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IL TEMPO

L’Italia del vino all’estero si allarga: non più solo Toscana e Piemonte ... Nell’elite mondiale dei vini italiani non ci sono più soltanto quelli prodotti da Toscana e Piemonte. La geografia enologica sta cambiando e si affacciano anche nuove realtà. Lo dice la critica, ma lo dice soprattutto il mercato, con le performance all’estero di tanti territori, soprattutto del Sud d’Italia, che negli ultimi anni si sono conquistati un posto al sole, affiancandosi ai due storici “must” dell’enologia tricolore. La notizia arriva dal sito online WineNews che a sua volta riporta un servizio della pubblicazione che per anni è stata, e rimane, la più importante voce critica del vino a livello mondiale, “The Wine Advocate”. La rivista fondata da Robert Parker, e oggi in mano ad investitori asiatici (ma di cui Parker è sempre firma top) per la prima volta, nella sua “Vintage Chart” 2013, una sorta di cronistoria aggiornata ogni anno, con la serie storica delle valutazioni delle annate dei territori più importanti del mondo, per l’Italia, oltre a vini e ai territori più importanti di Toscana (Brunello di Montalcino, Chianti Classico, Maremma e Bolgheri) e Piemonte (Barolo e Barbaresco), ha inserito, per la prima volta, anche la Campania, con il Taurasi, il Friuli Venezia Giulia, con i bianchi del Collio, la Sicilia, con l’Etna, il Veneto, conl’Amarone della Valpolicella, e il Trentino Alto Adige, con i vini bianchi. “Sono molto orgogliosa di queste new entry - ha spiegato al sito online Monica Larner, “italian reviewer” per l’Italia di “The Wine Advocate” - il mio obiettivo è quello di far conoscere di più i tanti affascinanti e uniti territori del vino italiano. Il bellissimo lavoro che viene fatto in ques ti territori meno conosciuti, testimonia l’enorme potenziale dell’enologia italiana. E credo che abbiamo appena “grattato la superficie” di quello che l’Italia, con le sue tante espressioni territoriali e varietà indigene di uva, può offrire. Sono orgogliosa, in particolare, dell’ingresso nella “Vintage Chart” dell’Etna, che confermai grandi standard raggiunti dalNerello Mascalese e dalle altre varietà coltivate e vinificate sul vulcano, e credo che l’Etna è sulla strada per diventare una delle regioni vinicole più importanti d’Italia. E anche il Taurasi, in Campania, è un simbolo dei “fine wine” che si possono trovare al Sud. Ma ci tengo a sottolineare anche l’ingresso nella lista della Valpolicella, terra dell’Amarone”. Poi un’anticipazione: per il numero 209 di “The Wine Advocate”, spiega, “stiamo preparando proprio un focus su Amarone, Ripasso e Recioto”. Intanto però dai mercati dei pesi del Bric (Brasile, Russia, India e Cina) arrivano brutte notizie proprio per le importazioni dei vini stranieri e anche italiani. Se problemi sulla contraffazione e lo spettro dell’indagine antidumping sui vini Ue stanno frenando lo sviluppo in Cina, e le leggi che vietano la pubblicità di ogni genere di alcolico stanno rallentando la crescita in Russia, anche il Brasile inizia a mostrare qualche segnale di cedimento. Lo evidenzia un report dell’istituto di credito olandese Rabobank, rilanciato anche questo da WineNews, che registra una calo nella crescita delle importazioni di vino nei primi 3 mesi del 2013. Dovuto a diverse cause: il rallentamento generale della crescita economica brasiliana su tutte, che se dal 2006 al 2010 ha visto una crescita tra il 4% e l’8% all’anno, nei prossimi anni è prevista in crescita solo del 2%. Ma non c’è solo questo. A complicare le cose per chi vuole esportare vino in Brasile c’è stata anche una serie di misure di “salvaguardia” dell’industria vinicola nazionale, che gode di un regime fiscale molto più agevolato rispetto a chi importa, che unito ad un deprezzamento del prodotto brasiliano in media del 25%, crea delle pressioni competitive sul prezzo talvolta insostenibili per il vino straniero. Per i vini italiani le esportazioni in Brasile, tra il 2010 e il 2012, sono cresciute del 16%, passando da 30 milioni di euro nel 2010 a 35,5 milioni nel 2012, con l’Italia che è il Paese n. 4 in Brasile, con una quota di mercato a valore del 14%, preceduta da Cile, Argentina e, di poco, dalla Francia, secondo dati dell’agenzia di promozione International Exibition Management.

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