Nonostante i venti di crisi abbiano soffiato nel 2023 anche sul vino italiano, il settore non è stato colpito tutto allo stesso modo. Certamente, l’aumento dei costi, tanto per fare un esempio, riguarda tutti, ma la tipologia di prodotto, la sua storia, la visione, sono elementi che possono fare la differenza. Così è stato per il Trentodoc, bollicine italiane amate nel mondo (e dalla critica) e una denominazione che riunisce 67 case spumantistiche, che ha resistito ad un anno particolare arrivato dopo quelli precedenti di crescita in notorietà. Il presidente dell’Istituto Trento Doc, Stefano Fambri, già a Winenews aveva parlato di una denominazione che sta bene e con prospettive di crescita, e questo al netto delle sfide da affrontare e da vincere. E poi ci sono i numeri, con l’Osservatorio dell’Istituto che ha evidenziato, per il 2023, la tenuta del comparto con una crescita a valore del 3%, pari ad un fatturato complessivo di 185 milioni di euro.
Il mercato di riferimento per il Trentodoc rimane l’Italia, che rappresenta l’85% del venduto, in particolare nel settore horeca, in continua crescita, mentre il restante 15% riguarda l’estero, dove sono attivi due progetti Ocm, negli Stati Uniti (nell’East Coast) e in Svizzera. Tra le tipologie più apprezzate dal consumatore, si confermano i millesimati e le riserve.
“Possiamo ritenerci soddisfatti, alla luce del quadro economico generale - sottolinea il presidente dell’Istituto Trento Doc, Stefano Fambri - rispetto ai dati dell’anno precedente, il 2023 mostra una crescita a valore generale con una lieve flessione a volume del 2%, imputabile ad un calo in grande distribuzione, dove, a fronte della situazione contingente e dell’aumento dei costi, alcuni associati hanno adottato politiche promozionali più restrittive”.
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