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IL CASO

Il fenomeno dell’Italian Sounding vale di più dell’export agroalimentare: 63 miliardi nel 2023

Ricerca di The European House - Ambrosetti: la Lombardia è la regione italiana più colpita davanti a Veneto ed Emilia Romagna
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L’Italian Sounding colpisce i veri prodotti made in Italy

Una filiera che cresce a ritmo di record, con le esportazioni che nel 2023 hanno toccato i 62,2 miliardi di euro, un primato che abbraccia tante voci, ad iniziare dal valore medio dell’esportazione agrifood con 244,4 euro ogni 100 kg di prodotti, il doppio della Francia (134,8 euro per 100 kg di volume); la leadership mondiale come esportatore di pasta (il 45% del mercato internazionale), di passata di pomodoro (26,7%), e di castagne (23,0%); la seconda posizione come esportatore mondiale di vino, farina di riso, nocciole, mele e kiwi. Eppure, nonostante un successo riconosciuto, non mancano gli ostacoli per l’agroalimentare italiano: nel 2023, la bilancia commerciale della filiera agroalimentare italiana è negativa, con un saldo di -0,7 miliardi di euro. L’Italia è mediamente un Paese più orientato sulla trasformazione, e il deficit complessivo è trainato verso il basso da un saldo commerciale agricolo in continuo peggioramento, che ha raggiunto -13 miliardi di euro. Inoltre l’Italia è solo il quinto Paese europeo per valore delle esportazioni agroalimentari (70% dell’export tedesco e 80% di quello francese) e, tra i primi dieci esportatori europei, l’Italia è settima per incidenza dell’agroalimentare sul totale delle esportazioni, con una quota del 9,9% (50% della quota spagnola, pari al 18,3%, e 75% di quella francese, 13,1%). Tutto questo senza dimenticare la frammentazione del settore che frena la presenza internazionale dei prodotti del Belpaese: il settore è composto per l’83% da piccole imprese, che contribuiscono solo all’11% dei ricavi del settore. E poi, c’è la pressione sulla competitività delle esportazioni autentiche made in Italy esercitata dal fenomeno dell’Italian Sounding. Tutti dati analizzati, nei giorni scorsi, dal Rapporto n. 3 di The European House – Ambrosetti, presentato al Forum “La Roadmap del futuro per il Food & Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni”, a Bormio.
L’Italian Sounding è riferito all’uso di denominazioni, riferimenti geografici, immagini, combinazioni cromatiche e marchi che evocano l’Italia su etichette e confezioni di prodotti agroalimentari non italiani. Un fenomeno purtroppo reale e che ha un certo peso. La Lombardia è la regione italiana più colpita dall’Italian Sounding con un impatto economico negativo pari a 10,2 miliardi di euro l’anno, seguita da Veneto (10 miliardi di euro), ed Emilia Romagna (9,9 miliardi di euro). I dati della ricerca di The European House - Ambrosetti evidenziano, inoltre, come l’imitazione all’estero di prodotti del territorio abbia precluso quasi 9 miliardi di euro di vendite oltreconfine per il Piemonte (8,7), 5,5 per la Campania, e 3,5 miliardi di euro per la Toscana che vede colpiti soprattutto i suoi olii extra vergine di oliva e vini. Ma nella “lista” ci sono anche il Trentino Alto Adige (3,3 miliardi di euro), e la Puglia (impatto di 2,8 miliardi di euro) che soffre per l’imitazione di olio e prodotti agricoli; la Sicilia (1,7 miliardi di euro), e il Friuli Venezia Giulia (1,6 miliardi di euro) che subisce specialmente l’imitazione dei suoi prosciutti. L’impatto dell’Italian Sounding sulle altre regioni italiane si attesta complessivamente a 6,3 miliardi di euro nel 2023.
“Le regioni più colpite dal fenomeno - ha spiegato Valerio De Molli, Managing Partner & Ceo The European House - Ambrosetti - sono quelle che concentrano la propria esportazione su prodotti ad alta intensità di Italian Sounding, come i prodotti a base di carne o i prodotti lattiero-caseari, così come verso i Paesi più sensibili al fenomeno (Giappone, Brasile e Germania). La tutela del made in Italy è una priorità e l’implementazione di nuovi regolamenti Dop e Igp a partire dal 2024 rappresenta un passo significativo in questa direzione. Le associazioni di produttori avranno maggiori poteri per combattere pratiche ingannevoli, dare maggiore trasparenza ai consumatori e generare un valore aggiunto concreto per l’economia: nel 2023 il fenomeno dell’Italian Sounding nel mondo ha superato quello dell’export agroalimentare: 63 miliardi di euro contro i 62 di esportazioni”.
Come analizzato nel dettaglio da The European House-Ambrosetti, nel 2023 i consumatori esteri hanno acquistato 63 miliardi di prodotti tipici italiani “falsificati” che non provengono dal nostro Paese. Questo significa che il valore dell’export food & beverage italiano sarebbe più che raddoppiato a 126 miliardi di euro sommati ai 62 miliardi di export agroalimentare di vero made in Italy. “L’Italian Sounding - ha aggiunto Benedetta Brioschi, partner Teha - è competitivo grazie a prezzi mediamente inferiori del 57% rispetto ai prodotti originali. Negli Stati Uniti, ad esempio, il prezzo del Parmigiano può essere ridotto fino al 38%, quello del mascarpone fino al 50% e della pasta secca fino al 54%”. In Cina, Giappone e Canada mediamente 7 consumatori su 10 cercano, però, prodotti italiani veri senza considerare gli aspetti legati al prezzo che risultano determinati per poco più del 20% degli acquirenti. Anche in Germania il 72% dei consumatori desidera prodotti veramente italiani (il 28% ha, invece, la priorità di spendere meno), o in Australia (70%) e Brasile (69,1%). Più contenuta la quota nei Paesi Bassi (66% vuole il “vero italiano”), negli Stati Uniti (63,0%), in Francia (62,6%) e nel Regno Unito dove non si supera il 55% di consumatori che ricercano prodotti veramente made in Italy anche a fronte di una maggiore spesa. Ragù (61,4% Italian Sounding vs 38,6% vero prodotto italiano), parmigiano (61,0% vs 39,0%) e aceto balsamico (60,5% vs 39,5%) sono i tre prodotti più presenti in versione “imitazione” sugli scaffali della grande distribuzione all’estero. Secondo i dati The European House-Ambrosetti, seguono pesto (59,8% Italian Sounding vs 40,2% vero prodotto italiano), pizza surgelata (59,3% vs 40,7%), prosciutto (59,2% vs 40,8%), pasta di grano duro (59,2% vs 40,8%), ma anche Prosecco (58,9% Italian Sounding vs 41,1% vero prodotto italiano), salame (58,5% vs 41,5%), gorgonzola (57,0% vs 43,0%) e olio extra vergine di oliva (56,8% vs 43,2%). L’export agroalimentare italiano dei top Paesi mondiali (dieci in tutto) per Italian Sounding è pari a 35 miliardi di euro. In ciascuno di questi Paesi sono stati studiati 11 prodotti agroalimentari tipici del made in Italy, i quali raggiungono un valore di export cumulato pari a 8,2 miliardi di euro (+9,3% sul 2022), ovvero il 13,2% del totale, confermando l’importanza del cluster preso in analisi. Il Prosecco, terzo prodotto, tocca quota 1,1 miliardi di euro.
“L’Italian Sounding - conclude Valerio de Molli - si può contrastare attraverso iniziative economiche e industriali in sinergia con un cambiamento culturale soprattutto nella consapevolezza del consumatore estero. Certamente è prioritario realizzare investimenti produttivi, ma anche comunicare con efficacia il made in Italy con iniziative di educazione del consumatore. Da un lato la riduzione delle barriere doganali e l’internazionalizzazione della filiera italiana della distribuzione possono essere fattori determinanti così come una forte disincentivazione all’indicazione fallace in etichetta, ma anche la creazione di ambasciatori del ,ade in Italy e l’adozione di tecnologie che permettano una precisa tracciabilità del prodotto”.

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