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I prossimi 25 anni del vino? Per i professionisti del settore, sondati da “Meininger’s”, saranno influenzati da cambiamenti climatici, stili produttivi inconsueti, meno (o zero) alcol, produzione “bio” e sostenibile, nuove bevande e cannabis legale

Italia
Il futuro del vino nei prossimi 25 anni secondo i professionisti sondati da Meininger’s

Venticinque anni, particolarmente in un periodo storico nel quale la velocità dei cambiamenti non fa che accelerare, non sono pochi quando si tratta di azzardare previsioni: ma, almeno in forma aggregata, lo hanno fatto più di 1.200 professionisti del settore enoico da oltre 50 Paesi, tramite un sondaggio creato da “Meininger’s Wine Business Journal” (https://goo.gl/NDoW46). Sebbene i dati non siano ancora stati interamente analizzati - dato che il sondaggio è tuttora in corso - alcuni fattori che secondo moltissimi avranno un’influenza rilevante sono già individuabili, e il primo di questi è, non troppo sorprendentemente, è il riscaldamento globale. I cambiamenti climatici preoccupano ben il 96% del campione, e secondo il 61% sono destinati ad avere un impatto molto maggiore di quanto successo finora, mentre un ulteriore 86% pensa che i problemi di approvvigionamento idrico si acuiranno come conseguenza, nonostante il fatto che gli sprechi di acqua potrebbero essere attenuati dagli strumenti di rilevamento e analisi di nuova generazione che il 38% dei professionisti consultati si aspetta di veder comparire tra i filari. Piuttosto sorprendentemente, per certi versi, solo il 27% dei partecipanti al sondaggio ha dichiarato di aspettarsi un impatto rilevante dall’introduzione di robot in vigna, nonostante il fatto che sempre più cantine abbiano dichiarato di avere in cantiere piani per automatizzare al massimo le proprie attività nel medio periodo.
Un altro fattore che avrà un ruolo primario sarà poi l’evoluzione del gusto dell’enoappassionato globale, dato che non solo il 21% del campione vede all’orizzonte una notevole influenza da parte di nuove varietà e blend, ma un ulteriore 29% vede in ascesa prossima ventura anche nuove regioni e stili produttivi, a danno principalmente di Zinfandel (33%), Gewürztraminer (32%), Merlot (29%) e Cabernet Sauvignon (27%) e a tutto vantaggio di Pinot Nero (18%), Grenache (12%), Tempranillo e Gamay (10%) - ma anche di Nebbiolo, Sangiovese e Barbera. Dal versante dei bianchi, si attenuerà, forse, la popolarità del Pinot Grigio (24%) e del Sauvignon Blanc, mentre per il 57% a crescere da questo punto di vista sarà il Riesling. Considerazioni che, sottolinea “Meininger’s”, sono dettate dal mercato almeno quanto dalla necessità, visto che il pivot verso varietà meno dispendiose in termini di risorse sembra essere evidente. Il consumatore, però, sarà tutt’altro che una variabile indipendente: il 56% dei professionisti intervistati si aspetta che il mercato premierà vini con un contenuto alcolico minore, se non nullo, e blend multiregionali, e il 57% ha dichiarato che la popolarità degli spumanti continuerà ad aumentare. Il 20% ha poi indicato i vini naturali come i prossimi “cavalli vincenti”, per così dire, e il 30% ha fatto lo stesso per i vini “bio”, mentre più del doppio ha indicato l’intero settore dei vini “naturali” - e anche in questo caso è possibile notare che dietro queste previsioni ci sono sia delle evoluzioni nel gusto dei consumatori che dei cambiamenti sociali rilevanti, sulla scia di quanto registrato in tema di cambiamenti climatici.
A minacciare il vino in quanto tale, invece, non saranno nei prossimi 25 anni tanto birra e superalcolici (37%), quanto nuove bevande tout court, sia analcoliche (48%) che alcoliche (45%), e una percentuale non dissimile vede con preoccupazione l’avvicinarsi, lento ma innegabile, della “marea verde” rappresentata dal crescente numero di Stati, americani e non, nei quali l’uso della cannabis è stato parzialmente o completamente legalizzato, e un 12% vede tale evoluzione come una “minaccia significativa” nei confronti del nettare di Bacco.
Brutte notizie, stando ai rispondenti, anche per i critici: per il 40% dei professionisti il loro ruolo è in declino, mentre divulgatori (15%) e sommelier (9%) possono dormire sonni più tranquilli. Dopo l’influenza sempre più marcata dei social media (49%), rimarranno poi preponderanti il ruolo del turismo (46%) e quello degli eventi (29%), mentre il ruolo dello smartphone diventerà per una maggioranza quasi bulgara del campione (90%) più importante che in passato, contribuendo a rendere la vendita online più pervasiva e significativa nei confronti del retail tradizionale (34%, ma con la sola Amazon che si accaparra il 40%). In particolare, più di un professionista su tre (il 38%) pensa che gli strumenti che permettono di acquistare prodotti tramite la sola scansione di un codice a barre, o un QR code, diventeranno molto più importanti di quanto non lo siano ora, e altrettanti ritengono che anche la vendita diretta da parte dei produttori diverrà più influente di adesso.

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