Che la Dop Economy sia qualcosa di realmente importante, ed in crescita continua, per l’economia italiana lo dicono i numeri. Il settore delle Dop (Denominazioni di origine protetta nazionale) e Igp (Indicazione geografica protetta), secondo il “Rapporto Ismea-Qualivita” 2023, ha superato i 20 miliardi di euro di valore alla produzione nel 2022 (+6,4% su base annua), assicurando un contributo del 20% al fatturato complessivo dell’agroalimentare italiano. Tutto ciò grazie al comparto cibo che sfiora i 9 miliardi di euro (+9%) e quello vitivinicolo che vola oltre gli 11 miliardi di euro (+5%). Una Dop Economy che è solida grazie anche ad una organizzazione che può contare su 296 Consorzi di tutela autorizzati e oltre 195.000 imprese delle filiere cibo e vino ma anche su una importante forza lavoro stimata a 580.000 unità nella fase agricola e a 310.000 in quella di trasformazione. Ma se i distretti nella Dop Economy sono ben noti in Italia e nel mondo, basti pensare a prodotti come il Grana Padano oppure il Parmigiano Reggiano, ma anche il Prosecco, soltanto per citare i primi tre con il valore più alto, quale è la reale percezione delle denominazioni Dop e Igp da parte dei consumatori italiani? Una domanda a cui ha provato a dare risposta uno specifico studio, sostenuto da Amazon Italia, realizzato da un Gruppo di Ricerca della Luiss Business School, che ha analizzato proprio la percezione che i consumatori italiani hanno dei prodotti Dop e Igp e delle loro specificità. Quello che emerge è un quadro positivo, Dop e Igp godono di ampia notorietà e il loro valore è riconosciuto, ma c’è comunque spazio per “aumentare l’adesione dei consumatori ai prodotti in questione, attraverso un’adeguata azione di comunicazione e promozione dei prodotti in questione” come viene sottolineato nelle conclusioni. Dall’indagine viene fuori che la maggior parte dei consumatori (oltre il 90%) conosce le denominazioni Dop e Igp; il 96% afferma di conoscere almeno una delle due, anche se solo il 55% ne comprende pienamente il significato mentre del restante 45% dei consumatori, il 27% ritiene che le denominazioni Dop/Igp indichino una qualità superiore del prodotto.
Il legame con il territorio e la qualità del prodotto risultano essere due elementi chiave per i consumatori, non a caso l’origine territoriale del prodotto è considerata molto importante dal 58% e il 62% del campione totale ritiene che queste denominazioni dovrebbero essere più strettamente correlate alla qualità effettiva del prodotto se si vuole rafforzare l’impatto dell’attributo Dop/Igp. In fase di acquisto, il 28% dei consumatori presta una notevole o decisiva attenzione alle denominazioni Dop/Igp, percentuale che aumenta al 32% durante il consumo. Sebbene il 17% degli intervistati le consideri scarsamente o per nulla rilevanti, la maggior parte di coloro che si definiscono poco sensibili a queste denominazioni acquista comunque prodotti di questo tipo. Un’ampia maggioranza dei consumatori (oltre il 76%) dichiara infatti di aver acquistato almeno un prodotto Dop/Igp nell’arco di un mese, con una percentuale significativa che ha effettuato numerosi acquisti: il 12% degli intervistati ha dichiarato di aver acquistato oltre dieci prodotti di questo tipo, mentre il 28% ne ha comprati tra i quattro ed i dieci. Ciò sembra essere coerente con la convinzione, da parte della maggioranza dei consumatori, secondo cui le denominazioni Dop/Igp rappresentano un riconoscimento significativo di autenticità e qualità superiore. Da sottolineare, inoltre, che poco più della maggioranza degli intervistati connette i concetti di autenticità e qualità superiore anche alla precisa origine geografica. I dati acquisiti sulla conoscenza e la percezione di Dop/Igp da parte dei consumatori italiani, spiega lo studio, evidenziano la necessità di rafforzare l’informazione riguardo all’origine territoriale dei prodotti e di migliorare la penetrazione di questi prodotti attraverso interventi della comunicazione, nell’imballaggio e nelle iniziative promozionali presso i punti vendita.
Per il valore attribuito a prodotti Dop/Igp, poco più di un quarto dei consumatori ritiene che questi abbiano un valore superiore del 15% a quello degli altri generi alimentari; per il 7,4% del campione anche più del 20%. La maggioranza relativa degli intervistati (quasi il 35%) ritiene che il differenziale di valore economico debba essere compreso tra il 6% e il 10%. Ma l’effettiva “disponibilità a spendere” è decisamente inferiore del differenziale di valore attribuito, pur rimanendo significativa: il 10,8% è disponibile a pagare per i Dop/Igp un prezzo superiore al 15%, mentre circa il 30% non più del 5%. La percentuale di coloro che ritiene di grande importanza o addirittura essenziale l’origine produttiva in uno specifico territorio che caratterizza i prodotti Dop/Igp (58%) è decisamente maggiore del 30% circa del campione che attribuisce elevato o elevatissimo rilievo all’attributo Dop/Igp in fase di acquisto o di consumo. Ne deriva un notevole spazio di ampliamento della base di consumatori che traduce la positiva percezione dell’origine territoriale del prodotto Dop/Igp concreto fattore di competitività sul mercato. E, a proposito di origine territoriale, alla domanda su quali sono le tre regioni italiane che possiedono il maggior numero di prodotti Dop/Igp, gli intervistati hanno centrato le prime cinque regioni, anche se non nell’ordine giusto: Emilia-Romagna, Piemonte, Toscana, Veneto e Lombardia, mentre la realtà vede in testa la Toscana davanti a Piemonte, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. E se le tre principali categorie alimentari per numerosità di Dop/Igp sono vini, prodotti ortofrutticoli e formaggi, seguite da carni e oli, secondo l’opinione dell’82,6% degli intervistati la tipologia di prodotti con il maggior numero di riconoscimenti Dop/Igp è rappresentata dai formaggi, seguita da vini (76%), oli (41%), carni (28,7%) e prodotti ortofrutticoli (23,9%).
L’indagine ha dato spazio anche alla percezione del problema della contraffazione. Più di due terzi dei consumatori ritengono che i prodotti Dop/Igp siano più esposti rispetto agli altri beni alimentari e, per contrastare questo fenomeno, ritengono essenziale aumentare i controlli e le sanzioni (85% del campione), migliorare la consapevolezza dei consumatori (84,5%) e rafforzare la collaborazione tra produttori e distributori (81,5%). Tuttavia, i consumatori stessi dichiarano di avere un ruolo da svolgere nel contrasto alla contraffazione, e che potrebbero farlo attraverso una maggiore attenzione durante l’acquisto e potendo contare sulla disponibilità di informazioni adeguate a distinguere i prodotti autentici da quelli contraffatti. Sempre i consumatori, infine, indicano che i soggetti più rilevanti per contrastare la contraffazione sono i produttori e i consorzi di tutela, le forze dell’ordine e la distribuzione organizzata oltre alle associazioni dei consumatori.
Matteo Caroli, Associate Dean per la sostenibilità e l’impatto (Luiss Business School) e Coordinatore del Gruppo di Ricerca, ha analizzato i risultati soffermandosi su un particolare interessante: “il 62% degli intervistati ha indicato che per rafforzare l’impatto dell’attributo Dop/Igp sarebbe opportuno collegarlo in modo più diretto alla reale qualità del prodotto. Non si tratta di qualcosa che non ha funzionato, ma del fatto che Dop e Igp indicano una precisa origine geografica del prodotto e delle sue componenti fondamentali. Va ulteriormente enfatizzato in termini di comunicazione come questa origine geografica sia fattore di qualità: oggi non esiste una connessione intrinseca tra origine geografica e qualità”.
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