elemento distintivo dell’essere europei. “Il vino, certamente, è uno dei grandi segni dell’Europa - sostiene il cardinale Gianfranco Ravasi - e, infatti, la produzione del vino più nobile e più alta viene dall’Europa ed è stata imitata eventualmente. Altre culture hanno altre bevande come simbolo e come segno. E questo è certamente significativo perché permetterebbe di ricordare che l’Europa è grande non soltanto per la ricchezza della sua cultura, delle sue lingue, della varietà anche delle sue espressioni geografiche, ma lo è anche per un segno come il vino, assieme ad altri naturalmente, e che è quasi una sorta di carta d’identità umana, culturale, ma anche naturale”.
A proposito del valore identitario della tavola, infine, il cardinal Ravasi lo abbiamo incontrato in una “giornata storica” per l’Italia e, in particolare, per la sua enogastronomia: il 10 dicembre, proprio mentre da Nuova Delhi, arrivava l’ufficialità del riconoscimento della Cucina Italiana come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità da parte del Comitato Intergovernativo dell’Unesco riunito in India, poco prima del quale ci aveva raccontato “di aver avuto spesso rapporti con l’Unesco”, quando era presidente del Pontificio Consiglio della Cultura (dal 2007 al 2022, incarico che lo ha reso di fatto il “Ministro della Cultura” della Santa Sede, ndr), “e so che, come me, si sosteneva la necessità non solo di proteggere i grandi patrimoni artistici, ma anche realtà umane profonde, come sono, per esempio, la cucina, le vigne o i territori coltivati. Per questo sarei ben felice che la cucina italiana, il cibo italiano, come simbolo, possa essere una componente protetta, difesa, e portata come esempio e come un modello”. E, così, è stato.

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