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RATING MENÙ SCOLASTICI

Il Covid-19 cambia anche la mensa scolastica: menu più semplici e addio sostenibilità ambientale

Lo studio di Foodinsider presentato con Slow Food: troppe proteine, tanti prosciutti e carboidrati. Sul podio le mense di Cremona, Fano e Jesi
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Le mense scolastiche prima e dopo il lockdown

Il sistema della ristorazione scolastica italiana ha subito cambiamenti importanti a causa del Covid-19, sia in termini organizzativi (costi, spreco e impatto ambientale) che di equilibrio nutrizionale: se fino a febbraio 2020, infatti, si registravano moderati sforzi verso menù più sani e sostenibili, in un quadro complessivo in cui a farla da padrone erano comunque proteine animali e carboidrati, la mensa post lockdown ha semplificato la propria offerta, appiattendosi intorno a pasta e pizza. È la fotografia scattata da Foodinsider, osservatorio delle mense scolastiche, presentata, oggi, con Slow Food Italia nella presentazione del Rating dei Menù Scolastici e dell’indagine sulla mensa post lockdown. A mettere in luce punti critici e buone pratiche del mangiare a scuola in tutta Italia, sono stati Rossella Muroni, vice presidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, Claudia Paltrinieri, direttrice di Foodinsider, Francesca Rocchi, delegata per le mense scolastiche di Slow Food Italia, e Giulio Barocco, dell’Azienda Sanitaria Universitaria di Trieste.
A causa del lockdown l’indagine ha fotografato la situazione fino a febbraio, valutando l’equilibrio e l’impatto sull’ambiente di 52 menù scolastici italiani, rappresentativi del 28% circa del panorama della ristorazione scolastica a livello nazionale. Il rating ha registrato un moderato sforzo verso proposte più sane e sostenibili: più legumi e meno carne rossa e alcune iniziative degne di nota contro lo spreco. Tra i migliori spicca Cremona, con due opzioni di scelta e ricette sane e sfiziose, seguita da Fano, Jesi, Trento, Rimini, Bergamo e Mantova, che si posizionano nella fascia dell’eccellenza all’interno del Rating.
Valter Longo, Professore di Biogerontologia e direttore dell’Istituto sulla Longevità alla University of Southern California, sceglie Trento come migliore menù scolastico italiano, mentre Franco Berrino, medico ed epidemiologo, ed oggi presidente dell’associazione La Grande Via per la promozione della longevità in salute attraverso il cibo, l’esercizio fisico e la vita spirituale, preferisce Cremona. I due big dell’alimentazione sana e longeva danno comunque un giudizio negativo sulla mensa italiana: in generale troppe proteine, tanti prosciutti e carboidrati. Il rischio è che sia la mensa a contribuire all’obesità infantile. “Pasta, lasagne, gnocchi e pizza tutti i giorni: questa dose di amidi, quindi di zuccheri, sicuramente aiuta i bambini italiani a essere tra coloro che hanno un record mondiale di sovrappeso e obesità. È ovvio che la base di questa condizione parte dalla scuola”, spiega il professor Longo, per cui l’indicazione è puntare di più sulle proteine vegetali ed educare a un maggiore consumo di verdure.
Mangiare a scuola dopo il lockdown cambia, si semplificano i menù e le ricette si appiattiscono su paste in bianco, al pomodoro o al pesto e pizze, scompaiono minestre e brodi e le polpette diventano bocconcini. Menù semplificati, insieme all’assenza di controlli da parte dei genitori e all’invasione delle stoviglie monouso sono le note più dolenti. Sono soprattutto queste ultime a far crescere gli oneri economici per i Comuni e i costi ambientali, di cui non si tiene conto. La soluzione più green è quella di Venezia, dove i bambini sono abituati da anni a portare le stoviglie da casa, a cui si sono aggiunte la borraccia e la tovaglietta lavabile fornite dal Comune. Di positivo c’è più silenzio mentre si mangia, sia in refettorio sia in classe, e un investimento sulla forza lavoro. Dopo anni di tagli del personale per la chiusura di cucine, introduzione di piatti processati ed efficienze di processo, si rende fondamentale aumentare la forza lavoro. Rimini ha assunto 12 persone e se ne fa un vanto.
Si allarga la forbice tra chi dà un valore sociale ed educativo alla mensa e chi la considera una commodity. Tra chi ritiene il mangiare a scuola sia uno strumento di ‘cura’ dei bambini e continua a cucinare, investendo sulle risorse umane, seppur con più difficoltà e maggiori costi, e chi privilegia i cibi scarta e servi puntando all’efficienza del servizio. “In epoca di pandemia le cucine e i cuochi stanno alla mensa scolastica come gli ospedali e i bravi medici stanno al Covid”, sostiene la direttrice di Foodinsider Claudia Paltrinieri. “La nostra indagine dimostra che più sono diffuse le cucine sul territorio, più i cuochi sono formati e più è facile curare l’alimentazione dei bambini che, in attesa di vaccini, è tra le migliori armi che abbiamo per proteggere la salute dei nostri figli”.
Quindi diventa sempre più evidente “la necessità di promuovere una mensa capace di fornire ai bambini tutti gli antiossidanti, i polifenoli e le vitamine che i cibi devono avere per alimentare il sistema immunitario, come raccomandato da Oms e Fao”, ha ricordato Giulio Barocco, esperto di sicurezza alimentare e nutrizionale integrata in ristorazione collettiva dell’azienda sanitarie universitaria di Trieste. “soprattutto oggi perché, per un numero sempre più alto di bambini, la mensa è l’unico vero pasto della giornata”. L’organizzazione della mensa “è una scelta strategica, una scelta che definirei politica e che dipende dalla cultura e dalla visione degli organi decisionali”, commenta la vice presidente della Commissione Ambiente della Camera, Rossella Muroni. “Il cibo che portiamo a scuola è infatti un potente strumento di politica sociale, economica e ambientale con il quale si possono proteggere i bambini dalla povertà nutrizionale, dall’obesità e dalle malattie, rilanciando un’economia pulita sul territorio”.
Come puntualizza Francesca Rocchi, delegata Slow Food Italia per le mense, “quando parliamo di mensa sana e sostenibile, infatti, non pensiamo solamente a menù realizzati con materie prime coltivate adottando modelli riconducibili all’agroecologia, ma pensiamo al contempo a filiere locali in grado di creare un’economia che generi ricchezza condivisa a beneficio della comunità, della salute delle persone che vivono un territorio, della tutela dell’ambiente e della salvaguardia del paesaggio”.

Focus - Il Rating dei menu scolastici di Foodinsider: la top ten dei Comuni italiani

1. Cremona 184
2. Fano 179
3. Jesi 166
4. Trento 165
5. Rimini 156
6. Bergamo 153
7. Mantova 152
8. Perugia 146
9. Sesto Fiorentino 133
10. Bolzano 132

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