Brunello di Montalcino. In anteprima il meglio della vendemmia 2017 … Abbiamo assaggiato le etichette dell’annata presto in commercio. Ecco i nostri consigli...È un piccolo grande vino. Rappresenta lo 0,2 per cento della produzione totale nazionale ma, come rileva un’indagine commissionata da Wine Intelligence, è la tipologia più conosciuta dalla gente: il 68 per cento degli italiani sanno di cosa si parla quando si parla di Brunello di Montalcino, più dello “spritzesco” Prosecco (64), del Chianti (64), del Chianti Classico (62), del Montepulciano d’Abruzzo (61) e del Franciacorta (61), tutti vini con ben altri numeri. Il Brunello di Montalcino è un vino antico e moderno al contempo: prodotto da secoli nel territorio ilcinese, e “inventato” da Biondi-Santi nella se-conda metà dell’Ottocento, è solo negli ultimi decenni che è esploso, entrando nel gotha dei grandi vini mondiali: si pensi che, secondo l’analisi di WineNews, nel 1992 un ettaro di vigneto di Brunello costava 40 milioni di vecchie lire (pari a 36.380 euro attuali secondo l’attualizzazione Istat), oggi vale 750mila euro, quasi venti volte di più. E un ettolitro di vino valeva 227 euro nel 1992 e 900 euro oggi. Oggi Montalcino ha 4.300 ettari vitati, dei quali 3-150 iscritti a doc e docg, e 218 aziende producono mediamente 14 milioni di bottiglie l’anno, 9 delle quali di brunello di Montalcino (il resto di Rosso di Montalcino, tipologia sulla quale molte aziende sembrano puntare sempre più forte). E attira solo nei quattro mesi estivi (da giugno a settembre) 100mila visitatori, il 60 per cento in più rispetto all’infelice 2020 e ai livelli del 2019, ultimo anno pre-Covid. A Montalcino ha trascorso lo scorso fine settimana in occasione della trentesima edizione di Benvenuto Brunello, la manifestazione dedicata agli operatori del settore che presenta le nuove annate di Brunello di Montalcino (quest’anno il 2017), di Brunello di Montalcino Riserva (il 2016) e di Rosso di Montalcino (il 2020), oltre che di Sant’Antimo e di Moscadello. Per la prima volta quest’anno la kermesse, a cui partecipano buona parte dei produttori (con qualche assenza di rilievo come Biondi-Santi e Il Marroneto), si è svolta in autunno invece che a febbraio, e quindi in anticipo rispetto all’uscita sul mercato delle etichette, che per legge può avvenire il 1° gennaio 2022. Le etichette di cui vi parleremo potrete quindi trovarle solo tra pochi mesi nelle enoteche e nei ristoranti. Ritagliate e conservate quindi i nostri appunti. L’annata 2017 non fu climaticamente semplice: gelate in primavera, siccità in estate, poi un settembre regolare che ha “aggiustato” un po’ le cose. La qualità media delle decine e decine di etichette da me assaggiate è certamente inferiore alle magnifiche 2016 e 2015, un uno-due di capolavori, e forse un po’ troppo concentrata e talora scomposta, ma è co-munque piuttosto piacevole e con punte qualitative piutto-sto notevoli. A me è piaciuto molto il Brunello di Montalcino 2017 di Argiano, balsamico ed elegante e con tannini guizzanti, il Brunello di Montalcino Vigna Marrucheto 2017 di Castello Banfi, dall’inconfondibile stile austero, il Brunello di Montalcino 2017 Castiglion del Bosco, essenziale e nervoso, il Brunello di Montalcino 2017 Carpineto, dal commendevole equilibrio, il Brunello di Montalcino 2017 Il Poggione, con un naso ricco di spezie e note tostate, il Brunello di Montalcino 2017 Tenuta di Sesta, con esaltanti ricordi termali e un carattere sottile. Poi ci sono i fuoriclasse, primo fra tutti secondo me il Brunello di Montalcino 2017 Casanova di Neri, che Giacomo Neri ha disegnato ricco di salvia e guizzi salmastri, dall’incedere elegantissimo. Ci sono poi un mio prediletto, il Brunello di Montalcino 2017 Giodo, il creatura dell’enologo Carlo Ferrini: rigoroso, avvolgente, soffice come un piumino da cipria, e il Brunello di Montalcino 2017 Ciacci Piccolomini d’Aragona, vibrante, sontuoso. Circoletto rosso anche attorno al Brunello di Montalcino Uccelliera 2017, profondo in modo vertiginoso. Tra i Brunello da singola vigna ho adorato il Pianrosso Ciacci Piccolomini d’Arag-na, scattante come un velocista olimpionico; l’Altero Poggio Antico dai tannini felpati e dalla grande classe, il Filo di Seta Castello Romitorio, che si gioca la partita più sulla sapidità spingente. Notevole anche l’annata 2017 del Brunello di Montalcino Vigna del Fiore di Fattoria dei Barbi, da un unico appezzamento sassoso di 5,7 ettari, che dona a questo vino eleganza, complessità e una longevità che non pregiudica l’immediatezza di una bevibilità già ben pronta. E poi quanto è enciclopedico e ironico il titolare Stefano Cinelli Colombini, che mi ha accompagnato per la cantina che è un museo di questo vino formidabile.
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