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Grado alcolico, alla ricerca dell’equilibrio perfetto: il mercato cerca vini “leggeri” e piacevoli, ma il clima è cambiato, e per le aziende è tempo di intervenire, dall’aumento delle rese al ritorno alle botti. Così un’analisi WineNews per Vinitaly

Italia
Il riscaldamento climatico contribuisce alla produzione di vini sempre più alcolici, mentre il mercato ne chiede sempre di più a basso tenore alcolico

In principio fu la rincorsa al gusto internazionale, che dagli Usa, progressivamente si impadronì di tutto il mondo enoico. E così, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, anche in Italia fu tutto un fiorire di vigneti ad alta densità, varietà particolarmente “docili” e barriques, “ingredienti” fondamentali per raggiungere una cifra stilistica adeguata a quella ricerca di morbidezza, calore e dolcezza, che il gusto internazionale stava imponendo. Ma a contribuire a questo stile enologico, un ruolo non secondario era rappresentata anche da una robusta gradazione alcolica, peraltro facile da raggiungere alle nostri latitudini. Oggi, però, il profilo stilistico del vino sembra cominciare a perdere di interesse, non solo tra i critici ma, soprattutto, tra i consumatori, anche occasionali, se solo si pensa a quei ristoranti che hanno iniziato ad inserire nelle loro carte dei vini il grado alcolico delle etichette che offrono. La richiesta di vini meno alcolici è diventata sempre più pressante e sta generando una non secondaria spinta verso tali prodotti, compresi i vini bianchi che stanno ritrovando lo splendore di qualche lustro fa. Un cambio di tendenza, analizzato da WineNews, uno dei siti più cliccati dagli amanti del buon bere, per Vinitaly, la rassegna internazionale di riferimento del settore (Verona, 10-13 aprile; www.vinitaly.com), che, sfortunatamente, incrocia quello che da più parti è sentito come il problema più difficile da contrastare per il mondo del vino e cioè quello del riscaldamento del clima, che, evidentemente, come prima conseguenza ha quella, appunto, di consegnare vini dal grado alcolico decisamente esuberante, se non fuori controllo.
Dal punto di vista gustativo, l’alcol è riconoscibile da una sensazione che ricorda il calore. Ma l’alcol possiede anche un sapore, tendenzialmente dolce. Altra caratteristica dell’alcol è la rotondità che produce in bocca: per questo motivo, l’alcol è una componente “morbida”. L’alcol altresì è una sostanza volatile e risulta estremamente utile nella percezione delle sostanze aromatiche, poiché trasporta questi composti verso l’alto, facilitando la loro percezione al naso (un vino con un basso contenuto alcolico risulterà meno aromatico e certe componenti olfattive risulteranno decisamente attenuate e più difficili da percepirsi al naso). Ma un vino troppo morbido - sensazione alla quale contribuisce anche l’alcol - rende il profilo gustativo piatto e stanco, quasi senza alcun accenno di vivacità. Un vino troppo alcolico, non opportunamente equilibrato, tende infatti a produrre questa sensazione in bocca, oltre a risultare troppo “caldo” a causa dell’effetto irritante svolto sulle papille gustative. La tipica sensazione dell’alcol può però essere diminuita attraverso un opportuno equilibrio tra sé e le altre componenti del vino, come per esempio, aumentando l’acidità del vino. È bene ricordare che l’alcol si fa sentire meno, per così dire, non perché diminuisce la sua quantità presente nel vino, ma semplicemente perché diminuisce la sua percezione. Si tratta quindi di una percezione relativa e non quantitativa. Questo significa che al gusto un vino può sembrare meno alcolico di quanto non sia effettivamente, ma la quantità di alcol non subisce alcuna variazione. Molti vitigni italici, Sangiovese, Nebbiolo, Aglianico solo per fare alcuni esempi, producono in generale quantità di alcol significative, tuttavia la presenza di sostanze acide e astringenti, sia proveniente dai tannini dell’uva, sia dai legni di affinamento, rendono questi vini equilibrati e, con questo, anche la sensazione alcolica che si percepisce in bocca sembrerà più mite.
“Enotria”, dunque, si ritrova da un lato a confrontarsi con una domanda del mercato sempre più orientata verso vini meno alcolici e dall’altro a dover fronteggiare estati calde, a volte torride, come nel recente passato, con maturazioni accelerate delle uve, che portano a un eccessivo accumulo di zuccheri nel frutto, con un inevitabile innalzamento del grado alcolico del vino. Ma non solo. Il cambiamento climatico provocato dalle variazioni di temperatura verso l’alto (la maturazione è spesso associata a fenomeni come innalzamenti repentini del pH e della concentrazione di zucchero, con formazione di composti fenolici atipici, al pari di un profilo aromatico squilibrato) rende sempre più difficile produrre un vino con determinate caratteristiche. Perché variano anche altri composti che concorrono al risultato finale, dalla concentrazione dei polifenoli a tutta una serie di sostanze chimiche proprie delle piante. Il numero e il tipo di composti che si accumulano nelle uve sono importanti per la definizione delle loro proprietà e per le caratteristiche sensoriali del vino, come il colore, la stabilità, l’idoneità per l’invecchiamento o le sensazioni in bocca. Queste variazioni causate dal cambiamento del clima comportano quindi conseguenze sulla qualità del vino e non solo e soltanto un innalzamento del grado alcolico. Ancora per fare un altro esempio tra i molteplici che si potrebbero evocare, la questione dell’innalzamento delle temperature riguarda anche le procedure di invecchiamento dei vini. Il legno è un pessimo conduttore di calore: ecco perché sarebbe bene, in questa situazione per certi aspetti nuova, che aumentassero spessore e dimensioni dei contenitori. Le barrique sono nate come acceleratori di maturazione e nelle ultime vendemmie non è certo stato questo tipo di apporto a mancare ai vini del Bel Paese. L’ossidazione (che peraltro il calore aumentato concorre ad innescarsi anche sulle uve in pianta) è inversamente proporzionale alla massa, quindi la massa dovrebbe essere maggiore e stazionare in contenitori più grandi.
Per adesso siamo corsi ai ripari ricorrendo a pratiche di cantina, particolarmente costose e invasive rispetto al prodotto finito come l’eliminazione dell’alcol con specifici metodi, tra questi, i più diffusi l’osmosi inversa e la distillazione frazionata. O a raccolte in alcuni casi precocissime che per le varietà a bacca rossa possono però consegnarci una materia prima che darà vita a vini amari ed astringenti. Ma, probabilmente, in Italia il lavoro più importante è quello che è possibile svolgere in vigna. Dall’utilizzo ragionato dell’irrigazione ad una messa a dimora di vigneti meno densi, da una diversa gestione della chioma per favorire la copertura dei grappoli all’aumento delle rese, ma ci potrebbero essere anche metodi come l’uso di antitraspiranti. Non mancano gli studi a sostegno di questa presa d’atto del problema. La temperatura dei grandi vigneti del mondo sarebbe aumentata di 2 gradi in questi ultimi 50 anni e climatologi come Bernard Séguin predicono che lo stile dei vini evolverà ancora in futuro con un aumento di temperatura di uno o due gradi in più entro 50 anni e di 4,5 gradi entro 150 anni nei principali vigneti di qualità. La conseguenza? Un impatto proporzionale sul gusto dei nostri vini simile a quello verificatosi negli ultimi 50 anni. Il Pinot Noir, per esempio, sarebbe certamente il vitigno più colpito dai cambiamenti climatici a causa della sua limitata capacità di adattarsi per continuare a produrre vini fini ed eleganti.
Se l’aumento dei livelli di temperatura genera globalmente maggiori volumi di produzione, il troppo calore produce un effetto inverso. Così per esempio in Borgogna, nel 2003 la produzione totale è crollata del 30% sul 2002 (fonte rapporto Greenpeace). L’aumento delle temperature si traduce anche in rischi di altra natura per la vigna: rischio di nuove malattie, trasportate dal Sud, rischio maggiore di inondazione e di erosione dei suoli dovuto ad acquazzoni torrenziali, rischio di gelate ricorrenti in primavera ed aumento della muffa sulla vigna per via dell’aumento delle temperature ed il contenuto di CO2 dell’aria.

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