
“Immagina di svegliarti con la luce dorata che filtra tra un uliveto o un vigneto secolare, produrre il tuo olio o il tuo vino da frutti raccolti a mano e condividerlo a cena sotto un cielo stellato”. È l’incipit del paragrafo “Valore vintage: coltivare rendimenti duraturi” inserito nell’“European Lifestyle Report” di Knight Frank, l’agenzia di consulenza immobiliare globale con sede a Londra: una ricerca - che si occupa esclusivamente di persone il cui patrimonio netto è superiore a 30 milioni di dollari disponibili per essere investiti - che racconta come, entro fine 2025, il 46% del campione analizzato prenderà in considerazione l’idea di trasferirsi nel territorio dell’Ue, spinto dalle opportunità di business (principalmente proprio nel comparto agroalimentare) e dalla stabilità finanziaria, dagli incentivi fiscali, dal riparo dalle tensioni geopolitiche internazionali e dai cambiamenti climatici e, non ultimo, anche dal fenomeno dell’overtourism.
Tendenzialmente la preferenza è rivolta alle grandi città d’Europa, ma anche la campagna attrae: soprattutto, secondo lo studio, piace molto a quegli investitori stranieri (che per l’Italia sono principalmente svizzeri, americani e britannici) a caccia di proprietà immobiliari di lusso con la prospettiva di investire in un vigneto o in un uliveto, valutati dai “paperoni” del mondo come asset tangibili con ritorno “ibrido”, e cioè, sia finanziario che come stile di vita. Non a caso - tra i 704 intervistati provenienti da 11 Paesi (Regno Unito, Stati Uniti, Belgio, Francia, Germania, Italia, Irlanda, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Svizzera) e rappresentanti di 30 nazionalità diverse - la Toscana, tra i territori più famosi al mondo grazie anche alla sua campagna, occupa il terzo posto nella graduatoria globale delle scelte dei super ricchi del pianeta per quanto riguarda i “centri non urbani”, dietro alle località montane di Chamonix, in Francia, e Verbier, in Svizzera.
La ricerca spiega che 1 cliente su 8 di Knight Frank 8 chiede informazioni su proprietà con potenziale per attività secondarie come la viticoltura e l’olivicoltura: “non si tratta solo di fascino rustico. Se fatto bene, è una combinazione di passione, business e un bene tangibile che si apprezza nel tempo”, sostiene Alexander Hall, responsabile dell’agenzia per i vigneti internazionali. Il settore vinicolo europeo sta, infatti, attirando sempre più investitori che vedono il vino non solo come prodotto di lusso, ma come bene patrimoniale e dal momento che Francia, Italia, Spagna e Portogallo rappresentano oltre il 60% della produzione globale (secondo World Population Review) è in questi Paesi che si concentra la maggior attenzione dei super ricchi: da tenute ad alto volume e basso margine, a cantine boutique che producono annate limitate a 30-150 euro a bottiglia, con un’attrazione particolare per quelle etichette biologiche e legate al terroir, e magari con una forte tradizione vitivinicola. “Per chi investe in una tenuta vinicola europea non si tratta di inseguire margini industriali - aggiunge Hall - ma di assicurarsi un bene tangibile che produce reddito con ritorni integrati sullo stile di vita. Un luogo dove le riunioni d’affari possono svolgersi durante una degustazione in cantina, e dove l’“asset appreciation” include la vista dalla tua terrazza”.
Non meno tenuto in considerazione è l’olio, in forte ascesa vista la crescente domanda di grassi sani, provenienza trasparente e qualità artigianale. Il report spiega che l’Europa - guidata da Spagna, Italia, Grecia, Portogallo e Francia - produce oltre il 65% dell’olio d’oliva mondiale e che il mercato è diviso in due: lo sfuso da commodity che ha margini sottili e l’extra vergine di alta qualità che si vende a 10-30 euro al litro, ricordando, inoltre, come quei produttori che si concentrano su agricoltura biologica, esperienze integrate, degustazioni, laboratori e agriturismo, stiano prosperando. Tra i territori su cui investire consigliati dallo studio, quindi, figurano Toscana, Piemonte e Puglia, in quanto capaci di incarnare sia la vocazione vitivinicola che olivicola (con Bordeaux e Provenza per la Francia, Andalusia e Baleari per la Spagna, Alentejo e Douro in Portogallo e Corfù per la Grecia), con tanto di tabelle sul costo all’ettaro, regolamenti, certificazioni, rese, sussidi europei e tassazione statale.
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