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SOAVE VERSUS

I “cru” in etichetta, il “piano di produzione”, l’enoturismo che cresce: la road map del Soave

I progetti per la crescita di una delle denominazioni bianchiste più importanti d’Italia, pronta a capitalizzare il lavoro degli ultimi anni
CRU, ENOTURISMO, SOAVE, Italia
Territorio e longevità del Soave al Centro di Soave Stories

La 2019 pronta da vendemmiare, per Soave, sarà la prima annata in cui si potranno rivendicare in etichetta le Unità Geografiche Aggiuntive, a coronamento di un percorso partito quasi vent’anni fa con la zonazione e approdato alla definizione di 33 “cru” inseriti nel disciplinare di produzione. Un altro passo verso la definizione più accurata del vigneto da cui provengono le uve, e quindi della tracciabilità, sarà la “costruzione” dell’“Elenco dei vigneti” attivato il 20 agosto scorso dalla Regione Veneto che ne ha demandato il controllo e la gestione ai Consorzi di Tutela. Così i produttori che volessero utilizzare, accanto al nome della denominazione e del cru anche un toponimo o un nome tradizionale potranno farlo se iscritti all’Elenco, garantendo obbligatoriamente la tracciabilità delle uve che da quel vigneto provengono. La scadenza delle domande è fissata al 18 ottobre prossimo, dopo di che il Consorzio procederà all’istruttoria delle domande per l’ammissione all’Elenco.
Tuttavia c’è una novità ulteriore, forse la più importante anche perché Soave quale area storicizzata di produzione anche in questo caso è outsider. “Siamo stati i primi in Italia – ha sottolineato Aldo Lorenzoni, direttore dell’organismo di tutela - ad attivare il “Piano di produzione”, come prevede il Testo Unico, quale strumento di gestione della denominazione. Uno strumento innovativo che prevede, tra gli altri interventi, una dichiarazione preventiva che riporta le superfici vitate che i produttori intendono rivendicare a doc nella vendemmia successiva e una dichiarazione di impegno da parte dei vinificatori che intendono vinificare uve atte alla doc. Ciò permetterà al Consorzio una puntuale analisi preventiva dei carichi produttivi che consentirà scelte più puntuali per raggiungere obiettivi produttivi ed economici migliori per i produttori. Siamo partiti in via sperimentale per orientare la produzione di Soave: le aziende sono chiamate a dire su che superfici vitate intendono produrre Soave e dove, invece, doc Garda e Pinot Grigio delle Venezie. Lo dichiareranno preventivamente e non a vendemmia finita. Abbiamo presentato il Piano al Ministero il 20 giugno e attendiamo la risposta in tempo per l’inizio della vendemmia della Garganega. Si tratta di un meccanismo che dovrebbe portare naturalmente a un riequilibrio delle produzioni con il mercato. Un meccanismo che ha bisogno di tempo per oliarsi e che dovrebbe evitare i tagli orizzontali che si applicano con il blocco degli impianti, la riduzione delle rese e lo stoccaggio, che non rendono certo felici i produttori”.
“Una scelta di responsabilità - secondo Sandro Gini, presidente del Consorzio - che già lo scorso anno ci ha consentito di produrre la quantità richiesta dal mercato e di mantenere i prezzi delle uve e del vino stabili se non in crescita. L’implementazione del Piano di produzione ci permetterà di gestire al meglio questa stagione vendemmiale anche dal punto di vista della qualità scegliendo i vigneti migliori da destinare al Soave assicurando ai produttori una corretta remunerazione”.
Il Piano di produzione, in attesa dell’approvazione ministeriale, prevede una dichiarazione preventiva attestata sulla produzione dello scorso anno, pari al 60-65% dell’utilizzo della Doc (con la restante produzione destinata alle altre Doc e Igt che insistono sullo stesso territorio).
La vendemmia 2019 - “ritornata come epoca nella normalità e non anticipata” precisa Lorenzoni - si presenta di grande qualità e parca in quantità. “Se l’anno scorso abbiamo selezionato i vigneti da destinare a Soave molto severamente, tanto che siamo senza prodotto - ha continuato il direttore - la 2019 dovrebbe consentirci di proseguire su questa strada, che sostiene anche il prezzo. Circa l’introduzione delle Unità Geografiche Aggiuntive c’è entusiasmo tra i produttori. Questo è il preludio di una ulteriore segmentazione del prodotto, che non siamo riusciti a fare bene con il “Superiore”, per comunicare in modo semplice e immediato attraverso l’etichetta la provenienza dei vini dai cru di collina. Con un’offerta di vini articolata, dall’entry level all’alta gamma, portiamo a casa il grande lavoro fatto fin qui e certifichiamo il percorso della denominazione nella caratterizzazione qualitativa. A coloro che pensano che si possa generare confusione con altre indicazioni in etichetta rispondo che da oggi le menzioni corrisponderanno alle reali differenze dei terroir su cui insistono i diversi vigneti. Ci vorrà un poco di tempo per prenderci confidenza, ai produttori come ai consumatori, ma si affermeranno, alcune più velocemente, laddove c’è una grande concentrazione di aziende già incamminate su questa strada, altre più lentamente”.
“Siamo una realtà da 50 milioni di bottiglie per 7.000 ettari di vigna - conclude Lorenzoni - e raggiungiamo 64 Paesi con l’85% della nostra produzione. Dobbiamo riconquistare il mercato italiano, e il riconoscimento Fao come territorio Giahs (Globally Important Agricultural Heritage Systems), patrimonio agricolo di rilevanza mondiale, che peraltro ci obbliga a declinare la sostenibilità in termini ambientali, economici e sociali, si sta dimostrando importante anche come volano per l’enoturismo”.
Il Rapporto statistico 2019 della Regione Veneto al capitolo “Destinazione Veneto” - presentato nel convegno che ha aperto Soave Versus - dedica un approfondimento all’enoturismo nelle principali zone di produzione delle denominazioni. Dal confronto tra arrivi, partenze e numeri di notti trascorse in strutture e per provenienze emerge che le colline vitate del Soave hanno avuto un incremento del 18,4%, il più alto in Veneto. Il territorio del Soave risulta secondo, dopo quello del Prosecco Superiore Conegliano Valdobbiadene Docg, con oltre 146.000 presenze per una media di 2,4 notti trascorse per l’81,1% in alberghi e strutture tradizionali, da turisti per oltre la metà italiani (54,4%), seguiti da tedeschi (6%) e cinesi (5,4%). “Si tratta evidentemente di un inizio - commenta Chiara Mattiello del Consorzio di tutela - sono necessari investimenti puntando a potenziare l’aspetto esperenziale e collegando il vino con gli altri prodotti del territorio per far sentire il turista protagonista della sua vacanza”.

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