Frastagliato tratto di costa della Riviera ligure di Levante, nel territorio di La Spezia, tra Punta Mesco e Punta di Montenero, nel quale, da Nord verso Sud, si trovano le cinque “terre”, come si indicavano anticamente i Comuni di Monterosso al Mare, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore, le Cinque Terre non sono solo borghi di pescatori dalle casette colorate, come erroneamente vengono percepite dai più, ma la sussistenza economica di questo “gioiello” dell’Italia Patrimonio Unesco è sempre dipesa dalla coltivazione della terra, dalla vite, in parte dall’ulivo e dai terrazzamenti, la soluzione adottata dall’uomo per rendere utilizzabili territori di forte pendenza grazie ad uno degli esempi più estremi di viticoltura e agricoltura eroica del Belpaese. Ed è proprio dalla vite, un insediamento millenario che si estendeva fino all’inizio del Novecento su una superficie vitata di oltre 1.000 ettari, progressivamente diminuita fino ai 100 ettari a vigneto di oggi (fonte: Parco Nazionale delle Cinque Terre), che, il 30 settembre, nel Castello di Riomaggiore, partirà il dibattito del tavolo di lavoro “I miei primi 50 anni. Proposte di valorizzazione dell’agricoltura delle Cinque terre”, promosso dal Comune di Riomaggiore con l’Associazione Tuttifrutti, che si occupa della promozione della Doc Cinque Terre che, istituita nel 1973, celebra 50 anni progettando e programmando il futuro di un territorio oggi conosciuto più per il turismo che per l’agricoltura.
Una Denominazione, quella delle Cinque Terre, che punta al recupero del passato per guardare al futuro, riportando l’agricoltura al centro di una strategia condivisa di sviluppo sostenibile. L’obiettivo, del quale si parlerà nel tavolo di lavoro - realizzato grazie ai fondi del Piano di Sviluppo Rurale e di Regione Liguria - è la realizzazione di un piano di investimenti mirato a ripristinare le infrastrutture, come i binari monorotaia, migliorare i servizi idrici, riammodernare i muri a secco, superare l’annoso problema dei diritti di reimpianto e a dare sostegno concreto alle aziende agricole.
“Il mantenimento dell’agricoltura rappresenta l’unico modo per salvaguardare la cultura e l’economia complessiva delle Cinque Terre - spiega la sindaca di Riomaggiore Fabrizia Pecunia - ed è anche la migliore risposta al problema del dissesto idrogeologico. Un obiettivo che non può gravare solo sulle spalle degli agricoltori. È necessario l’intervento delle istituzioni - l’Europa, il Governo, la Regione - che devono supportare le amministrazioni locali perché si possa realizzare un piano di incentivi all’agricoltura, una progettazione di medio e lungo periodo ed interventi normativi, capaci di superare gli ostacoli che fino ad oggi hanno reso inadeguate le forme di intervento adottate”.
In questo territorio, che è un Parco Nazionale, Patrimonio Unesco, il ruolo dell’uomo è fondamentale. Per non disperderne l’identità occorre garantire che gli abitanti rimangano a vivere qui sostenuti nel faticoso compito di mantenere un equilibrio costante con una natura complessa in un territorio difficile, che è però culla di prodotti eccellenti e di tradizioni millenarie. “Partendo dal presupposto che l’agricoltura rappresenta l’elemento fondamentale per la salvaguardia del patrimonio e dell’identità stessa delle Cinque Terre - conclude la sindaca - riteniamo prioritario procedere allo sviluppo di un progetto, finanziato anche dalle risorse che porta il turismo, che miri a disegnare un nuovo modo di fare agricoltura, anche con il contributo dei nostri ospiti che con noi partecipano al dibattito (dall’Associazione Tuttifrutti alla Regione, passando per i rappresentanti di Governo), per intraprendere insieme questo importante e inevitabile percorso”.
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