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ANALISI

Il vino italiano tra pre e post-Covid: i fatturati potrebbero perdere 2 miliardi di euro

Dall’analisi dell’Area Studi Mediobanca, il pessimismo delle aziende principali del Belpaese: pesano lockdown e blocco dell’Horeca

Aspettando la ripartenza vera, e lo sperato rimbalzo dei consumi, in Italia e nel resto del mondo, a fare il punto sul momento che stanno vivendo le aziende del vino, e su un 2020 ancora tutto da decifrare, è l’Area Studi Mediobanca, che ha pubblicato l’indagine sul settore vinicolo italiano e internazionale, che ha analizzato l’andamento economico delle 215 principali società di capitali italiane con fatturato 2018 superiore ai 20 milioni di euro, e ricavi aggregati pari a 9,1 miliardi di euro, e 14 di imprese internazionali quotate con fatturato superiore a 150 milioni di euro, che hanno segnato ricavi aggregati pari a 5,7 miliardi di euro, prima e dopo il Covid, tra numeri consolidati ed aspettative, cercando di prevedere l’impatto della pandemia e del lockdown sul settore enoico del Belpaese. Così, emerge subito chiaro un atteso e comprensibile pessimismo, con il 63,5% delle aziende che prevede di subire nel 2020 un calo delle vendite, con una flessione addirittura superiore al 10% per il 41,2% degli imprenditori. Pesano il lockdown del macro settore Horeca e la caduta del commercio mondiale, stimata dalla World Trade Organization tra il 15% e il 30%. Con riferimento alle sole esportazioni, il 60% delle imprese si aspetta per il 2020 una flessione delle vendite e, all’interno di queste, il 37,5% prevede che la flessione sarà superiore al 10%. Un quadro peggiore a quello del 2009, quando il 60,6% delle imprese vinicole subì un calo di vendite, con una flessione del fatturato del 3,7%, e con cadute oltre il 10% che riguardarono il 24,2% delle aziende enoiche.

Il 53,4% delle cooperative, maggiormente legate al mass market e alla distribuzione attraverso la Gdo rispetto all’Horeca, ha formulato per il 2020 previsioni meno pessimistiche sul fatturato di quelle delle Spa e delle Srl, il 68% delle quali si aspetta un calo nell’anno in corso, mentre la quota di cooperative che attende cali di vendite oltre il 10% si ferma al 26,7%, contro il 50% delle altre. Anche la distinzione per tipologia di prodotto porta ad aspettative differenziate. In questo caso sono i produttori di vini spumanti ad esprimere attese meno negative rispetto agli altri. Tra i primi, il 55,5% prevede perdite di fatturato, con una contrazione dell’export del 41,2%, quota che sale oltre il 65%, sia per perdite di fatturato che export, per gli altri. Su queste stime incide la maggiore stagionalità dei vini spumanti, le cui vendite crescono in misura significativa soprattutto in corrispondenza delle festività di fine anno, periodo entro il quale si auspica il pieno superamento della crisi sanitaria.

In generale, se si assume che le esportazioni italiane di vino si ridurranno in linea con la caduta del commercio mondiale ipotizzata dalla World Trade Organization, si stima una contrazione dell’export per i maggiori produttori italiani nel 2020 compresa tra 700 milioni e 1,4 miliardi di euro. Quanto al mercato domestico, considerato che circa il 65% delle vendite nazionali è veicolato da canali diversi dalla Gdo, si stima fino alla metà di maggio una perdita di oltre 500 milioni di euro. Ipotizzando per i mesi a seguire una riapertura dei canali extra-Gdo a ritmi inferiori del 30% rispetto ai livelli dell’anno precedente, si registrerebbe un’ulteriore contrazione del fatturato pari ad altri 500 milioni di euro. Una fotografia che ci porta a stimare, nel 2020, una contrazione complessiva del fatturato per circa 2 miliardi di euro, frutto di minori vendite nazionali e estere, con una riduzione stimabile del settore tra il 20% e il 25% rispetto al 2019.

Tornando indietro, i dati preconsuntivi del 2019 indicano che i maggiori produttori italiani hanno chiuso lo scorso anno con una crescita del fatturato dell’1,1%, un risultato modesto se confrontato con il quadriennio precedente (2014-2018), in cui le vendite sono cresciute a ritmi compresi tra il +6,7% del 2018 e il +4,7% del 2015. Il rallentamento del 2019 è attribuibile alla dinamica negativa del mercato interno (-2,1%) in controtendenza rispetto all’export, che ha segnato una crescita del +4,4% rispetto al 2018, anche se lontano dalle crescite superiori al +7% del triennio 2015- 2017. Il fatturato di Spa e Srl cresce del +3,2% (+5,1% all’estero), mentre le cooperative segnano un decremento sul 2018 (-1,9%) per la contrazione del mercato domestico (-4,4%,) parzialmente compensata dall’espansione di quello estero (+1,8%). Anche gli spumanti hanno rallentato nel 2019 (-0,2%), mentre i vini non spumanti sono cresciuti dell’1,5%: per entrambi i comparti, importante è stato il contributo dell’export (+3,2% per gli spumanti, +4,6% per gli altri), a fronte di vendite domestiche in regresso (-2,4% per i primi, -1,9% per i secondi).

Gli investimenti materiali nel 2019 registrano un decremento del 15,9% sul 2018, dopo quattro anni di forte crescita. La riduzione più importante è quella degli spumanti (-23,9%) seguiti da Spa e Srl (-16,7%). Tiene l’occupazione, in aumento del 2,6% sul 2018. Il fatturato pre-consuntivo del 2019 conferma i tre maggiori player italiani: Gruppo Cantine Riunite & Civ a 630 milioni (+2,9% sul 2018), al cui interno GIV fattura 406 milioni (+4,7%), seguito da Caviro a 329 milioni (-0,4%) e Marchesi Antinori a 246 milioni (+5,3%). Seguono Casa Vinicola Botter a 217 milioni (+10,9%), Fratelli Martini a 210 milioni (-2%), Casa Vinicola Zonin a 205 milioni (+1,4%), Enoitalia a 199 milioni (+9,7%), Cavit a 191 milioni (+0,5%), Santa Margherita a 189 milioni (+6,8%) e, in decima posizione, Mezzacorona a 187 milioni (-0,8%). Casa Vinicola Botter è campione di export nel 2019 con il 93,7% del fatturato, seguita da Farnese al 92,0%, Ruffino al 91,4%, Fratelli Martini con l’86,1%, Mondodelvino con l’83,3% e La Marca all’82,8%.

Focus - L’indice di borsa delle società vinicole
Da gennaio 2001 al 3 aprile 2020, l’indice di Borsa mondiale del settore vinicolo, in versione total return (comprensivo dei dividendi distribuiti), è cresciuto del 222,5%, al di sopra delle Borse mondiali (+129%). La capitalizzazione complessiva delle 52 società che compongono l’indice è migliorata dell’8% tra marzo e dicembre 2019, per poi subire una brusca perdita del 30% nel primo trimestre 2020, a seguito del COVID-19, scendendo, a fine marzo 2020, a 35,8 miliardi di euro (rispetto ai 47,4 miliardi del marzo 2019), bruciando in tre mesi quasi l’intera crescita dell’ultimo quinquennio.

Focus - Sostenibilità: tra le maggiori solo il 30% delle imprese fa il bilancio di sostenibilità, il 25% non ne parla
Su un totale di 39 imprese con fatturato superiore a 60 milioni (5,2 miliardi di fatturato aggregato), 7 imprese (1,6 miliardi di fatturato, il 31% del totale) redigono un documento di sostenibilità, in 6 casi si tratta del Bilancio di Sostenibilità e in un caso della sola Dichiarazione Ambientale. In tema di certificazioni di sostenibilità, 5 società hanno aderito al Progetto ministeriale VIVA, una società ha conseguito la certificazione Equalitas. Altre 20 imprese (2,3 miliardi, 44% del totale) riportano sui propri siti internet alcune informazioni in materia di sostenibilità, principalmente gli aspetti ambientali e le certificazioni di qualità, nella metà dei casi in sezioni dedicate. Le restanti 12 società (1,3 miliardi, 25% del totale), di cui il 60% sono familiari, non fanno alcun riferimento alla sostenibilità nei propri siti.

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