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CONSUMI

Gli italiani ed i fine wines: un rapporto che cresce, ma ancora tutto da costruire

Indagine Nomisma Wine Monitor per “Grandi Marchi”. Qualità eccellente e prezzo elevato li distinguono. Ma molti consumatori non li conoscono

Gli italiani, oggi, acquistano fine wines soprattutto in enoteca (19,8%), o direttamente dal produttore (17,5%), anche se cresce il peso della distribuzione moderna, dove si acquistano vini di pregio nel 16,4% dei casi se si parla di punti vendita fisici, e del 9,3% delle occasioni di acquisto se si parla dell’on line delle catene della Gdo. Ma è proprio il mercato digitale a diventare sempre più grande, tra gli acquisti tramite app come Winelivery (8,8%), siti specializzati come Tannico, Vino.com o Callmewine (9,3%), e siti generalisti come Amazon (6,6%). Anche se, va detto, tra chi acquista vino nella Grande Distribuzione (lo fa il 73% degli italiani), ben il 75% non sa cosa siano i fine wines, il 19% dice di averne sentito parlare, e solo il 6% afferma di conoscerli bene. È uno degli aspetti che emergono dall’indagine di Nomisma Wine Monitor per l’Istituto Grandi Marchi, compagine che riunisce 18 delle più prestigiose realtà del vino italiano, come Alois Lageder, Ambrogio e Giovanni Folonari Tenute, Argiolas, Ca’ del Bosco, Carpenè Malvolti, Col d’Orcia, Donnafugata, Jermann, Lungarotti, Marchesi Antinori, Masi, Michele Chiarlo, Mastroberardino, Pio Cesare, Rivera, Tasca d’Almerita, Tenuta San Guido e Umani Ronchi. Fine wines che, secondo gli italiani, sono tali quando esprimono qualità eccellente (affermazione con cui è d’accordo il 64% del campione), hanno un prezzo elevato (61%), sono contraddistinti da proprietà sensoriali eccezionali e sono prodotti da brand e cantine prestigiose o storiche (57%), non perdono le loro caratteristiche o le migliorano nel tempo (53%) e hanno ottimi punteggi sulle guide (53%), ma sono anche capaci di abbinarsi bene con l’alta cucina (52%), sono prodotti in quantità limitate (51%) e hanno un packaging raffinato ed elegante (50%).
Nel totale, solo il 15% dei consumatori ha acquistato un fine wines almeno una volta negli ultimi 12 mesi, con l’8% che lo ha fatto una o due volte in un anno, il 4% cinque-sei volte, il 2% due o tre volte al mese, e solo lo 0,5% lo fa almeno una volta a settimana. Con il profilo tipo dell’acquirente di fine wines che è uomo del Nord-Est o del Cento Italia, con un’età tra i 41 ed i 54 anni, laureato e con un reddito mensile superiore ai 2.500 euro. E se a questi consumatori si chiede da quali Regioni o territorio provengono i fine wines di maggior qualità, le risposte sono Toscana (55%), Piemonte (41%), Veneto (36%), prima di tutti gli altri. Il primo fine wines che viene in mente ai consumatori, ancora, è Barolo, davanti a Sassicaia e altre denominazioni come Brunello di Montalcino, Chianti, Amarone della Valpolicella e Franciacorta, tra gli altri, e a brand come Antinori, Bertani, Ferrari, Cà del Bosco, Gaja o Dom Perignon, tra i più nominati. Il prezzo è il criterio di acquisto a cui si presta più attenzione (26%), davanti ad origine (25%), consiglio di amici o parenti (21%) e presenza di promozioni (21%), ma si guarda molto anche al possibile abbinamento con il cibo (20%), al giudizio di critici ed esperti (18,9%) e all’annata (18,7%). Guardando al solo canale della Gdo, il rapporto qualità/prezzo e la presenza di promozioni sono i vantaggi più apprezzati (intono al 45% delle risposte multiple), oltre alla disponibilità immediata (37%), mentre se si guarda alle fasce di prezzo, il 32% spende in media meno di 20 euro a bottiglia, il 34% (la fascia più gettonata) tra 20 e 30 euro, ma c’è anche un 27% che punta le bottiglie tra 30 e 50 euro allo scaffale, ed un 7% che guarda a quelle tra 50 e 100 euro. Per quanto risulti importante il prezzo nell’acquisto di fine wines, comunque, solamente il 15% dei consumatori smetterebbe di comprarli in mancanza di sconti o promozioni, con uno “zoccolo duro” del 29% che continuerebbe comunque ad acquistarli (il rimanente 56% ne comprerebbe di meno). L’ultima parte dello studio ha inteso mappare l’assortimento di fine wines (identificati con bottiglie di prezzo superiore ai 20 euro) nelle 3 principali piattaforme italiane specializzate nella vendita online di vino (Tannico, Vino.com e Callmewine) il cui fatturato cumulato nel 2021 ha raggiunto i 94 milioni di euro (contro gli 11 milioni di cinque anni prima). Le etichette italiane giocano un ruolo importante: a fronte di un assortimento di oltre 11.700 fine wines presenti a novembre 2022, quelle tricolori rappresentano il 58%. Di cui il 63% costituito da vini rossi, il 20% da bianchi, il 16% da spumanti mentre i rosati sono presenti con appena l’1%. La suddivisione per fascia di prezzo vede, a livello aggregato delle 3 piattaforme, un 41% di referenze per i vini rossi sopra i 50 euro a bottiglia, una percentuale che scende al 12% per bianchi e spumanti e al 3% per i rosé. Un confronto tra le referenze di fine wines disponibili a novembre rispetto a sei mesi prima (aprile) per fascia di prezzo evidenzia invece una crescita significativa nelle fasce fino a 50 euro a bottiglia, denotando alcune riduzioni per tipologia in quelle più alte: è presumibile che l’effetto “rallentamento economico” associato alla crescente inflazione abbia indotto le piattaforme di vendita online a ricalibrare l’assortimento, incrementando le referenze delle fasce di prezzo più basse. Highlights, dedicati ai fine wines, che emergono da una ricerca più articolata, da cui, data l’evidenza del 2022 come anno record per l’export di vino italiano, che secondo le stime Nomisma Wine Monitor si attesterà ad 8 miliardi di euro, arriva la conferma del recupero delle vendite di food & wine nel canale Horeca, con un fatturato dei primi 9 mesi 2022 del +47% per l’Italia (sullo stesso periodo dell’anno precedente). Una crescita strettamente connessa alla ripresa dei flussi turistici, raddoppiati rispetto al 2021, a cui si è accompagnato un rallentamento dei volumi venduti nel canale della Gdo. In sintesi, se il canale moderno nel 2020 ha costituito un importante supporto nella commercializzazione dei prodotti in connessione con le restrizioni causate dai vari periodi di lockdown, doppiata la boa degli effetti più pesanti della crisi pandemica i consumi dei fine wines si sono riposizionati nel loro alveo più tradizionale, ovvero quello dei consumi outdoor nella ristorazione. Questo andamento è riscontrabile per i vini rossi, bianchi e bollicine; diverso il discorso per i rosati, stabili, che tuttavia rappresentano una percentuale limitata nel quadro generale. “È evidente che in questa ricerca la pandemia costituisce uno spartiacque determinante - ha spiegato Denis Pantini, responsabile Wine Monitor Nomisma - che ha determinato dei cambiamenti importanti nelle abitudini degli Italiani, e non solo, sul fronte dell’acquisto dei vini e di altri prodotti. La nostra indagine sui consumatori italiani mostra però come ci sia un deciso ritorno, almeno per quanto concerne il segmento delle etichette di alta gamma, al canale Horeca e, al tempo stesso, come la crescita dell’e-commerce, dopo gli alti tassi registrati negli ultimi anni, si stia consolidando”. Il report ha infatti condotto un focus sui comportamenti d’acquisto (che approfondiremo nei prossimi giorni), attraverso un’indagine diretta su un campione di Italiani rappresentativo per genere, età e area geografica. Riguardo il consumo di vino presso la Gdo, per esempio, il 47% dei consumatori tende ad acquistare etichette di alta fascia di prezzo specialmente in occasione di promozioni, nonostante i principali driver di scelta risultino la presenza della Denominazione (23%), l’origine locale (16%) e la notorietà del brand (10%). “Per le famiglie dell’Istituto Grandi Marchi - ha concluso il presidente Piero Mastroberardino - si tratta di informazioni importanti, che trovano riscontro nelle nostre rispettive esperienze aziendali, soprattutto quelle maturate negli ultimi mesi nei quali siamo stati protagonisti di diverse “missioni”, in Italia e all’estero. Sono dati che esamineremo con attenzione e che forniranno ulteriori spunti di riflessione. Dati attendibili su base continuativa sono un supporto importante per le nostre decisioni, a complemento della instancabile lena e passione con cui raccontiamo di giorno in giorno il vino italiano di alto pregio”.

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