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Il Sole 24 Ore / Rapporti

Sinergie per cavalcare l’export ... Nello sviluppo di piattaforme comuni la chiave di crescita dell’alimentare... Il settore alimentare si prepara all’Expo 2015 con numeri in crescita e con potenzialità forti, affrontando il futuro anche attraverso il traino delle fiere di settore con la consapevolezza degli operatori della forza del made in Italy e, al tempo stesso, delle attuali difficoltà sui mercati. Lo stato di salute del settore food in Italia è buono: il fatturato cresce, sul mercato nazionale si registra una buona tenuta e le esportazioni sono in aumento. Il comparto vale 120 miliardi, di cui 20 di export: un balzo in avanti del 6,2% sul 2007, dopo un biennio poco sotto il +3%, e ancora più significativo per le esportazioni, dai 16,6 miliardi del 2006 e dai 17,84 del 2007 (dati Federalimentare). In primo piano, lattiero-caseario (12,7% del fatturato 2007), vino (9,6%), dolci (9,3%) e salumi (6,7%). Numeri e volumi che confermano l’alimentare al secondo posto (dopo il metalmeccanico) nell’industria italiana, con una quota del 12% e con la capacità di reggere meglio di altri settori i colpi della crisi.
“Fatturato ed export - afferma Daniele Rossi, direttore generale Federalimentare - sono entrambi al massimo storico, il mercato ha tenuto in Italia ed è andato bene all’estero, anche in area dollaro, nonostante le enormi difficoltà del 2008 come il calo prezzi, l’aumento dei costi e le difficoltà con le materie prime. I Paesi stranieri di riferimento sono Germania, Stati Uniti, Regno Unito e Francia, mercati saturi in cui però continuano a essere scelti (e anche imitati, purtroppo) i nostri prodotti. Tutto ciò è segno di forti potenzialità”.
Tra i nuovi clienti oltre frontiera è forte l’incremento delle esportazioni verso l’Est, Russia in particolare, mentre le difficoltà sono maggiori verso Cina e India, dove riescono a operare solo i colossi. Tre i motivi: dimensione delle aziende e rapporto con catene distributive del tutto nuove, che muovono volumi enormi in tempi molto stretti; dazi e protezioni tariffarie e non (protocolli sanitari, ad esempio); tradizioni e regimi alimentari dei due Paesi (pochi spazi per alcolici, latte, carni crude e suine). L’ingresso su quei mercati passa attraverso due porte: “Alta ristorazione e catering di lusso da una parte - spiega Rossi -, una collaborazione tra le imprese in consorzi dall’altra. Le alleanze si giocano su piattaforme comuni per tecnologia, distribuzione e logistica, e anche per fiere e promozione. All’estero comunque la presenza è già forte. All’Anuga di Colonia, ad esempio, un sesto delle imprese viene dall’Italia. Nel nostro Paese abbiamo bisogno di linee b2b, di fiere che siano vetrine specializzate e coinvolgano i buyer stranieri”.
In questo quadro e di fronte a tali richieste, il mercato fieristico nazionale vuole dare le proprie risposte: tra le capitali dell’alimentare c’è Parma, che con la biennale Cibus (e con il nuovo evento Cibus Pro dal 2009) sostiene il made in Italy. “Nel 2008 il settore ha tenuto molto meglio di altri - spiega Beppe De Simone, segretario generale di Fiere di Parma -, c’è comunque attenzione per massimizzare offerte e risorse. Per questo dal 2006 ci siamo concentrati sempre più sull’essenza dell’evento fieristico, cioè l’incontro tra domanda e offerta, tra chi produce e chi compra, soprattutto dall’estero, e abbiamo dato più spazio a ristorazione e consumo fuori casa. In questo Cibus Pro è un format fieristico essenziale, che mira all’efficienza e all’export, per affrontare le sfide dei prossimi anni”.
Sguardo al futuro anche per FieraMilano International, che intorno a Tuttofood sente forte l’effetto marketing dell’Expo 2015: “Ora la manifestazione - dice Sandro Bicocchi, amministratore delegato
Fmi - si presenta strategica in vista del 2015, nelle prossime tre edizioni le aziende vogliono esserci per avere un ruolo consolidato all’Expo. Siamo consapevoli di questo grande asset e al tempo stesso continuiamo a essere disponibili per nuove sinergie. Per il 2009 prevediamo un’accelerazione nel comparto: la crisi imporrà di massimizzare, in tempi stretti, gli investimenti. Le fiere sono mutate profondamente, rientrano nelle strategie delle aziende come momento di confronto e di analisi, per cogliere le nuove tendenze. Tra queste l’attenzione per l’estero, su cui lavoriamo socio, come dimostra l’accordo con il Fancy food (a mio avviso negli Stati Uniti i consumi ripartiranno prima che altrove, grazie alle misure anticrisi), e per il consumo fuori casa: abbiamo stretto un’importante alleanza con la Fipe (Federazione italiana piccoli esercizi, oltre un milione di aderenti), anche in vista di una manifestazione dedicata”.
Tra le capitali dell’alimentare anche Torino, dove l’edizione 2008 del Salone del Gusto - kermesse biennale, organizzata da Slow Food con l’evento Terra Madre, all’insegna del cibo “buono, pulito e giusto” - ha richiamato 180mila visitatori, di cui un quarto stranieri; metà dei 62mila mq (con 620 espositori) era per attività didattiche e di degustazione. Tra i comparti di maggior interesse per
il food e l’export c’è poi il vino: la vetrina di riferimento è Vinitaly, a Verona, che nel 2008 ha battuto il record storico di presenze stranie re. “Abbiamo lavorato molto - sottolinea Flavio Piva, direttore mercato e condirettore generale di Veronafiere - e a stretto contatto con le imprese, non solo con i marchi più accreditati e blasonati ma anche con quelli piccoli ed emergenti. Ci siamo concentrati sugli operatori business, il segmento Horeca (hotel, restaurant, catering, ndr) anzitutto, ma anche sui “wine lover”, acquirenti molto interessanti. Oggi al mondo siamo la manifestazione più grande e di maggior qualità sul vino. Il segreto è personalizzare la presenza secondo le esigenze dell’espositore. E poi, col Vinitaly World Tour, portiamo all’estero i produttori più strutturati e li aiutiamo nei percorsi di internazionalizzazione”.

In calendario...
Vinitaly di Verona ... In tour per il mondo...
In tour per il mondo Edizione numero 43, dal 2 al 6 aprile, per la manifestazione che porta buyer da tutto il mondo: lo scorso anno sono stati 157mila i visitatori specializzati, di cui 43mila dall’estero (+25%, da 110 Paesi; tra loro, la metà grossisti, importatori ed esportatori, agenti, e un terzo rappresentanti di Gdo, dettaglio e Horeca), e 4.200 gli espositori, da 35 nazioni.
Al Vinitaly è riconosciuta una leadership internazionale che nasce anche dalla capacità di creare iniziative ed eventi che hanno trasformato l’esposizione di vini e distillati da vétrina a rete di contatti tra operatori specializzati. Inoltre La kermesse sa anche superare i confini: da dieci anni il Vinitaly world tour (tra le mete: Cina, Giappone, Stati Uniti, India e Russia) è strumento efficace per incrementare l’internazionalizzazione delle aziende e dell’agroalimentare made in Italy.
Forte anche il legame con la gastronomia, non solo per [a ristorazione ma anche per le sinergie con manifestazioni come Sol (olio d’oliva extravergine), Agrifood (agroalimentare di qualità), Enolitech (tecnologie per olio e vino) e Grappa tasting. Non mancano i premi collegati, come il Concorso enologico internazionale (estremamente selettivo: solo il 3% di riconoscimenti assegnati su 3.500 vini), il Concorso internazionale di packaging e il Premio internazionale Vinitaly.

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