Il miele più costoso? Quello di corbezzolo, prodotto solo in Sardegna e nella Maremma toscana, che si può pagare fino a 30 euro al chilo. Il miele più raro? Quello di nespolo del Giappone, prodotto esclusivamente in una piccola zona del Palermitano, dove si pratica ancora questa insolita coltura. Il miele più strano? Quello di marruca, una pianta difesa da migliaia di spine che veniva anticamente utilizzata per realizzare recinzioni impenetrabili. Il miele più venduto in Italia? Quello millefiori, subito seguito dal miele di acacia, che si mantiene liquido nel tempo a differenza di quasi tutti gli altri. Ci saranno tutti i mieli d’Italia, compresi i più rari ed introvabili, alla “Settimana del Miele di Montalcino” (9-11 settembre), la più importante kermesse nazionale del settore. I segreti e le virtù dei prodotti delle api, ma anche momenti di studio e di dibattito scientifico saranno al centro di questa annuale passerella: in agenda varie discussioni e approfondimenti, che quest’anno si concentreranno soprattutto sul pericolo rappresentato dal miele contaminato da antibiotici in arrivo dalla Cina.
E pensare che nel nostro Paese sono decine le tipologie di miele prodotte, comprese alcune davvero particolari: il pregiato miele di corbezzolo, per esempio, che arriva dalla Sardegna e dalla Maremma, e costa ben 30 euro al kg. Dal colore ambrato, con tonalità grigio-verdi, ha odore pungente (simile ai fondi di caffé) e sapore decisamente amaro e caratteristico: non è un miele per tutti i gusti, si tratta di un prodotto riservato ad intenditori e gourmet, che lo degustano da solo o in abbinamento a particolari formaggi, come il caprino.
Invece il miele più difficile da trovare, vista la sua limitatissima produzione, è quello di nespolo del Giappone (25 euro al kg): viene infatti prodotto da questa rara pianta coltivata esclusivamente in una piccola zona della Sicilia, vicino Palermo. È un miele profumatissimo e molto laborioso da produrre, poiché la pianta fiorisce in inverno, quando le api difficilmente bottinano, se non trovano un clima ideale. Si tratta di una delle prelibatezze alimentari italiane più ricercate dai facoltosi giapponesi, tanto che i commercianti nipponici di eccellenze gastronomiche, per soddisfare i loro clienti più esigenti, da anni sbarcano in Sicilia ed opzionano tutto il raccolto (circa 2.000 chilogrammi all’anno) di questo monoflora unico, non badando a spese.
Ma il miele più “strano” è decisamente quello di marruca (circa 20 euro al kg), prodotto solo in alcune buone annate in Toscana: si tratta di un arbusto con migliaia di spine, che un tempo veniva utilizzato per formare recinzioni invalicabili all’uomo e alle bestie. Ha colore ambra-oro, consistenza liquida e aspetto trasparente, con odore e sapore molto intensi che ricordano il profumo della macchia mediterranea, e un leggero retrogusto amarognolo. E’ super-quotato negli Emirati Arabi, ed in particolare in Kuwait, dove è denominato miele di Seder, ed è rarissimo poiché è l’unico miele che si produce nel deserto. In Italia però il miele più amato e venduto è il millefiori, seguito da quelli di acacia, agrumi e castagno. In realtà non esiste un’unica categoria di millefiori, ma tante quante sono le possibili combinazioni di piante. Ogni millefiori possiede proprie caratteristiche che si ripetono di anno in anno con variazioni più o meno importanti, ma che non nascondono la base: il paragone con le annate del vino è il più appropriato. Anche il miele di acacia è particolarmente amato nel nostro Paese: colore chiaro, odore leggero e fruttato, sapore decisamente dolce, si contraddistingue per il fatto che non cristallizza, rimanendo sempre liquido, e questo lo rende particolarmente amato dai bambini o da chi usa il miele per dolcificare le bevande. Però i consumatori più giovani (sotto i 40 anni), preferiscono tipologie dal gusto ed aroma più marcati, come quelle dei mieli di bosco, di castagno e di eucalipto: i migliori da abbinare ai formaggi, una pratica sempre più diffusa ed apprezzata.
Ma in un ideale viaggio tra le tipologie di miele più particolari prodotte nel Belpaese, non si può dimenticare lo “strano caso” del miele di melata: non si tratta di una pianta, bensì di un insetto! La Metcalfa pruinosa è un insetto di origine americana che attacca molte piante diverse - sia spontanee che coltivate - e produce un’abbondante secrezione detta melata, raccolta dalle api che ne fanno un miele molto particolare. Dal colore scuro, odore vegetale e sapore meno dolce e stucchevole dei mieli di nettare, a volte leggermente salato, il miele di melata, grazie al passaggio in due diversi organismi animali, risulta particolarmente ricco di elementi nutrizionali, e in particolare di oligoelementi minerali. Per il miele di melata, una produzione tipica e consolidata italiana, il Ministero delle Politiche Agricole ha vietato l’uso della dizione “Miele di bosco” con cui è comunemente conosciuto e consumato. Un cambiamento che rischia di generare confusione nei consumatori, già messi a dura prova nel capire l’esatta origine del miele che acquistano.
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