Sinonimo di dolcezza, cibo divino, alimento dai poteri miracolosi, il miele ha animato leggende e miti di molti popoli. In India, attribuivano al miele significati simbolici e lo usavano per preparare filtri d'amore ed anche la vita delle api era ammantata di mistero. Di nettare e ambrosia si nutrivano gli Dei dell'Olimpo e gli uomini, consapevoli che da questi cibi veniva l'immortalità, cercarono sempre il mitico oro biondo. Gli Dei per confortare gli uomini dalle sventure, non potendo loro dare l'immortalità gli permisero di gustare il sapore dei cibi privilegiati come il miele, l'equivalente terreno dell'alimento che Ebe versava sulla tavola di Zeus, e il dio Thor beveva l'idromele che fiacca le gambe e dà ali alla mente. Tutti, dalla Bibbia ai poemi omerici, ai papiri egizi concordano nell'esaltarne le virtù. Usato anche nella farmacopea e nel campo della cosmesi già dall'antica civiltà dei Sumeri, che visse tra il 3000 e il 2000 a.C. nel sud della Mesopotamia, gli Assiri e i Babilonesi lo consideravano sacro e lo offrivano alle loro divinità durante solenni cerimonie religiose. Gli Egiziani diedero molta importanza all'apicoltura e la praticavano lungo il Nilo per profittare di diverse e successive fioriture. Riuscirono a stabilire un'intesa con le api e organizzare le prime arnie secondo un modello che rimarrà immutato per secoli. Per i Romani era un alimento fondamentale presente in ogni momento del pasto ed in epoca repubblicana e imperiale, addirittura, tenevano le classifiche estese dal polline ai luoghi d'origine. La sua grande importanza alimentare si è conservata per tutto il Medioevo e il miele non era importante solo come alimento, ma anche per la cera e proprio nei monasteri, durante i periodi bui del Medioevo, fu salvata l'apicoltura. Ed è una pergamena del 1205 del Monastero di Montecelso che testimonia l'uso, nel contado senese, di “pan melato”, o “melatello” un dolce povero preparato con farina e l'acqua di lavaggio degli “ziri” contenitori di miele, che si arricchisce di frutta secca, spezie e diventa “panforte”, il più famoso dolce senese, ancora oggi preparato con il miele. All'oro biondo, si deve l'identificazione del dolce con la bontà spirituale, espressa oltre che dal sapore anche dal colore biondo, come i capelli degli angeli. Legame che si ritrova in “Dolce come il miele” un modo di dire che racchiude l'importanza che questo alimento ha avuto nel corso dei secoli, e nel suono dolce della parola, con la stessa labiale di mamma: miele per noi italiani, methu per i greci, mel per i romani, meto per i germanici. Anche quando cambia radice come in honey rimane dolce, non a caso i popoli di lingua inglese chiamano la donna amata honey, e anche la sposa del Cantico dei Cantici, ha la bocca dolce di miele e latte. Tanta notorietà il miele se l'è conquistata nei molti secoli di vita, come dimostrano i graffiti dell'età della pietra, trovati nella Grotta del Ragno a Valencia, in Spagna. Ma il successo è effimero e sulla sua strada ha trovato un rivale, lo zucchero, bianco e dolce, tanto da far innamorare milioni di persone e decretare la fine dell'era dell'oro giallo. Nettare degli Dei, cibo straordinario offerto dalla natura già pronto, è energetico, facilmente digeribile, nutriente, ed inoltre è un alimento vivo, difficile da sofisticare. Da unico alimento che addolciva la vita, dopo anni di oblio, perchè considerato una sostanza sdolcinata, oggi sta riconquistando il palato dei consumatori e la sua genuinità, indiscussa, ha tutti dalla sua parte, è divenuto il cibo che concilia il desiderio di avere il meglio con il ritorno alla natura e la ricerca del genuino. Niente è più adatto a rispondere a queste caratteristiche del miele, frutto della fatica operosa delle api.
LA CURIOSITA’:GLI ETRUSCHI ERANO GHIOTTI DI MIELE
Gli Etruschi ammiravano il modo di vivere delle api e riconoscevano alla femmina, regina ed operaie, l’evidente ruolo predominante nella vita dell’alveare. Ai loro tempi era Priapo, dio degli orticelli, il protettore ufficiale dell’“alato popolo”. In un’anfora di creta, nella tomba della sacerdotessa Larthi, in Cerveteri (Viterbo), venne trovato del miele. Testimonianza palese, tra le numerose altre, che gli Etruschi amavano molto questo prodotto nel cui colore vedevano il ricordo dell’Età dell’Oro. Il miele entrava a far parte di diversi cibi e bevande di questo popolo dai gusti raffinati. Mescolato al vino ottenevano una bevanda particolarmente gradita all’epoca e chiamata “Mulsum”. Gli Etruschi, inoltre, consideravano cucina raffinata quella che riusciva ad unire in una sola pietanza gli odori più acuti come la menta e la ruta o le spezie d’ogni sorta: pepe, senape, silfio, zafferano. Sapori ai quali, i raffinati dell’epoca, non si risparmiavano mai di aggiungere del miele.
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