Se l’export italiano cresce da anni, ed anche in un 2022 difficilissimo, dove ha fatto 9,8% sul 2021, sfiorando i 7,9 miliardi di euro, è merito di tante imprese che portano i loro brand, i loro vini e il made in Italy con successo nel mondo. E, per farlo, hanno bisogno anche delle grandi fiere a loro supporto. Sia quando vanno all’estero, sia quando è il mondo a venire in Italia (con il Prosecco “re” dei due mondi, traino della crescita all’estero e vino più venduto nella distribuzione moderna italiana, ndr). Come sarà a Vinitaly, di scena dal 2 al 5 aprile, a Verona, dove, secondo Veronafiere, saranno presenti oltre 1000 “top buyer” da 68 Paesi del mondo, il +43% sull’edizione 2022, grazie alle presenze record da Usa, Canada e Cina, che segna il grande ritorno dell’Asia insieme al Giappone, e ad una presenza forte da Nord Europa e Sud America. Un dato, questo, che incrementerà il totale del panel internazionale del business in fiera nelle quattro giornate e che, secondo le proiezioni, dovrebbe superare il consuntivo 2022 di Vinitaly, che si chiuse con 25.000 buyer stranieri da 139 Paesi, il 28% degli 88.000 operatori totali arrivati a Verona, facendo registrare la più alta incidenza estera di sempre.
“La strada per la crescita del settore è sempre di più l’export, come emergerà dal rapporto Osservatorio Uiv-Vinitaly e Prometeia, che presenteremo, a Roma, il prossimo 22 marzo ( nelle conferenza stampa Vinitaly 2023, ndr) - spiega l’ad Veronafiere Spa, Maurizio Danese - un export che, negli ultimi 10 anni, vede il vino tra i comparti del made in Italy a maggior tasso di crescita e una bilancia commerciale sempre più determinante per il sistema Italia. Per questo, Vinitaly 2023 accelera il percorso di rinnovamento del format che, a tendere, sarà sempre più smart e funzionale alle esigenze delle aziende e del settore stesso. Lo scenario competitivo fortemente mutato in questi ultimi due anni ci impone di efficientare le risorse economiche ed organizzative per sostenere il posizionamento delle cantine sui mercati”.
Tra i 68 Paesi (rappresentati a Vinitaly n. 55) spiccano per numerosità le delegazioni di operatori e importatori profilati da Stati Uniti e Canada, a pari merito con un contingente che supera complessivamente i 200 top buyer, con nuovi arrivi dalla grande distribuzione del Midwest e dai vertici della Nabi (National association of beverage importers, l’associazione degli importatori di vino negli Usa) e con ben undici referenti della Société des Alcools du Quèbec (Saq) e del Liquor control Board of Ontario (Lcbo), due dei più importanti Monopoli canadesi. Grande attesa per il ritorno della Cina che, dopo i lockdown e i divieti prolungati, è pronta a riprendersi il proprio status di colosso emergente. Una selezione, quella realizzata da Veronafiere a Shangai unitamente agli uffici operativi della joint venture a Shenzen, che porterà a Vinitaly 130 responsabili acquisti tra cui i primi venti importatori nazionali per volume e valore come Cws, Interpocrom e Asc, i principali gruppi di primo livello dell’horeca, da Vino Bento a Wine Universe e Gruppo Bottega fino Lady Penguin e Vinehoo, le piattaforme di e-commerce più referenziate.
Intanto, però, c’è grande attenzione anche sul mercato interno italiano, dove la Grande Distribuzione Organizzata gioca un ruolo determinate, soprattutto in volume. E se il 2022 - dopo un 2021 ed un 2019 di crescite enormi, con i consumi domestici che hanno in parte sopperito - ha segnato una diminuzione nelle vendite che sa di “ritorno alla normalità”, con le vendite che si sono attestate a 2,2 miliardi di euro (-1,8%), per 664,7 milioni di litri(-5,4%), con un prezzo al litro in leggero aumento (+3,8%, a 3,3 euro a litro), vede in testa alle vendite (così come avviene per le esportazioni nel mondo) il Prosecco, che è il vino più venduto, di gran lunga, in valore ed in quantità, davanti a Chianti, Lambrusco e Montepulciano d’Abruzzo, nonostante i dati siano per tutti in calo, in volume e valore. Emerge dalle anticipazioni della ricerca Circana (già IRI, ndr) che sarà presentata poi nel dettaglio a Vinitaly, il 3 aprile, nella consueta tavola rotonda su vino e Distribuzione Moderna, organizzata da Veronafiere, alla presenza di Virgilio Romano (Circana), e ancora per Federvini, Mirko Baggio (Responsabile Vendite Gdo di Villa Sandi), per Unione Italiana Vini, Luca Devigili (Business Development Manager di Banfi), per Conad, Simone Pambianco, Category Manager Bevande; per Coop Italia, Francesco Scarcelli, Responsabile Reparto Beverage, per il Gruppo Selex, Flavio Bellotti, Responsabile Category Vino, per Carrefour, Lorenzo Cafissi, Responsabile Beverage Alcolico, e per MD, Marco Usai, Wine Specialist.
Dai numeri, emerge come il vino rosso fermo sia ancora la categoria che muove più valori (1,03 miliardi di euro) e volumi (284,2 milioni di litri), davanti al vino bianco fermo (793,7 milioni di euro per 248,6 milioni di litri) e allo spumante bianco (602,4 milioni di euro per 89,9 milioni di litri). Venendo alla singole tipologie, messe in fila per quantità, il Prosecco, come detto, è dominatore assoluto, con ben 328,5 milioni di euro in valore (-3,6%) e 46,8 milioni di litri (-11,9%), seguito, a distanza da Chianti (94 milioni di euro, -3,5%, per 17,6 milioni di litri, -3,5%), Lambrusco (60,2 milioni di euro, -4,2%, per 16,9 milioni di litri, 9,4% ), e ancora da Montepulciano d’Abruzzo (46,4 milioni di euro, -0,5%, per 12,8 milioni di litri, -3,1%) e Chardonnay (51,6 milioni di euro, -1,3%, per 12,3 milioni di litri, -4%). In posizione n. 6 e n. 7, invece, seguono le uniche tipologie in “top 10” in crescita in quantità e valore, entrambe bianchiste, come Muller Thurgau (10,5 milioni di litri, +7,5%, per 50 milioni di euro, +6,5%) e Vermentino (10,1 milioni di litri +6,4%, per 69,3 milioni di euro 9,9%), mentre chiudono, ma in calo, Barbera, Bonarda e Nero D’Avola).
Il 2023? Tutto da decifrare, con gli aumenti dei listini da parte delle cantine, e necessari, legati agli aumenti dei costi di produzione, che faticano ad essere accettati dalla gdo, come già raccontato, nei mesi scorsi, da WineNews.
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