Il vino italiano è già leader in molti mercati del mondo, ma questo non vuol dire che non si possa crescere ancora, e tanto. Basti pensare, per esempio, che anche nei mercati più evoluti e storici del Belpaese enoico, neanche un consumatore regolare di vino su due beve nettari tricolore, cosa che la dice lunga su quali spazi da conquistare abbiano ancora davanti le cantine d’Italia. È una delle letture possibili dell’analisi di Wine Intelligence per Iem - International Exhibition Management, l’agenzia fondata 20 anni fa da Giancarlo Voglino e Marina Nedic, che si occupa di promozione del vino italiano nel mondo. “Abbiamo voluto un’indagine che prendesse in considerazione non solo i numeri delle esportazioni, ma i comportamenti e le preferenze dei consumatori finali, che sono quelli che poi fanno davvero il mercato, e che è fondamentale conoscere”, spiegano Voglino e Nedic a WineNews. Indagine da cui, in generale, emerge che la varietà dell’offerta italiana sia una carta vincente, visto che il primo “desiderio” dei consumatori del mondo è, ovunque, quello di voler sperimentare nuove tipologie e stili di vino. Ma, ovviamente, da Paese a Paese, ci sono delle differenze. E così, per esempio, emerge che in Usa, mercato principale per le fortune dell’Italia enoica, solo il 36% dei bevitori regolari di vino consuma quelli italiani (percentuale in crescita sul 33% del 2011), che sono comunque i preferiti dopo quelli della California. Un mercato fondamentale, dove uomini e donne sono alla pari, con oltre il 70% dei consumatori di vino italiano, che sono over 35. E se i territori d’origine e le denominazioni più conosciute e amate sono Toscana, Chianti, Prosecco e Sicilia, gli americani sono disposti a spendere qualcosa in più della media per una bottiglia italiana, con li 38% che spende più di 15 euro nell’off-trade, ed il 48% che supera i 20 dollari a bottiglia nel fuori casa. Ancora, il vino rosso italiano è il più consumato, secondo il campione di Wine Intelligence, anche se, a riprova del successo delle bollicine, emerge che il 56% dei consumatori americani di vino ha bevuto almeno una volta, nell’ultimo anno, spumante made in Italy.
In Germania, invece, altro pilastro dell’export enoico tricolore, a bere vini italiani è il 47% dei consumatori di vino (dato stabile sul 2011), soprattutto donne (60%) over 35, con i vini del Belpaese che sono i preferiti dopo quelli tedeschi e francesi e, ancora una volta, Chianti e Prosecco sono i due territori più gettonati. A differenza di altri mercati, però, quello tedesco è particolarmente attento al prezzo, e la spesa destinata ai vini italiani dai tedeschi è, grosso modo la stessa dedicata a tutti i vini, tanto nel consumo domestico (con il 45% disposto a spendere tra i 5 ed i 10 euro a bottiglia) che nell’on-trade (dove il 38% spende più di 12,5 euro a bottiglia). Anche qui, la preferenza in assoluto è per i vini rossi, ma l’87% dei consumatori ha bevuto almeno una volta bollicine italiane negli ultimi 12 mesi.
Dinamiche simili a quelle del Regno Unito, altro sbocco strategico per le cantine italiane, dove beve vino made in Italy il 44% dei consumatori (quota in crescita sul 39% del 2011), divisi sostanzialmente a metà tra uomini e donne, soprattutto over 55. Con il vino italiano che è quello più consumato dopo quello francese, anche se il Prosecco è in assoluto il vino più bevuto (con il 78% dei consumatori che, inoltre, ha bevuto nell’anno almeno una volta spumanti italiani), seguito, tra gli italiani, ancora una volta dal Chianti. Sul fronte dei prezzi, anche gli Inglesi, come i tedeschi, non fanno molta differenza tra vini di provenienza diversa, con una spesa che il 27% orienta su poco più di 8 sterline per il consumo domestico, ma che il 18% porta ad oltre 20 sterline nell’on trade.
In Canada, invece, beve vino italiano il 39% di chi beve vino, (parametro in crescita sul 35% del 2011). La Toscana, il Chianti in particolare, e la Sicilia sono i territori più in voga, con il consumatore tipo di vino italiano diviso a metà tra uomini e donne, soprattutto over 35, con una spesa media tra i 10 ed i 16 dollari a bottiglia nell’off-trade, e una buona parte (33%) disposta a spendere più di 25 dollari a bottiglia in wine bar e ristoranti. Anche in Canada, il vino rosso è il preferito, mentre il 54% dei consumatori ha bevuto spumanti italiani negli ultimi 12 mesi.
Dai mercati consolidati del vino italiano, lo sguardo si sposta su due emergenti.
In Cina, per esempio, a bere vino italiano è il 21% dei consumatori abituali di vino, soprattutto gli over 30, con il Belpaese, dietro ai vini di Cina, Francia, Australia, Cile e California nelle preferenze di consumo dei cinese. Che come territorio d’origine top dal Belpaese, i cinesi mettono la Sicilia, Regione al top per “awarness”, ovvero la più conosciuta, davanti alla Toscana, e a denominazioni come Chianti e Barolo. E se il 40% di loro è disposto a spendere oltre 44 dollari per una bottiglia di vino italiano nell’off-trade, al ristorante il 30% mette a budget oltre 74 dollari. Anche qui, i rossi vanno per la maggiore, ma ben l’85% dei consumatori ha degustato almeno un calice di spumante tricolore nell’ultimo anno.
Il dato che emerge, però, dall’analisi di Wine Intelligence, è che la percentuale di consumatori di vini italiani è scesa dal 31% del 2011 al 21% del 2018 (sebbene il numero complessivo dei consumatori sia cresciuto, ndr).
Altro mercato spesso fuori dai riflettori, ma promettente anche per il Belpaese enoico, l’Australia, dove beve vino italiano solo il 19% di chi consuma vino (dato in crescita sul 13% del 2011). Soprattutto gli uomini, con una distribuzione regolare per fascia d’età. Con il Prosecco che è il vino italiano più consumato, alfiere di un’Italia quarta nelle preferenza dopo Australia, Nuova Zelanda e Francia. E se nel canale off-trade il 25% dei consumatori è disposto a spendere oltre 20 dollari a bottiglie, nell’on-trade c’è una buona fetta (il 38%), che mette a budget più di 25 dollari. Anche in Australia, in fine, le preferenze virano sui vini rossi, ma il 75% si è concesso una bollicina italiana nell’ultimo anno.
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