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LO STUDIO

I big del vino italiano si attendono un 2025 in crescita per vendite (+1,7%) ed export (+2%)

L’indagine dell’Area Studi Mediobanca: nel 2024 Cantine Riunite-Giv leader delle vendite davanti a Italian Wine Brands e Caviro. Veneto regione n. 1
ITALIA, MEDIOBANCA, vino, Italia
Mediobanca: 2025 in crescita per vendite ed export secondo i big del vino italiano

Dopo un 2024 difficile per tanti motivi ormai noti, dalla crisi climatica al cambiamento dei consumi, dalle tensioni internazionali alle difficoltà economiche, il mondo del vino prevede un 2025 in lieve crescita, nonostante un contesto difficile e in evoluzione, come dimostra la questione dei dazi Usa che tiene il settore con il fiato sospeso, ma non solo. Secondo l’indagine sul settore vinicolo in Italia dell’Area Studi Mediobanca, che riguarda 255 principali società di capitali italiane con fatturato 2023 superiore ai 20 milioni di euro e ricavi aggregati per 11,7 miliardi di euro, pari al 94,9% del fatturato nazionale del settore, i maggiori produttori di vino si attendono per il 2025 una crescita delle vendite complessive del +1,7% con un export in rialzo del +2%. Non si arresta l’ottimismo per le bollicine (+4,4% i ricavi complessivi stimati), soprattutto oltreconfine (+6,1% l’export), mentre i vini fermi si aspettano un +0,9% (+1,2% l’export).
Ma non mancano, comunque, i timori per il futuro: come riporta lo studio, in un contesto di minore reddito disponibile, il calo atteso dei consumi di vino e una ricomposizione degli stessi, indotta dal ricambio generazionale e dal diffondersi di modelli salutistici, preoccupano, rispettivamente, il 70% e 60% delle aziende. Altrettanto timore suscita l’incertezza sulle decisioni dell’amministrazione americana di imporre dazi sulle importazioni di vino. Il 50% delle imprese considera una minaccia per il settore il nuovo Codice della Strada, il 30% teme gli effetti del cambiamento climatico. Per oltre i tre quarti delle imprese del vino italiane le difficoltà della domanda possono essere superate con l’apertura a nuovi mercati; mentre nell’ambito della rimodulazione dell’offerta prevale lo sviluppo delle categorie no/low alcol (prioritario per il 50% delle aziende). Per affrontare il futuro, gli investimenti in capitale umano sono ritenuti essenziali per il 55% degli operatori, più di quelli tecnologici, focalizzati sull’intelligenza artificiale e automazione (importanti per un terzo delle imprese).
Il 2024 dei maggiori produttori italiani di vino, spiega l’indagine, ha chiuso senza variazioni significative (+0,3% sul 2023) con un maggiore aumento sul mercato estero (+0,7%). Spiccano le buone performance oltreconfine dei vini frizzanti (+9,1%). L’Ebit margin ha riportato un aumento di 0,5 punti percentuali sul 2023, il rapporto tra il risultato netto e il fatturato di 0,2 punti. Nel 2024, in diminuzione del 2,5% i quantitativi venduti su tutti i canali; +4,1% gli spumanti. Perdono quota le vendite on premise: -4,9% sul 2023 il valore dell’horeca che raggiunge il 17,6% del mercato e -8,4% enoteche e wine bar (market share al 5,7%). In leggero aumento le vendite dirette (+1,3% sul 2023) che si attestano all’8,2% del mercato. Bene l’enoturismo, in crescita nel 2024, +9% sul 2023 i ricavi con le visite in cantina offerte dai tre quarti delle aziende. I vini biologici hanno raggiunto il 5% del mercato (-2,6% le vendite), in crescita, invece, i vini “naturali” (+4,2%, 1,9% di market share) e vegani (+31,7%, m.s. dello 0,9%). La presenza di report dedicati alla sostenibilità interessa il 60% delle aziende e, nel 16,7% dei casi, esiste un manager con carica esclusiva in tema Esg (Environmental, Social, and Governance, ndr). Più frequente, invece, che se ne occupi un manager che ha anche altre funzioni aziendali (38,2% degli operatori) o direttamente il presidente, l’amministratore delegato o il direttore generale (circa 25% delle aziende).
Per quanto riguarda le cantine italiane con la miglior performance, la leadership di vendite nel 2024, riporta l’indagine sul settore vinicolo in Italia dell’Area Studi Mediobanca, resta appannaggio del gruppo Cantine Riunite-Giv (Gruppo Italiano Vini), con fatturato a 676,6 milioni di euro (+0,6% sul 2023). Al secondo posto si conferma il polo vinicolo Argea (464,2 milioni di euro, +3,3%), seguita da Italian Wine Brands (WB) con 401,9 milioni di euro (-6,3% sul 2023). Fatturato 2024 superiore ai 300 milioni di euro anche per la cooperativa romagnola Caviro (385,2 milioni) in calo del 9% sul 2023. Dieci società si collocano nella fascia di ricavi compresi tra i 200 e 300 milioni di euro: la toscana Antinori (fatturato 2024 pari a 261,6 milioni di euro, in aumento del 7,4% sul 2023), la cooperativa trentina Cavit (253,3 milioni di euro, -5,2%), La Marca, specializzata nella produzione di spumanti, con fatturato 2024 pari 251 milioni di euro (+11%), la veneta Herita Marzotto Wine Estates (248,2 milioni di euro, -2,8%), il Gruppo Collis (219,3 milioni di euro, +4,7%), la trentina Mezzacorona (212,3 milioni di euro, -2,5%), la cooperativa Terre Cevico (211,3 milioni di euro, +7,4%), la Zonin 1821 (209,3 milioni di euro, +7,8%), la Mack & Schühle (205,6 milioni di euro, +19,3%) e la piemontese Fratelli Martini (200,1 milioni di euro, -8,3%). Osservando la redditività (rapporto tra risultato netto e fatturato), il 2024 vede in testa la veneta Herita Marzotto Wine Estates (17,8%), seguita da Antinori (12%) e da Mionetto, che registra un utile su fatturato del 9,2%. Alcune aziende hanno una quota di export molto elevata, in alcuni casi quasi totalitaria: Fantini Group tocca il 96,1%, Ruffino il 93,3%, Argea e Pasqua superano il 90%.
A livello territoriale, precisa l’indagine dell’Area Studi Mediobanca, il Veneto si conferma la prima regione vinicola d’Italia, concentrando un quarto dei quantitativi di vino italiano prodotto. Un primato che si riflette anche sul valore che supera il 20% del totale nazionale. Segue la Puglia, (volume pari al 16,1% del totale, valore 12,6%). Per Piemonte e Toscana il peso in volume, compreso tra il 4 e il 5% del totale, raddoppia in valore (per entrambe le regioni prossimo al 10% di quello italiano); di contro, la Sicilia è la regione con il maggiore distacco della quantità rispetto al valore. Il Veneto guida anche le esportazioni (più del 35% dell’export italiano) doppiando il Piemonte e la Toscana ferme al 15% ciascuna. I primati regionali emergono anche dai bilanci delle aziende: alle toscane tocca il più alto Ebit margin (16,4%), il miglior Roi alle abruzzesi (7%), con il Piemonte in seconda posizione (6,4%). Grandi esportatori i produttori piemontesi (63% del fatturato), toscani (59,5%) e abruzzesi (58,7%). Per Roe brillano Puglia e Lombardia (6,6% in entrambi i casi); quest’ultima eccelle anche in termini di Ebit margin (seconda posizione con il 10,9%), ma con una modesta apertura oltreconfine (export pari al 24,3%). Nel 2024 sono in crescita soprattutto le imprese friulane (+8,2% le vendite complessive e +7,1% oltreconfine) e toscane (+2,3%; +4,6%). Ottimismo per il 2025 per le aziende abruzzesi (vendite complessive +7,5%).
A livello generale è in crescita l’internazionalizzazione del vino: oggi quasi una bottiglia su due viene consumata in un Paese diverso da quello che l’ha prodotta (rapporto tra export e consumi passato dal 27% del 2000 al 46,6% del 2024). Nel 2024 la produzione mondiale di vino è stimata in 226 milioni di ettolitri, in calo del 4,8% sul 2023 mentre i consumi si attestano a 214 milioni di ettolitri (-3,3%). L’Italia è in controtendenza: +15,1% nella produzione rispetto al 2023 (posizionandosi in testa alla classifica) e +0,1% nei consumi, con 37,8 litri pro-capite all’anno). In attivo anche il saldo commerciale: in 20 anni è cresciuto a un tasso medio annuo del 5,5%, passando da 2,6 miliardi di euro del 2004 ai 7,5 nel 2024. L’Italia è, inoltre, il primo esportatore di vino per quantità (21,7 milioni di ettolitri nel 2024) e il secondo per valore (8,1 miliardi di euro dietro solo agli 11,7 miliardi della Francia).

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